Se a raccontare la disabilità grave di una figlia è sua madre

Ci sono libri che insegnano, libri che curano e libri che disturbano. “Se Arianna” (Giunti) potrebbe rientrare in ciascuna di queste categorie, perché è una storia di ordinarie difficoltà e, come tale, sa restituire con crudezza il quotidiano di una famiglia diversamente ironica. E diversamente normale. L’esistenza fragile di Arianna, nata troppo presto alla trentesima settimana, con un cesareo d’urgenza, nelle prime ore della sua vita viene messa alla prova da un’insufficienza respiratoria e un’emorragia cerebrale. Ma, contrariamente ad ogni previsione, Arianna supera queste prove e sopravvive. Con lei rinascono i suoi genitori, neurologi entrambi, che si misureranno con le debolezze, le insicurezze, le decisioni che si susseguono nel crescere una figlia cerebrolesa. La loro, come racconta con uno stile asciutto la mamma, Anna Visciani, è un nucleo che si fonda sulla potenza del presente. Contro le previsioni, contro la statistica nonostante Anna, come racconta lei stessa, sia consapevole dell’incertezza che attende Arianna.

La nascita di Arianna ha cambiato i vostri progetti, inciso sulle vostre aspettative e sul quotidiano, come sempre avviene, quando in una famiglia arriva una bambina. Dopo le complicazioni e l’emoraggia, lei e suo marito vi siete misurati con gli altri: medici, infermieri, amici. Quanto hanno inciso in quei momenti?
Come abbiamo scritto “quando è nata Arianna non ci sono stati né fiori né sorrisi. Solo un grande vuoto e un grande silenzio…”. Abbiamo avuto vicino pochi parenti e qualche amico. Gli altri probabilmente non si sono resi conto della gravità di quello che stava succedendo. Salvo poche eccezioni, anche le relazioni con medici e infermieri sono state piuttosto formali, probabilmente per il loro disagio nel trovarsi davanti due colleghi. Per riuscire a offrire comprensione e solidarietà a chi sta vivendo una situazione difficile, basterebbe superare l’istintivo imbarazzo di fronte alla sofferenza altrui.
  
Con la nascita di Arianna, è arrivato il tempo delle scelte. Da medici e da genitori. Quanto ha dovuto rivedere le sue posizioni?
Nel periodo successivo alla nascita di Arianna, la gravità della sua situazione si è progressivamente evidenziata. La grande preoccupazione e l’angoscia per il suo stato di salute sono state accentuate dal fatto di essere entrambi medici neurologi e quindi più consapevoli delle possibili complicanze future. Nella cura di Arianna abbiamo sempre cercato di avere il ruolo di genitori e non quello di medici di nostra figlia, pur non rinunciando a utilizzare le nostre competenze nel momento in cui abbiamo dovuto prendere decisioni importanti per la sua salute.
  
Nel libro, i quattro narratori colgono degli aspetti di Arianna distanti restituendoci un profilo assai più completo della giornata che vive e che ha vissuto sua figlia. Il centro, le sue esigenze, la sua capacità di comunicare, i suoi sentimenti vengono descritti da Anna, Alice, Daniele e Davide dalla giusta distanza per evidenziare la singolarità del rapporto che si instaura tra una madre, dei fratelli e un padre con Ari. Senza negare gli ostacoli. E’ un rifugio così prossimo, davanti a simili difficoltà, la rassegnazione?
Il rapporto che ogni membro della nostra famiglia ha instaurato con Arianna è particolare e unico. Ognuno, consapevole della difficoltà a interagire con Arianna, ha elaborato un suo modo per relazionarsi con lei, secondo la propria personalità, l’età e il proprio sentire. L’approccio nei suoi confronti da parte nostra naturalmente si è modificato negli anni, non per rassegnazione, ma per accettazione del suo stato, per esperienza e per maggior conoscenza delle sue modalità di risposta.

Il percorso che ha condotto lei e la sua famiglia a questo libro è più articolato rispetto a quanto descritto nelle pagine del suo volume. Questo iter umano contribuisce a sollevare in seno alla società civile un dibattito consapevole, emancipandolo dalla ristretta cerchia di addetti ai lavori. In che cosa ritiene, volendo specificare, Arianna sia invisibile?

L’handicap nella società viene abitualmente trattato dagli “addetti ai lavori” da punti di vista diversi (assistenziale, riabilitativo, inclusivo, educativo, medico…), ma solo la famiglia vede questi aspetti nella loro globalità, dovendo confrontarsi sempre con tutti i problemi. Il libro ha voluto rendere visibile e far conoscere la nostra diversa quotidianità, con le sue difficoltà e i suoi imprevisti, sconosciuti alla maggior parte delle persone.

Di cosa vorrebbe liberare la libellula Arianna?
La scelta dell’immagine della libellula con le ali fissate da pezzi di nastro adesivo non è casuale, data l’esplicita simbologia: Arianna è la libellula, esile e leggera, bloccata nel suo librarsi verso la vita da una malattia che la costringe all’immobilità.   L’impressione tattile dello scotch lucido invita il lettore a grattare un angolo per scollarlo e liberare le ali imprigionate. Di tutte le limitazioni dovute alla cerebropatia, la più difficile da sopportare per noi è la sua impossibilità a parlare, perché ci impedisce di avere con lei un dialogo verbale.

L’autenticità del suo libro risiede anche nella gioia di avere Arianna, di scherzare con lei. Di ridere e sorridere. Nonostante, forse, quel senso di incertezza sul futuro di Arianna la accompagni costantemente.
 Le vicende raccontate nel libro, talvolta paradossali o addirittura tragicamente comiche, sono state trattate spesso con ironia, non per banalizzare o sottovalutare la gravità della situazione, ma per trasmettere quella leggerezza che la presenza degli altri due figli più piccoli richiedeva, senza cadere nello sconforto o nell’autocommiserazione. La capacità di continuare a sorridere ci ha aiutato in tutti questi anni, nonostante sia sempre stato molto difficile immaginare un futuro per Arianna e per noi.