Sempre più coppie hanno difficoltà a concepire, i fattori che ostacolano una gravidanza sono molteplici e possono mettere in seria crisi una coppia, per questo è frequente la richiesta di accesso alla fecondazione in vitro. Il procrastinare una gravidanza sappiamo non essere frutto di un capriccio ma di una società che mette a dura prova l’indipendenza economica e professionale delle donne come degli uomini, a ciò si aggiungono elementi discriminatori per la donna che vuole diventare mamma e al contempo vuole continuare una soddisfacente carriera come anche una sufficiente indipendenza. Accedere tardi ad una gravidanza comporta dei rischi, tra i quali quelli di non riuscire a concepire un figlio ed è per questo che nei Paesi (apparentemente) più sviluppati, la fecondazione in vitro è una procedura sempre più richiesta.
Per questo, ci è sembrato giusto affrontare tale delicatissimo tema sotto diversi aspetti e, per offrire informazioni approfondite, corrette ed attuali, abbiamo intervistato una ginecologa. La dottoressa Valeria Valentino è specializzata in fisiopatologia della riproduzione, è anche autrice di un libro di grande successo dedicato all’argomento, La via della fertilità. Proprio per il suo grande impegno quotidiano, la sua vena divulgatrice sui suoi canali social, e la sua grande esperienza, è la persona più idonea ad accompagnarci nel viaggio che sempre più coppie sono impegnate a fare, quello della fecondazione in vitro. Con lei abbiamo visto in cosa consiste, come funziona, da chi è maggiormente richiesta, a chi è consigliata. La dottoressa ci ha accompagnati mano nella mano anche attraverso le sue riflessioni da ginecologa che, ogni giorno, si trova a fronteggiare il dolore delle coppie che, dopo anni di tentativi, non sono riuscite a concepire naturalmente. Vi consigliamo di leggere attentamente le sue parole se, anche voi, state affrontando lo stesso cammino.
Indice
Fecondazione in vitro: cos’è, in cosa consiste
Siamo tutti più informati, rispetto a qualche anno fa, sui diversi modi di concepimento. Sappiamo cosa sia il social freezing, comunemente detto il congelamento degli ovuli, ad esempio, anche senza esserci passate. Questo avviene perché siamo letteralmente circondate da coppie che non sono riuscite a realizzare il proprio progetto di vita con la facilità che ci si attendeva.
Ma solo chi ci è passato maneggia correttamente quelle sigle come PMA, FIVET etc, sapendo davvero di cosa stia parlando e cosa implicano anche a livello psicologico. Per questo, lasciamo ora la parola alla dottoressa Valeria Valentino.
“Con il termine fecondazione assistita, o più precisamente Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), si intendono una serie di tecniche atte ad aiutare una coppia ad avere un bambino, laddove il concepimento non avvenga in modo naturale.
In inglese si parla di Assisted Reproductive Technologies (ART), a specificare quanto di laboratoristico c’è in tali procedure. Il lavoro maggiore, in questi casi, è svolto dai biologi della riproduzione, dopo adeguato inquadramento della coppia da parte dei medici ginecologi specializzati in fisiopatologia della riproduzione.
Tale precisazione è fondamentale per spiegare alle coppie la difficoltà dei trattamenti, per niente banali, in quanto la fertilità e la riproduzione umana sono ancora oggi, nel 2023, oggetto di continui studi per cercare di replicarla in vitro con la maggiore affidabilità e percentuale di successo possibile”.
Molte coppie, una volta trovatesi con il test di gravidanza senza le linee sperate, entrano in crisi, litigano, alcune si lasciano. Il dolore che si può attraversare mette a dura prova tutti i tipi di amori e promesse. Sicuramente è uno di quei viaggi che solo se si è affrontato si può capire. Anche perché, come leggerete dalle parole di Valentino, l’iter della procreazione medicale assistita non è qualcosa che avviene con leggerezza. C’è bisogno di una diagnosi, ad esempio e va distinta da altri tipi di tecniche.
“L’infertilità può avere diverse cause e per fortuna oggi, grazie a moderne tecnologie, è possibile riuscire ad ottenere una gravidanza in una buona percentuale di casi. Se non riesci ad avere un bambino e ti hanno consigliato la fecondazione assistita è giusto conoscere di cosa si tratta”.
Tecniche di fecondazione assistita: tutte le differenze
Abbiamo anticipato che sono diversi i fattori che possono comportare un mancato concepimento ed è per questo che, prima di accedere alla fecondazione assistita, è necessaria una diagnosi. Solo in seguito ad essa, si deciderà quale tecnica porre in essere.
“Va distinta la fecondazione in vivo (Inseminazione Intrauterina o IUI) da quella in vitro (FIVET, ICSI o IMSI). La prima consiste nell’immettere spermatozoi direttamente nell’utero, la seconda consiste nell’incontro dei gameti in vitro, ovvero in laboratorio. Successivamente, ottenuto l’embrione, questo viene trasferito in utero, dove può impiantarsi o meno.
A seconda della complessità si parla di fecondazione assistita di I, II e III livello. Le tecniche i quest’ultimo prevedono il recupero chirurgico degli spermatozoi, che vengono poi impiegati per la fecondazione in vitro”.
Inseminazione intrauterina: quando farla
Vediamo qualche informazione in più sull’inseminazione intrauterina, senza però addentrarci eccessivamente, in quanto sarà poi lo/la specialista che ci segue ad essere esaustivo in base alla nostra diagnosi.
“L’inseminazione intrauterina avviene a seguito del monitoraggio ecografico ed ormonale del ciclo e dopo la preparazione del liquido seminale che verrà depositato nella cavità uterina attraverso una cannula dedicata.
L’inseminazione intrauterina viene eseguita in regime ambulatoriale, è indolore e non richiede particolari accorgimenti successivi da parte della donna. Il test di gravidanza viene effettuato 14 giorni dopo”.
Essa è indicata in alcuni casi specifici come:
- infertilità idiopatica (da causa non nota)
- endometriosi minima
- ripetuti insuccessi dopo l’ induzione dell’ovulazione
- infertilità da fattore maschile di grado lieve.
Attualmente tale procedura non si consiglia in caso di partner femminile maggiore di 35 anni o partner maschile maggiore di 50 anni.
Il tasso di gravidanza per tentativo è stimato pari al 12-15% in donne di età inferiore ai 35 anni e tende progressivamente a ridursi all’aumentare dell’età della donna sino ad annullarsi completamente dopo i 44 anni.
Tecniche di fecondazione in vitro: quali e come funzionano
Abbiamo scritto in precedenza che le tecniche, in base alla complessità dell’iter, vengono distinte in livelli. Ora leggiamo cosa ci ha raccontato Valentino, su quelle fecondazione in vitro di II livello, note anche come FIVET E ICSI.
“Nelle tecniche FIVET o ICSI, le procedure comportano stress di livello diverso per le coppie che l’affrontano, sia per la donna che per l’uomo. Dal lato della donna, sarà richiesto il controllo e la stimolazione delle ovaie, e la somministrazione di particolari ormoni. Successivamente, in sala operatoria, con anestesia blanda, bisognerà passare al prelievo degli ovociti.
Dal lato del partner maschile, sarà necessario raccogliere gli spermatozoi tramite masturbazione, qualora possibile, o tramite tecniche di prelievo testicolare”.
Va specificato che gli step sono assai complessi (si comprende bene lo stress delle coppie che vi accedono). In questo articolo abbiamo voluto sintetizzare e tralasciare alcuni passaggi, che ben ci aveva descritto la dottoressa, per facilitarne la comprensione a chi ancora non ci è passato.
“Lo step successivo della fecondazione in vitro avviene esclusivamente ad opera del biologo/embriologo, e consiste nell’inseminare in maniera convenzionale o, con la tecnica ICSI, gli ovociti maturi recuperati.
Il giorno dopo, il biologo controllerà l’avvenuta fertilizzazione degli ovociti, definiti zigoti, che saranno conservati in laboratorio a temperatura e atmosfera controllate, all’interno di incubatori.
L’ultimo step è il più complicato ed è svolto solo da personale ginecologo esperto. Esso consiste nel trasferimento degli embrioni in utero con l’ausilio di un catetere. È un intervento rapido e semplice, oltre che sicuro, e non ha esigenza di alcuna anestesia.
Per completare un percorso di fecondazione in vitro sono necessarie 4 settimane, come il ciclo mestruale di una donna”.
Fecondazione in vitro: quando si consiglia
“Il fattore tubarico di sterilità rimane l’indicazione principale, ed è consigliata anche nelle coppie dove non si riscontrano problematiche di infertilità maschile.
La FIVET è adatta anche alle coppie con diagnosi di infertilità di origine inspiegata, con donna di età superiore ai 35 anni, o nel caso in cui il partner maschile presenti criticità nel numero o nella motilità degli spermatozoi.
La ICSI invece si impiega in tutti quei casi di infertilità maschile dovuta ad un basso numero di spermatozoi o ad una loro ridotta motilità”.
Fecondazione in vitro: chi la chiede
Abbiamo capito che una coppia, dopo svariati vani tentavi di un concepimento naturale, come anche dopo situazioni come l’aborto spontaneo, ha la possibilità di abbracciare il proprio bambino, grazie alle tante chance offerte dalla scienza e dagli specialisti. Detto ciò, saranno sempre visite e diagnosi dei ginecologi/ginecologhe ad indicarci la strada da seguire che potrà portarci all’esito sperato. Abbiamo chiesto alla ginecologa Valeria Valentino qual è la fotografia delle coppie che maggiormente fanno richiesta di accesso aala fecondazione in vitro.
“Negli ultimi venti anni si sta assistendo in tutti i Paesi occidentali ad un significativo spostamento in avanti dell’età media del primo concepimento. Il posporre il tempo del primo figlio, oltre a comportare problematiche riproduttive legate all’età materna, può aumentare l’esposizione ad una possibile patologia determinante l’infertilità. Questo si ripercuote in un decisivo incremento del numero dei cicli di fecondazione assistita di II – III livello effettuati in Europa.
Inoltre, in l’Italia, nel periodo 2005-2016, c’ è stata una sostanziale modificazione della popolazione afferente ai centri di fecondazione assistita, con un progressivo aumento delle pazienti con più di 40 anni. Va evidenziato che l’età media delle pazienti che in Italia si sottopongono a terapie di procreazione assistita è la più elevata rispetto a quanto si osserva nel resto di Europa”.
Fecondazione in vitro: requisiti
La fecondazione in vitro, che spesso è stata fonte di dibattiti politici, è disciplinata dalla legge 40 del 2004 e successive modifiche, che si limita a stabilire che possono accederci coppie maggiorenni di sesso diverso, viventi, e potenzialmente fertili.
“La domanda che spesso ci si pone è: qual è il limite di età? I limiti fissati per l’accesso alle tecniche di PMA variano da regione a regione. Poiché la legge 40 del 2004 non si esprime in modo trasparente e questa decisione è stata delegata alle Regioni.
Ad esempio, nel Lazio e in Lombardia il limite è di 43 anni, mentre in Emilia Romagna e Toscana sale a 45 anni, in Veneto si arriva ai 50 anni.
Ovviamente, in ogni situazione, il centro valuterà i risultati degli esami della coppia e consiglierà l’iter più consono. Ma la disparità di trattamento rimane e questo comporta un vero turismo di regione in regione anche per le difficoltà di accesso in termini di attesa ed in termini economi.
Al momento, si prospetta la possibilità di far accedere alle tecniche di PMA omologa le donne fino ai 46 anni, ma i tassi di successo sono al di sotto del 3%. Dunque il rischio è quello di creare una dolorosa illusione nelle donne e nelle coppie”.
Conclusioni e riflessioni sulla fecondazione assista
L’argomento appena affrontato è complesso nella pratica quanto delicato a livello psicologico. Per questo, abbiamo accolto con estremo interesse il contributo della dottoressa Valentino che, in prima linea, conosce i contorni tecnici ed emotivi della procreazione assistita. Abbiamo chiesto il suo parere, e con esso concludiamo, in quanto riteniamo che noi donne ed i nostri partner dobbiamo poter usufruire di tutte le informazioni necessarie, ed anche dei punti di vista degli esperti, quando si parla di tali tecniche, potenzialmente dolorose per le grandi aspettative che le attendono.
“Non è la procreazione assistita la soluzione alla crisi demografica, ma lo è la prevenzione e la cura della fertilità. Bisognerebbe fare prevenzione nelle scuole, e porre attenzione alle malattie sessualmente trasmissibili, causa principale di sterilità soprattutto maschile, nei giovani sotto i 32 anni, .
Bisognerebbe sensibilizzare i maschi verso le visite dagli andrologi, in quanto, venuto meno il servizio militare, per accedere al quale venivano effettuate, gli uomini si vedono sprovvisti delle occasioni per fare controlli importanti anche in vista di patologie critiche.
Infine, con l’aumento dei problemi associati all’infertilità e all’invecchiamento della popolazione, vi è un crescente interesse per i fattori che causano un declino della fertilità umana.
Lo stato mestruale, lo stato di malattia cronica, l’esposizione agli interferenti endocrini ambientali e gli stili di vita incidono sulla fertilità delle donne come degli uomini. Si pensi alle microplastiche, ormai presenti nel corpo umano, e quanto possano impattare sulla fertilità. Sono tutti fattori che cambiano le possibilità di successo della cura della sterilità, e questi dati potrebbero fornire una base scientifica per la gestione sanitaria della popolazione che si prepara alla gravidanza.”.