Katalin Karikó Nobel per la Medicina: la vita in fuga della mamma del vaccino anti-Covid

Il premio Nobel per la Medicina 2023 è stato assegnato agli scienziati che hanno gettato le basi per lo sviluppo del vaccino anti-Covid: Katalin Karikó e Drew Weissman

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Giorgia Prina

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“Immaginazione. Devi credere in te stesso. E essere in grado di rialzarti, ogni volta che ti buttano per terra”. Così diceva Katalin Karikó in un’intervista rilasciata nel 2021 al Corriere della Sera rispondendo a chi le chiedeva cosa serve per diventare scienziati. Ora il suo nome, insieme a quello del collega Drew Weissman figura tra quelli che hanno fatto la storia. I due hanno infatti vinto il premio Nobel per la Medicina 2023. Una decisione che ha premiato il loro impegno che ha “portato all’approvazione di due vaccini Covid-19 basati su mRna di grande successo alla fine del 2020. I vaccini hanno salvato milioni di vite e prevenuto malattie gravi in molte altre persone”.

Come nelle edizioni degli scorsi anni la notizia, accolta da grandi celebrazioni, è stata data al Karolinska Institutet di Stoccolma, in Svezia. Ma cosa si nasconde dietro la vita di una donna, una scienziata, di origine ungherese che si è trasferita negli Stati Uniti per poter proseguire le proprie ricerche? Scopriamolo insieme.

Chi è Katalin Karikó la scienziata premio Nobel

Katalin Karikó è nata a Kisújszállás, in Ungheria, il 17 gennaio 1955. I suoi studi l’hanno portata ad essere una biochimica, specializzata in particolar modo nei meccanismi mediati dall’RNA. Nel 2006 è stata tra i fondatori di RNARx, della quale è stata CEO. Dal 2013 è vicepresidente senior della ormai famosa BioNTech RNA Pharmaceuticals. Tra i suoi studi si annovera la ricerca sull’attivazione immunitaria mediata dall’RNA con conseguente scoperta, in coppia con l’immunologo americano Drew Weissman, delle modifiche ai nucleosidi che sopprimono l’immunogenicità dell’RNA, quelli, appunto, che le hanno valso l’ambito premio internazionale. È stata proprio questa tecnologia ad essere utilizzata dalle società BioNTech e Moderna per sviluppare i loro vaccini Covid-19.

Karikó è figlia di una contabile e di un macellaio, e mostrò grande interesse per la scienza fin dalle scuole elementari. All’età di otto anni si classificò prima a un concorso sullo studio della fauna selvatica. Al liceo ottenne un riconoscimento come migliore studentessa di biologia. Conseguì la laurea a Szeged nel 1978 e sempre a Szeged si specializzò in biochimica al Centro di Ricerche Biologiche.

Fu proprio qui che iniziò a svolgere ricerche sull’mRNA grazie a una borsa di studio dell’Accademia Ungherese delle Scienze (Mta). Ma nel 1985 a causa dei tagli alla ricerca e del personale dipendente dovette abbandonare il Centro. Fu allora che volò negli Stati Uniti con la sua famiglia. Sradicarsi e cambiare vita in un paese straniere era l’unico modo per continuare quella carriera così promettente.

La vita negli Stati Uniti: le difficoltà non finiscono

Negli Stati Uniti la Karikó viene chiamata anche “KK” e dal 1990 diventò docente all’Università della Pennsylvania e presentò poi una domanda di borsa di studio contenente la proposta di istituire una terapia genica basata sull’mRNA. La ricerca viene approvata e diventa il focus principale dei suoi studi, anche con condizioni di ricerca in condizioni disagevoli per l’insufficienza dei fondi, e osteggiata dai colleghi, in quanto la comunità scientifica non credeva in questo progetto di studio.

Nel 1995 la situazione peggiore. Pur riuscendo ad ottenere la cattedra subisce una retrocessione a dei gradi inferiori. Anche nella vita privata e cose si complicano: viene infatti colpita da un tumore mentre il marito è bloccato in Ungheria per problemi di visto. Lei stessa racconta di essere stata sul punto di lasciar perdere le sue ricerche data la situazione sfavorevole. Fu proprio l’incontro con Drew Wissman, docente di immunologia all’Università della Pennsylvania, a non farla desistere.