È il 1 settembre del 2004 quando a Mazara del Vallo una bambina di 4 anni gioca per strada insieme ai suoi cuginetti, nei pochi metri che separano la casa della zia materna da quella della nonna, che sta preparando da mangiare per pranzo. Sono le 11:45 quando la bimba si affaccia al cancello che separa la casa della zia dalla strada. Quella sarà l’ultima volta che quello scricciolo con i codini e le fossette nelle guance verrà vista, da quel momento Denise Pipitone è ufficialmente scomparsa. L’incubo di ogni madre che diventa realtà, nel giro di dieci minuti quella che era una famiglia normalmente felice, con i piccoli dello stesso nucleo familiare che crescono e giocano insieme, viene distrutta. Bastano 600 secondi per far scomparire nel nulla una bambina ignara di quello che le sta capitando.
Inizialmente viene seguita la pista del rapimento, una guarda giurata, a distanza di un mese dalla scomparsa, segnala di aver visto davanti a una banca milanese un gruppo di nomadi con dei bambini, uno dei quali somiglia in modo impressionante a Denise. La tv trasmette il video delle telecamere di videosorveglianza che mostrano una bimba dell’età della piccola Pipitone che chiede a un’adulta: «Dove mi porti?». Purtroppo però questa segnalazione si rileverà infondata.
Poi l’attenzione si sposta nell’ambito familiare, le indagini si concentrano su Jessica Pulizzi, sorellastra della bambina, che con la complicità della madre Anna Corona, e un ex fidanzato dell’epoca, Gaspare Ghaleb, avrebbe fatto sparire Denise per gelosia e vendetta. Il procedimento penale porterà a un processo per sequestro di minore, ma in entrambi i casi, appello e cassazione, la minorenne verrà assolta per insufficienza di prove. Nel 2017 però la Procura di Marsala decide di riaprire il caso grazie all’utilizzo di nuove tecnologie che potrebbero aiutare nel ritrovamento di Denise, e non ultimo, il fatto che i Carabinieri, durante le ricerche si recarono a casa di Anna Corona, madre di Jessica Pulizzi, ma l’appartamento ispezionato in realtà fosse quello sbagliato. La donna, infatti, li accolse nell’abitazione di una vicina.
In questi diciassette anni il cuore di Piera Maggio non ha mai avuto un cedimento, anno dopo anno, tenendo vivo il ricordo e la lotta in nome della figlia scomparsa, per arrivare a conoscere la verità, quella che solamente la bambina e i suoi rapitori sanno, anche se, rimane davvero difficile da credere, che in quei dieci minuti sulla strada il 1 settembre 2004 nessuno abbia visto niente. Rimane quasi impossibile credere che non ci sia qualcun altro che a Mazara del Vallo non conosca la verità sulle sorti di Denise, eppure quella mamma coraggio non ha mai perso la speranza, ha continuato a cercare la sua bambina, a fare appelli, e a rispondere a ogni segnalazione potesse riguardarla.
Sono 6205 giorni che questa mamma va a letto ogni sera chiedendosi dove sarà la sua bambina, che fine avrà fatto, se sarà ancora viva, scacciando subito dopo i pensieri di morte. Ma voi lo sentite lo strazio di questa donna a cui è stata strappata la figlia? Un momento prima sei in casa a cucinare, magari ridi e scherzi con tua sorella, sei tranquilla perché sai che i bambini sono insieme fuori a giocare, e poi nelle strade di paese i piccoli sono un po’ figli di tutti, ci si aiuta, si butta un occhio.
Poi basta una manciata di secondi perché tutto quello che è stato fino a quel momento non conti più niente, perché quei codini e quelle guance rimangano cristallizzati nella tua mente, quel vestitino, quelle scarpe, quel sorriso. La tua bambina, quella che tu hai partorito, quella che tu hai cullato, allattato e abbracciato forte, non c’è più. Quante volte la povera Piera si sarà data la colpa, perché noi mamme siamo fatte così, quando non capiamo il perché, o non riusciamo a trovare una soluzione, riusciamo anche a prenderci le responsabilità altrui, quante volte si sarà ripetuta “se non fossi andata al lavoro, se la zia si fosse affacciata, se Denise fosse rimasta dentro casa…”, quei se che ti porti dietro per tutta la vita.
Poi due giorni fa sullo schermo delle tv, durante la trasmissione Chi l’ha visto, rimbalza l’appello di una ragazza russa che cerca la sua mamma, si chiama Olesya Rostova, la somiglianza con la signora Maggio è impressionate, dice di essere stata rapita dai nomadi quando aveva all’incirca quattro anni e di essere stata abbandonata in un campo rom a chiedere l’elemosina quando ne aveva cinque, di essere finita in orfanotrofio, di non sapere la sua età precisa e il suo vero nome, perché non ha mai avuto i documenti. E poi quelle parole “Mammina non ti ho mai dimenticato, ti ho sempre cercato. Ora sono qui, viva, ti prego ritroviamoci”. Il cuore si ferma, perde un battito, perché davvero tutti noi speriamo che quella ragazza sia Denise, che sia la volta buona che mamma e figlia possano finalmente riabbracciarsi.
Il legale della famiglia Giacomo Frazzitta, fa sapere che partirà lui a breve per la Russia, e che il test del DNA è già stato richiesto, c’è del cauto ottimismo, anche se, bisogna rimanere con i piedi ben piantati a terra, tante sono le delusioni avvenute durante questi anni, perché quando l’attesa si trasforma in buco nell’acqua, con la speranza muori anche tu, poco per volta. E noi non possiamo che sperare con Piera che questa sia la volta buona, ricordando le parole tratte dal suo blog: «Bisogna chiedersi se esista un torto così grande da essere pagabile con la vita di una bambina. E così, tra l’indifferenza prudente dei molti, chi ha fatto il male cammina tranquillo per strada».