Come affrontare l’ambientamento all’asilo nido: parla la psicologa

La dottoressa Margherita Fassari ci spiega che la continuità della presenza della stessa figura è più importante della mamma nell'inserire all'asilo nido

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Federica Cislaghi

Royal e Lifestyle Specialist

Dopo il dottorato in filosofia, decide di fare della scrittura una professione. Si specializza così nel raccontare la cronaca rosa, i vizi e le virtù dei Reali, i segreti del mondo dello spettacolo e della televisione.

Sono molte le preoccupazione che assillano i genitori quando devono inserire il proprio figlio all’asilo nido. A rassicurarli interviene la dottoressa Margherita Fassari, Psicologa dello Sviluppo e Coordinatrice Centrale Crescere Insieme – Esperia.

Da specifici studi scientifici condotti sugli stili di attaccamento nel periodo 0-3 anni e dalle analisi elaborate da Crescere Insieme – Esperia, è emerso il fatto che l’ambientamento, spesso caratterizzato da pianti e crisi disperati, non sia un procedimento riservato alle madri, ma che, anzi, possa avere delle importanti e positive implicazioni anche se portato avanti dalle figure paterne.

La dottoressa Margherita Fassari ci spiega come affrontare il delicato momento dell’inserimento al nido dei bambini da 0 a 3 anni, suggerendo di dare priorità alla continuità della presenza della stessa figura durante questo delicato processo: benvenuti i papà ma anche nonni, zii o tate.

Come devono comportarsi mamma e papà quando inseriscono il loro figlio all’asilo nido?
Innanzitutto è molto importante che i genitori abbiano fatto una scelta convinta e condivisa e, soprattutto, non dettata dalla necessità. L’asilo nido va valutato per il valore educativo che porta con sé e non semplicemente perché si è costretti a lavorare e i nonni non sono disponibili. La forza della coppia di genitori sta proprio nella convinzione di aver preso la miglior decisione possibile per il proprio bambino e non, invece, una scelta di ripiego.

Come si può rendere meno traumatica per il piccolo la separazione dai genitori?
È molto importante spiegare alle famiglie che la separazione dai genitori per l’ambientamento all’asilo nido non è mai traumatica. Una separazione è traumatica quando è un evento definitivo, senza spiegazione e senza ritorno. L’asilo nido non è un trauma, questo va spiegato molto bene ai genitori perché si rischia di rimanere intrappolati in un atteggiamento mentale, peraltro abbastanza comune, che rischia di influenzare in modo negativo il processo di ambientamento. La separazione dai genitori è un evento della crescita che deve essere considerato normale e salutare, e solo se si è convinti di questo si può favorire l’accompagnamento del bambino verso le persone di riferimento che se ne occuperanno con cura e competenza. La fiducia è una risorsa importantissima.

È normale che il bambino sviluppi una sorta di ansia da separazione?
L’ansia da separazione è clinicamente definita come una delle forme dell’ansia del bambino che compare intorno ai 18 mesi e non è direttamente legata all’ambientamento al nido. E’ una tappa evolutiva, come ad esempio la paura dell’estraneo, che fa parte della crescita di tutti i bambini, un aspetto fisiologico e normale.

Se sì, quali sono i segnali invece che c’è qualcosa di problematico?
È sempre molto difficile rispondere a questo tipo di domande senza evitare generalizzazioni, possiamo però dire che potrebbe destare attenzione il comportamento di un bambino che non protesta per la separazione o che reagisce con comportamenti ambivalenti di amore (abbraccio al ricongiungimento) e rabbia (episodi di crisi nei confronti dei genitori). In questi casi è importante osservare più a lungo il momento di separazione e di ricongiungimento con il genitore, per capire come si può aiutare a rendere l’esperienza maggiormente gestibile e più serena.

Nella procedura di inserimento all’asilo nido, quali altre figure possono intervenire, oltre alla mamma?
Bisogna tenere a mente che la continuità con cui il bambino vive la presenza adulta durante l’ambientamento può prescindere dalla natura della figura che lo accompagna, che può essere la madre, il padre, la nonna, lo zio o, perfino, la tata. Una volta assodato il fatto che non sia compito esclusivo della madre seguire questo delicato percorso, possiamo affermare che anche figure terze possono ricoprire un ruolo centrale in questa fase della vita del bambino. Certamente l’ideale è che i genitori instaurino una relazione anche col contesto in cui lasciano loro figlio, ma davanti a una situazione di paventata discontinuità nell’adempiere a questo compito, è sempre meglio che l’ambientamento sia gestito da una persona che possa occuparsene in maniera costante. Fatto salvo che questa figura sia un punto di riferimento fondamentale per il bambino.

Anche la mamma può sviluppare un’ansia da separazione? Come può evitare di trasmetterla al figlio?
Non possiamo parlare di ansia da separazione per la mamma perché non è la stessa emozione che si manifesta nei bambini. Più spesso la mamma sviluppa un senso di colpa legato all’idea di ‘abbandonare’ il suo bambino. L’unico modo per evitare di trasmettere questa emozione negativa è legato alla razionalizzazione della scelta fatta, la mamma deve tornare a pensare che ha deciso convintamente e consapevolmente di intraprendere una strada, quella dell’asilo nido, fondamentale per il benessere del bambino.

È importante per la crescita del bambino frequentare l’asilo nido?
Certo, è importante per molti motivi. Sicuramente da un punto di vista cognitivo, considerata la plasticità cerebrale dei primi 1000 giorni di vita: un contesto famigliare può offrire molte esperienze ma non saranno mai proposte con obiettivi di crescita mirati come accade all’asilo. Fondamentale inoltre l’aspetto emotivo e socio affettivo perché, comunque, essere inseriti in un contesto stimolante, diverso, multiculturale, in cui bisogna negoziare con gli altri bambini, rispettare le regole, imparare ad aspettare -quindi dilazionare la soddisfazione di una richiesta- diventa un modo per imparare a diventare, da subito, cittadini del domani.