A Valeria Arzenton dobbiamo Raffaella Il Musical che celebra la grande Raffaella Carrà. Donna, imprenditrice in un mondo, quello dello spettacolo, ancora prettamente maschile, è a capo di un colosso nell’organizzazione dei grandi eventi come ZED Entertainment Live. Gestisce numerosi teatri, da Brescia a Forlì e lo stadio di Padova dove ha organizzato, nell’ultimo decennio, circa 300 concerti annui.
E poi Valeria è da sempre attenta alla valorizzazione professionale, lasciando loro spazio e fiducia all’interno della sua società. Rilevando i diritti di Raffaella Carrà, è produttrice di Raffaella Il Musical che andrà in tour in diversi Paesi, tra cui naturalmente l’Italia.
Iniziamo da questa straordinaria avventura artistico-imprenditoriale: come sei arrivata a lavorare su un progetto dedicato a Raffaella Carrà?
Tutto è nato per caso. Era il 2021, eravamo ancora nel pieno della pandemia. Il mio settore – teatri e spettacoli dal vivo – era paralizzato. I teatri chiusi, l’ufficio in cassa integrazione… era un momento di grande incertezza. Un giorno, su suggerimento di un collaboratore, guardai un film su Prime Video, Explota Explota, ispirato alle canzoni di Raffaella Carrà. Mi emozionò profondamente: la colonna sonora era un inno alla gioia, un antidoto al grigiore del momento. Ho pensato subito: “Questo è già un musical. Va portato sul palco”.
Ed è lì che è scattata l’idea imprenditoriale?
Sì, mi sono mossa immediatamente. Ho contattato la casa di produzione spagnola Tornasol, senza sapere bene lo spagnolo, e ho avviato una trattativa per acquisire i diritti. Poco dopo ho scritto direttamente a Raffaella Carrà per coinvolgerla. Ricordo ancora quel venerdì: mi rispose la sua assistente, dicendomi che ne avremmo riparlato a settembre. Ma la settimana dopo Raffaella è venuta a mancare. Mi è caduto un fulmine addosso.
Come hai proseguito dopo col tuo progetto?
Non volevo che quel progetto si trasformasse in un’operazione commerciale sull’onda dell’emozione. Volevo proteggerlo e rendergli giustizia. Così ho scritto a Sergio Japino, che ha accettato di incontrarmi e mi ha dato una mano enorme: mi ha spiegato che servivano anche i diritti degli eredi, non bastava solo il film. A dicembre 2021, durante una grandinata memorabile a Roma, ho firmato il contratto con loro.

E poi c’è stato anche Sanremo nel 2022…
Esatto. Mentre parlavo con gli eredi, ho proposto: “Perché non facciamo un tributo a Sanremo?”. Abbiamo chiamato Amadeus ed è nata così l’idea dell’omaggio nella serata conclusiva del Festival 2022. È stato un momento magico: abbiamo avuto uno dei picchi d’ascolto più alti dell’intero Festival.

Come si è arrivati a Madrid per il debutto?
Io puntavo alla Scala di Milano, ma l’idea è stata subito rifiutata. Sergio Japino mi ha aperto gli occhi: “Raffaella era amatissima in Spagna. Inizia da lì”. Madrid è la terza capitale mondiale del musical, dopo Broadway e Londra. Lì ho scoperto la Gran Vía, piena di teatri e titoli iconici.
Hai trovato subito una location?
Tutt’altro. Ho bussato a decine di porte, tutte chiuse. Finché, quasi per caso, sono entrata in un vecchio cinema storico in Gran Vía, il Cine Capitol. Era vuoto. Me ne sono innamorata all’istante. Ho proposto di trasformarlo temporaneamente in teatro. È stata una trattativa estenuante, ma grazie anche a un aiuto da Benetton, che aveva un negozio nello stesso edificio, ce l’abbiamo fatta.
E così è nato il musical?
Sì. Abbiamo debuttato a ottobre 2023. Lo spettacolo è andato in scena fino a marzo 2024. È stato un investimento colossale, anche emotivamente. Ma ho capito che avevo creato qualcosa di potente. Ora stiamo preparando la seconda stagione a Madrid, e nel 2027 porteremo lo spettacolo in Italia, con una regia e scenografia completamente nuove.

Dei tanti eventi che hai realizzato quali ti hanno lasciato il segno?
Tanti. Quando ho portato Bob Dylan o Dario Fo nei miei teatri è stato incredibile. Oppure la prima volta all’Arena di Verona con Jovanotti, quando nessuno ci credeva. Anche la creazione del Teatro Geox a Padova e del Teatro Clerici a Brescia: lì ho capito che stavamo costruendo qualcosa di più della semplice “location”.
Come si svolge una tua giornata tipo?
Mi sveglio presto, sono molto organizzata. Vivo con l’agenda in mano. Gestisco le attività italiane – oltre 300 spettacoli l’anno – e ora anche quelle spagnole. Ogni settimana sono a Madrid per due o tre giorni. Ho un team composto per lo più da donne, e credo fermamente che facciamo la differenza. È un lavoro fatto di passione, idee, dettagli. Ma anche di presenza continua: alle prove, ai concerti, agli incontri con manager e artisti.
Parlando del 2025, cosa ci dobbiamo aspettare?
Sarà un anno importante. Abbiamo 7 date negli stadi con artisti come Imagine Dragons, Zucchero, Iron Maiden, The Who. Sono eventi da 50.000 persone, cantieri veri e propri da allestire. Serve una macchina organizzativa impeccabile.
E per le nuove generazioni? Che consiglio daresti a chi vuole lavorare in questo mondo?
Questa è una professione che si ama o si lascia. Non è solo “backstage e glamour”. Ci sono sacrifici enormi, nessun orario, e tante responsabilità. Ma se la ami, ti cambia la vita. Io cerco sempre giovani motivati, curiosi, che sappiano affrontare anche l’imprevisto. Chi sa gestire una coda al botteghino o un imprevisto tecnico, ha già una marcia in più.