La lettera della preside di Milano agli alunni bocciati è un insegnamento per tutti

Nella sua missiva la preside ha dato una chiave di lettura che può essere spunto di riflessione anche per gli adulti

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Virginia Leoni

Giornalista e Lifestyle Editor

Nata nel 1981, giornalista, ufficio stampa e socia di una casa editrice, ha trasformato la sua passione in lavoro. Ama scrivere, leggere e raccontare.

La vita è costellata di sconfitte, sono più delle vittorie e sono anche più importanti, perché è dagli errori che si traggono le lezioni più importanti. Ed è senza dubbio preziosa la lettera che la preside di un liceo di Milano, lo Scientifico Bottoni, ha scritto agli alunni bocciati regalando un grande insegnamento anche a tutti noi.

Perché dalle sue parole emergono tanti spunti di riflessione, a partire dal fatto che l’essere rimandati all’anno successivo non è un fallimento solo dello studente, ma di tutta la scuola, e che un giudizio non dura per tutta la vita, ma è solamente un monito da cui ripartire per costruire il proprio futuro.

Parole importanti per i “suoi ragazzi”, ma che riecheggiano anche dentro di noi. Se siamo genitori, perché ci ricordano come stare vicino ai nostri figli, come adulti perché ci aiutano a ridimensionare i grandi e piccoli inciampi che dobbiamo affrontare nel percorso della vita.

“Vedrai che ce la farai”, la lettera della preside agli studenti bocciati

Quella della preside del liceo Scientifico Bottoni di Milano è una lettera che arriva al cuore, non solo degli studenti bocciati ai quali è stata indirizzata. Ma arriva anche a quello di tutti noi che, in quelle parole, possiamo trovare spunti di riflessione importanti e una chiave di lettura utile per leggere i nostri fallimenti e quelli delle persone che abbiamo accanto.

Una lettera vera, sincera, reale che ridimensiona ma non toglie importanza. Giovanna Mezzatesta, questo il nome della preside, spiega le ragioni che hanno portato alla bocciatura e si assume parte della responsabilità di quei “fallimenti” che nel tempo non conteranno più, ma avranno insegnato tanto.

“Eccoti lì davanti al PC. Ci dovrebbe essere scritto: ‘Non ammesso alla classe successiva’, oppure forse ‘Non ammesso agli esami’. Immagino che ci starai odiando. Forse starai pensando che nel decidere questa cosa abbiamo voluto punirti. O addirittura che l’abbiamo fatto perché ci stai antipatico/a, perché non ti sopportiamo, perché abbiamo voluto darti ‘una lezione – si legge – No. Non è così che va. So già che non mi crederai, ma per me, per noi, è bruttissimo quando succede. Quando alziamo la mano per decidere la non ammissione, io come la maggior parte di noi, stiamo male, ma sul serio. Bocciare un/a ragazzo/a significa ammettere di aver fallito. Ammettere di non essere riusciti a motivarti, a farti venir voglia di dare il meglio di te, o ad appassionarti”.

E andando avanti con la lettera si legge: “Certo, però, che un po’ anche tu…, sì insomma, potevi dare di più! Ma non è solo questo. Non è mai, solo questo. È come quando decidi di fare un bel regalo a una persona a cui vuoi bene, un qualcosa di fatto da te, che ne so, un disegno, un braccialetto fatto a mano, e poi dopo un po’ scopri che quel regalo se ne sta buttato lì dentro un cassetto, mai usato. Sì certo, un po’ magari sei tu che potevi sforzarti di più, ma niente riesce a togliermi dalla testa l’idea che se il regalo è finito dentro il cassetto, beh, è anche colpa mia che ne ho fatto uno non adatto a te”.

Poi fa altri esempi per far capire come ci si sente a stare dall’altra parte. E ha aggiunto: “Abbiamo perso una partita. Abbiamo giocato male. Ma è una partita, non è tutto il campionato – si legge -. Adesso un anno in più ti sembra un’eternità, e tanti ti diranno che così resti indietro, che sei un perdente, che non capisci niente: non è così. Hai il tempo dalla tua. Fra dieci anni nessuno si ricorderà di questa bocciatura. Tutti guarderanno la persona che sarai diventato/a, non certo quanti anni ci hai messo a finire la scuola. E la persona che diventerai, che stai diventando, comincia da domani mattina, quando ti sveglierai. Comincia dalla tua voglia di dimostrare che puoi dare molto di più. Che puoi dimostrare a tutti il tuo valore. Comincia da quanta forza sei disposto/a a mettere sul piatto per realizzare i tuoi sogni. Io sarò lì, promesso. E vedrai che ce la farai!”.

Liberi dal giudizio: l’insegnamento della preside

Parole che restituiscono un senso di libertà, che alleggeriscono un giudizio che, sul momento, può sembrare pesante come un macigno e definitivo per gli anni futuri. Perché una bocciatura può far paura, perché si è giovani e la vita è un’incognita.

Poi la preside del liceo scientifico milanese ha voluto anche rivolgere un pensiero a quello che potrebbero dire le altre persone sottolineando: “Un’ultima raccomandazione: non aver paura di ciò che diranno gli altri, di essere giudicato male o sminuito per questa piccola sconfitta. È dentro di te che devi trovare la forza di andare avanti, e sono certa che ce la farai. Quasi sempre è dagli insuccessi che nascono le più grandi vittorie. Credi in te stesso/a ancora più di prima, come noi faremo con te. E se hai bisogno di piangere, piangi. Presto saranno lacrime di gioia”.

E in fondo, in queste parole, c’è un messaggio per tutti noi: non siamo i nostri errori, non siamo gli inciampi o gli sbagli. Siamo la somma di tutto ciò che viviamo e di come decidiamo di reagire.