Si chiama Daniela Giordano, vive a Torino ed è mamma di quattro figli. La più piccola e la più speciale di tutti si chiama Alice, nata nel capoluogo piemontese l’8 gennaio del 2013. Ed è anche la più sfortunata, essendo affetta da la sindrome di Pfeiffer tipo 2, una malattia rarissima. Il suo un caso unico in italia.
«Questa terribile malattia ha causato alla nostra principessa malformazioni ossee, problemi cerebrali, respiratori, sordità, cecità (ipovedente) oltre a essere idrocefala. Alice ad oggi ha subito due interventi per rimodellamento cranio (causato dall’idrocefalia) più fronte orbitale. Due interventi per valvola per idrocefalo, uno per tracheotomia ed infine uno per la PEG che serve per alimentarsi. Nonostante la nostra bimba in pochi anni di vita si sia trovata ad affrontare così tante difficoltà non ha mai perso il sorriso e noi con lei», scrive la mamma sulla pagina Facebook dedicata alla piccola, Gli amici di Alice.
Ma quali sono le difficoltà che si trova ad affrontare quotidianamente un genitore con un figlio disabile? Mamma Daniela lo racconta in una lettera che tutti dovrebbero leggere:
La vita con un figlio disabile signori miei non è affatto semplice. È una vita piena e felice ma anche tanto triste e piena di dolore. Vi fermate mai un attimo a pensare quanto dolore ci può essere nel cuore di un genitore, di un fratello di un bimbo disabile? Provate a pensare a quante volte vi si stringe il cuore perché il vostro bambino sta male magari per una influenza… Li avete bene in mente quegli occhi? Gli occhi della sofferenza? Ecco, noi genitori o fratelli di un bambino disabile quegli occhi spenti, quella sofferenza ce l’abbiamo tutti i giorni davanti agli occhi.
Non si tratta però di una malattia banale e superabile… ma di una malattia gravemente invalidante e spesso anche mortale. Pensate a quanto dolore ci può essere. È giusto chiamarci guerrieri, perché lo siamo nostro malgrado. Lottiamo ogni giorno per far rispettare i diritti dei nostri sfortunati figli, ci dobbiamo caricare di rabbia per vomitarla tutta davanti all’ignoranza e cattiveria che dilaga. Dobbiamo improvvisarci medici perché nessuno conosce la sindrome di tuo figlio e anche organizzatori provetti per prenotare e incastrare visite, ricoveri e terapie. Dobbiamo essere per forza ricchi altrimenti le visite le puoi fare solo dopo anni di attesa e badate non sono visite per un raffreddore. Dobbiamo essere avvocati, costituzionalisti, badanti ed infermieri, asciugare continuamente la saliva e cambiare pannolini su pannolini anche quando il bambino più bambino non è, pulire la peg, aspirare moccio perché tuo figlio il naso mica se lo sa soffiare.
Dobbiamo spesso rimanere chiusi in casa perché da soli con un bambino in sedia e magari un fratellino piccolo non ce la fai. Dobbiamo diventare “disoccupati” perché per l’assistenza non ci sono i fondi e ancora diventare veggenti perché noi, il futuro, non possiamo stare lì ad aspettarlo come tutti ma ce lo dobbiamo immaginare, inventare e creare con mille difficoltà, con la paura costante di morire senza aver lasciato a tuo figlio una vita dignitosa. Dobbiamo pregare che i nostri figli MUOIANO più tardi possibile, ma comunque PRIMA DI NOI perché il tuo bambino rinchiuso in una clinica, solo come un cane, proprio non lo vuoi immaginare. È atroce desiderare di vedere morire tuo figlio eh? Dobbiamo rassegnarci a non capire quale dolore ha nostro figlio perché non sa spiegarlo o non sa parlare o anche non è in grado di comprendere cosa sia un dolore.
Dobbiamo valutare ogni passo che facciamo. Le nostre ferie non sono mai rilassanti e durante l’anno spesso non possiamo permetterci una sera fuori perché non è detto che chi può farti il favore qualora avessimo questa persona, sia disponibile quel giorno che potremmo noi. Dobbiamo diventare l’inimmaginabile. Potrei continuare all’infinito, ma diventerebbe solo una inutile carrellata di parole gettate al vento. La mia speranza però è che qualcuno legga e qualora, ad esempio, fosse tentato di parcheggiare in un posto riservato ai disabili ricordi queste mie parole e ci ripensi conscio del fatto che un disabile non sia affatto un privilegiato ma, nella società, odierna un CONDANNATO e noi famigliari con lui.