Luciana Savignano è una delle più importanti ballerine al mondo che non ha bisogno di presentazioni. Prima ballerina della Scala, étoile, Maurice Béjart l’ha voluta nella sua compagnia, ha danzato coi più grandi e per i più grandi, da Paolo Bortoluzzi e Jorge Donn, da Roland Petit a Micha Van Hoecke.
Novara Dance Experience, che si tiene dal 23 al 27 giugno 2021, la celebra con un premio alla carriera che lei preferisce definire un premio all’artista, perché per lei è sempre tutto in divenire. A noi Luciana Savignano ha raccontato del Bolero di Milena Zullo, lo spettacolo cui sta lavorando, e ci ha lasciato un ricordo di Carla Fracci, scomparsa lo scorso 27 maggio.
Nell’ambito dell’evento Novara Dance Experience 2021, riceverà il premio alla carriera: che cosa rappresenta per lei un tale riconoscimento?
Innanzitutto devo ringraziare Francesco Borelli che organizza sempre eventi fantastici con tutta la sua esperienza e la sua voglia di fare. Più che un premio alla carriera, preferirei chiamarlo un premio all’artista, perché il premio alla carriera è qualcosa rivolto al passato. Invece, per me è tutto in divenire, io ho da sempre proiettato la mia carriera artistica al divenire.
Quest’anno il Novara Dance Experience è dedicato a Carla Fracci, scomparsa lo scorso 27 maggio: che ricordo ha di lei?
Ho un ricordo bellissimo. Per me Carla Fracci è sempre stata una grande collega, un’artista verso la quale ho sempre nutrito tanta stima e dalla quale ho imparato molto. La sua scomparsa è stata un enorme dispiacere. Gli artisti non dovrebbero morire mai. A parte che rimarranno sempre nei nostri cuori, della nostra mente, nella nostra anima, anche se non ci sono più fisicamente.
Ricorda la prima volta che ha incontrato Carla Fracci?
Quando la incontrai per la prima volta io ero ancora un’allieva della Scuola di ballo della Scala, mentre lei era già prima ballerina, avevamo qualche anno di differenza [Luciana Savignano è nata nel 1943, mentre Carla Fracci nel 1936 ndr]. Io interpretavo il Cavallino nella Cenerentola, mentre la Fracci era la protagonista. E nel ruolo di principessa per me lei era qualcosa di magico, di irraggiungibile, la vedevo come un essere meraviglioso. Ricordo quel momento con grande tenerezza.
Tornando al Novara Dance Experience, è la terza volta che vi partecipa: quest’anno però segna anche un nuovo inizio della danza dopo la pandemia
Certo. C’è sempre un nuovo inizio. Tutto quello che accade, non avviene mai a caso. Io penso che quanto abbiamo vissuto, dia una spinta in più per far sì che questo nuovo inizio abbia un seguito molto più forte, molto più corposo. Io sento questo.
La pandemia ha in qualche modo cambiato la danza?
Cambiato forse è una parola grossa. Però ci ha fatto capire che la danza è qualcosa di talmente forte che questi avvenimenti avversi alla fine la fortificano. I ballerini hanno continuato a studiare, hanno fatto la sbarra attaccati al frigorifero e questo fa capire che la danza è più forte della pandemia.
Lo scorso anno ha ballato nel Bolero di Milena Zullo: ci può raccontare di quell’esperienza?
È stata un’esperienza molto particolare. Dopo aver danzato il Bolero non so quante volte, tra cui la versione di Béjart, quando mi è stato proposto questo spettacolo, mi sono detta: ‘Oddio’. Però io sono abbastanza temeraria, mi piace sperimentare e sperimentarmi con cose nuove. Quindi mi sono detta: ‘Se mi arriva una proposta di questo genere ci sarà un motivo e sarà comunque per me qualcosa di nuovo’. L’ho affrontato con questo spirito. Non solo, quest’anno lo abbiamo ampliato. Vale a dire che adesso la nuova versione di Bolero è un balletto che fa serata, perché la coreografa Milena Zullo ha introdotto un attore con una sua drammaturgia, così lo spettacolo anziché durare i canonici 20 minuti durerà un’ora e 20.
A proposito di Bolero, lei è stata prima ballerina di Maurice Béjart: cosa ci può dire di quel periodo?
Il fatto che Béjart mi abbia scelta come prima ballerina mi ha molto inorgoglito, perché se lui riteneva che potessi fare Bolero, in questo ruolo così forte e così magico, mi ha dato molta soddisfazione, mi ha molto gratificato. Ma in tutto il repertorio di Béjart ho avuto momenti magici, primo tra tutti La luna, l’assolo che ha creato su di me, sul secondo concerto di Bach per violino. Lavorare con Béjart è stata un’esperienza che mi ha molto arricchito, è qualcosa che tengo nel cuore perché è stato molto importante lavorare al fianco a un maestro del genere.
Che cosa significa essere prima ballerina ed étoile della Scala?
Le dirò, non sono mai stata attaccata ai ruoli. Per l’importante è fare, costruire, sperimentare. L’essere prima ballerina ed étoile non è così determinante. Per me è sempre stato fondamentale fare cose che sono giuste per me, lavorare con i coreografi importanti, essere in un teatro che amo: essenziale è essere.
Come si prepara ai ruoli che interpreta?
Ogni volta è come se ricominciassi da capo, mi rimetto sempre in questione. Come quando uno si rialza al mattino e inizia la giornata.
Nella sua ricchissima carriera qual è il ruolo che più le è rimasto nel cuore?
Non ce n’è uno in assoluto, ma ce ne sono tanti, perché – come dicevo – ho sempre cercato di fare cose giuste per me e che mi piacevano. Ho avuto la fortuna spesso di poter scegliere. Sicuramente, mi ha dato grande soddisfazione vincere la scommessa di fare Il lago dei Cigni, perché tutti mi vedevano come una ballerina moderna. È stata una piccola vittoria che ho conquistato per me stessa.
E per quanto riguarda i partner con cui ha danzato?
Anche in questo caso ho avuto la fortuna di lavorare con partner molto validi, bravi e belli. In cima alla scala possiamo mettere Jorge Donn, Paolo Bortoluzzi, Marco Pierin, Gheorghe Iancu.
Quale consiglio darebbe a chi volesse intraprendere la carriera di ballerina?
I consigli sono la cosa più difficile da dare. L’importante è che uno faccia quello che fa con umiltà, amore e dedizione, perché non si ottiene nulla così, giusto per passare il tempo. Questo vale non sono per la danza, qualsiasi cosa si intraprenda nella vita esige disciplina e dedizione.
A proposito di disciplina, lei ha studiato al Teatro Bol’šoj di Mosca…
È stata un’esperienza che mi ha aiutato molto. Avevamo una maestra che si dedicava a noi e siamo state molto seguite. Abbiamo avuto modo di studiare i grandi ballerini, ogni sera andavamo al balletto. Là il balletto è seguito come da noi le partite di calcio. È stato un modo per crescere, una persona deve continuare a crescere per tutta la vita.
Le piace l’Hip hop?
A me piace moltissimo, mi sarebbe piaciuto praticarlo ma non ho avuto l’opportunità.
Show come Amici e lo spettacolo di Roberto Bolle, Danza con Me, hanno portato la danza in tv rendendola accessibile al grande pubblico: cosa ne pensa?
Portare la danza a questi livelli va bene. Però io vedo la danza a teatro, è lì il suo luogo magico. Sicuramente Roberto ha fatto benissimo a realizzare il suo spettacolo e trasmissioni come Amici piacciono molto al pubblico. Ma se fossi costretta a scegliere, sceglierei il teatro perché ha un’atmosfera unica.
Oltre al Bolero, sta lavorando ad altri progetti?
Quest’estate sono impegnata con il Bolero e riprenderò La Sagra di Susanna Beltrami. Poi i progetti sono sempre dietro l’angolo. Vedremo… La vita è un divenire e io sono pronta per qualsiasi evento.