La prof assenteista per 20 anni: dovremmo chiederci non solo come, ma cosa ha fatto

Tre lauree, diplomi di specializzazione, un titolo importante. Eppure Cinzia De Lio non ha praticamente mai lavorato. E questa storia fa paura

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Redazione

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È una vicenda che ha fatto rapidamente il giro del web: lanciata da La Repubblica, la notizia che la professoressa Cinzia Paolina De Lio non avrebbe lavorato per ben 20 sui suoi 24 anni di “carriera” è volata di bocca in bocca (e di link in link) diventando un caldo argomento di discussione. Anche se la diretta interessata sembra attualmente smentire quanto affermano le principali testate italiane e quanto sostenuto dalla giustizia e dal Miur, tutti si chiedono come abbia fatto e come sia stato possibile.

Eppure, data per assodata la veridicità della vicenda, ci sono altre implicazioni gravissime oltre al modus operandi della docente, che le ha fruttato un licenziamento per inettitudine permanente e assoluta. Parliamo di quelle che riguardano il cosa ha fatto alla sua categoria e ai suoi alunni questa prof assenteista, che avrebbe dovuto insegnare storia e filosofia e che, invece, potrebbe averci impartito una lezione difficile da digerire: che l’occasione fa l’uomo ladro e che, forse, dalla malattia del furbetto la nostra società potrebbe non guarire mai.

Il caso Cinzia De Lio

Dunque, andiamo per ordine. Innanzitutto, partiamo dal dire che la docente è già stata destituita dall’insegnamento. A far nascere i dubbi (e a far partire le indagini) sul suo comportamento è stata una classe di scuola secondaria in cui la professoressa avrebbe in effetti insegnato per quattro mesi. In questo caso, il problema non erano tanto le assenze, che pare si siano comunque verificate, ma la sua impreparazione e il suo modo di assegnare i voti che è stato definito come “assolutamente casuale”.

Dopo un’ispezione ministeriale del Miur, è venuto alla luce proprio il suo assenteismo, che ha fatto partire una vicenda giuridica articolata in due gradi di giudizio, entrambi durissimi nei confronti della prof e che hanno portato, come già detto, al suo licenziamento e all’inidoneità all’insegnamento.

Come ha fatto a non lavorare?

Chiamatela abilità. Anche se, come abbiamo già detto, la docente assenteista ha ribadito che l’intera vicenda è surreale, di fatto la sentenza della Cassazione tratteggia alla perfezione il quadro delle sue azioni. In primis, un uso smodato delle assenze e dei certificati per malattia. Ogni anno, la De Lio richiedeva dei permessi che, probabilmente, riusciva a ottenere anche a ridosso di weekend e festività: il totale era di 40/180 giorni di assenza annuali, intervallati da piccole pause d’attività.

In più, sempre stando alla sentenza, avrebbe anche “collezionato” cinque esoneri giornalieri per corsi di formazione, 16 permessi per motivi personali e 2 assenze per infortuni sul lavoro. Ma non è tutto qui, perché è riuscita anche a sfruttare tre interdizioni dal lavoro per tutela della salute. Poi, ecco anche i congedi di maternità e allattamento, seguiti da ben sette congedi parentali e diverse assenze per malattie del figlio più piccolo.

Ancora, la De Lio ha richiesto e ottenuto 24 permessi per assistere parenti con gravi disabilità. A tutto questo, vanno sommate le ferie e gli stop scolastici di routine. La sua impresa sarebbe quasi straordinaria, se non fosse gravissima: le sue richieste smodate e ingiustificate e il conseguente licenziamento per inettitudine non possono essere intesi come un caso isolato da discutere, ma, come abbiamo già detto, dovrebbero essere il punto di partenza per una riflessione molto dura su cosa ha fatto.

I danni ai ragazzi e ai lavoratori

Perché è proprio questo il punto: cosa ha fatto, all’atto pratico? Finché la De Lio non riuscirà a dimostrare il contrario, l’impatto del suo comportamento è drammatico su più livelli. In primis, occorre pensare ai ragazzi, ai suoi alunni. Persone in divenire, che avrebbe dovuto educare, sono state invece messe di fronte a qualcuno che non ne ha avuto cura e che ha, in qualche modo, tradito la loro fiducia in un ambiente che dovrebbe essere, invece, sicuro e di formazione.

Poi, si pensi anche alla categoria, ai lavoratori: l’abuso di assenze che rientrano (o dovrebbero rientrare) fra i diritti fondamentali dei lavoratori è drammatico perché lede anche chi ne fa il corretto uso. Permessi ottenuti a fatica e con dure lotte, come quelli di maternità, parentali o d’assistenza, diventano sempre più lontani e ostici da raggiungere e ottenere quando vengono alla luce casi scorretti come questo.

La De Lio ha dichiarato di non voler rispondere «a domandine di giornalisti buttate qua e là che non renderebbero giustizia all’affermazione della verità in merito alla mia vicenda, unica in senso assoluto» ma di essere però «disponibile a trasmettere ai colleghi che me lo chiederanno atti e documenti utili», oltre che di volersi occupare in prima persona (è anche giornalista), della comunicazione di tutto ciò che riguarda il suo caso.

Non possiamo che attendere ulteriori sviluppi, perché la verità è che se fosse davvero tutto un misunderstunding, tutti (e non solo la De Lio) probabilmente tireremmo un sospiro di sollievo.