Perseguitata per anni da uno stalker senza volto

Telefonate mute, farneticanti. L'auto danneggiata ripetutamente. Messaggi anonimi. E una denuncia che purtroppo cade nel nulla

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Redazione

DiLei è il magazine femminile di Italiaonline lanciato a febbraio 2013, che parla a tutte le donne con occhi al 100% femminili.

Uno stalker senza volto. Sara (nome di fantasia ndr.) racconta la sua storia alla Irene Vella. La storia di una ragazza perseguitata da un uomo ossessionato da lei, che non esce mai allo scoperto. Tanto che, a distanza di anni, lei non sa ancora chi fosse. Il tutto inizia in un piccolo centro della provincia di Venezia, quando lei è poco più di una ragazzina alla prima esperienza lavorativa. La sera quando va a prendere l’auto nel parcheggio aziendale, la trova puntualmente danneggiata. Un giorno è una riga incisa sulla carrozzeria, un’altra sono i tergicristalli rotti, un’alta ancora lo specchietto fatto a pezzi. Finché il maniaco inizia con le telefonate. Telefonate mute, farneticamenti. Lei ha paura quando fa tardi la sera. Nel frattempo arrivano anche SMS anonimi. Lui la lascia intendere un amore non corrisposto e le dà (ovviamente) la colpa di questo. Lei ha sempre più paura, così decide di sporgere denuncia alle Forze dell’Ordine. I risultati non sono quelli sperati, la paura continua. Se non le succede nulla di brutto a livello di aggressioni fisiche, lo deve alle persone che lavorano con lei e le vogliono bene, che la difendono da questo persecutore anonimo senza mai farla sentire sola.

Tenenza di Dolo, tanti anni fa. Ero poco più di una ragazzina, adesso entrerei in caserma a passo di carica. Da mesi, nel parcheggio dell’azienda per cui lavoro, ho trovato la mia auto danneggiata da una furia cieca: un giorno i tergicristalli spezzati, un giorno strisciata, un altro lo specchietto in pezzi, persino le bocchette d’aria del motore strappate via. Poi sono iniziate le telefonate sulla linea interna, che nemmeno mia mamma conosceva.

Mute, a volte farneticanti, con musica, assolutamente non tracciabili; il mio ufficio era al sesto piano, ero una segretaria di Direzione e spesso mi capitava di fare tardi e di avere paura a prendere l’ascensore o di essere sola in uno degli uffici del piano e trovarmi chiusa da qualche parte.

Mi arrivavano SMS senza mittente (era uno sapeva cosa faceva), in cui lasciava intendere un amore non corrisposto o non visto da me stessa, ma che comunque fosse, ci fosse solo una colpa, la mia. Le uniche persone che all’epoca hanno preso sul serio questi fenomeni, parte i miei genitori, erano i dipendenti della ditta di facchinaggio del palazzo, che ogni sera e ogni mattina mi aspettavano per entrare o uscire.

Mi hanno anche regalato una specie di teaser che allora commerciavano “dove non si poteva”. Mi hanno protetta come dei leoni (sono dei fieri chioggiotti, tu Irene che abiti qua, sai cosa intendo dire) e li ricordo con un bene immenso; se solo mi avesse toccata, credo se ne sarebbe pentito.

Tenenza dei Carabinieri, dicevo: ci vado una prima volta e la prima domanda che mi rivolgono è: “È fidanzata?”. Risposta: “No”. Ribattono: “Impossibile che una ragazza come lei sia da sola. Qualche storia con qualcuno di impegnato? Sa, signorina…”. La seconda volta mi sono presentata con mio papà, per essere presa sul serio, per far vedere che non nascondevo nulla di sospetto.

Solo uno dei Carabinieri più giovani, forse mio coetaneo, ha capito che non era uno scherzo e a qualche posto di blocco in zona, mi fermava solo per chiedermi con andasse con quegli episodi. Eh, mi diceva, riconosco la macchina e ti fermo, stai tranquilla.

Sono stata spostata di sede per motivi aziendali non legati a questa storia e per un po’ mi sono sentita al sicuro. Lavoravo in centro, in un’altra città, prendevo il bus, lì lui forse non c’era, perché io un dubbio su chi potesse essere, ce l’avevo.

Sono ricominciate le telefonate. Ho avvisato il Responsabile di Risorse Umane, una bella persona che faceva bene il suo lavoro, il quale forse grazie a strumenti che io non possedevo (lavoro per un’azienda di telefonia) e nemmeno i colleghi che avevano cercato di aiutarmi, in qualche modo è risalito a chi fosse e l’ha messo a tacere con argomenti molto convincenti.

Purtroppo questa persona è mancata in modo improvviso, giovane. Il giorno del suo funerale, il telefono ha squillato ancora come un tempo. Stessi argomenti e modalità, era ancora lui. Poi più nulla. E non ho mai avuto la certezza di chi fosse.

È finita bene di certo non grazie ai Carabinieri, che all’epoca, erano i primi anni 2000, pur senza dirlo in modo evidente, avevano derubricato tutto alla voce “passioni non corrisposte”. Se questa storia fosse continuata e peggiorata, fosse finita male, loro fino all’epilogo che avrebbe potuto esserci, come no, non avrebbero mosso un dito in mia difesa. Forse avrebbero fatto il solito commento, lo stesso che hanno pensato e non hanno espresso quando mi hanno visto: “Era una belle ragazza”.