Naya Rivera, una mamma per sempre

Naya Rivera muore salvando suo figlio, consapevole di avergli fatto il regalo più grande una seconda volta. Quello della vita.

Foto di Irene Vella

Irene Vella

Giornalista televisiva

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Ci ho sperato. Ci ho sperato davvero che Naya Rivera potesse essersi messa in salvo in qualche anfratto del Lago Piru, che dopo qualche ora dalla sua scomparsa facesse un ingresso ad effetto come in Glee, quando si spegnevano le luci e lei illuminava da sola il palco. Così come era entrata di prepotenza nella nostra vita una sera invernale del 2011, in una delle prime puntate viste, quando con mia figlia ci siamo trovati a combattere contro bullismo, e loro, quel gruppo sgangherato e felice di cantanti assortiti alla rinfusa, ci ha dato aiuto, sollievo e mostrato una via.

Santana e la sua sessualità libera di amare uomini e donne stava aprendo uno spiraglio e sdoganando il tv la fluidità senza genere, un personaggio davvero importante per la crescita di tanti adolescenti confusi e soli. Lesbica e cheerleader, quasi una dichiarazione di guerra agli stereotipi comuni.

Ho amato davvero molto il personaggio interpretato da Naya, e mi ci sono affezionata, come si fa con i compagni di scuola dei tuoi figli, quelli che si invitano a cena all’ultimo momento, quelli che alla fine diventano anche un po’ tuoi. E allora no, non ci ho voluto credere alla sua scomparsa, nemmeno quando le ore diventavano giorni, sono addirittura arrivata ad immaginare un qualche colpo di testa di un fan pazzo. Ed invece no. Era tutto molto più semplice, lineare e doloroso. Era la morte.

Quando scompare un personaggio famoso sui social c’è sempre la corsa e la rincorsa a raccontare aneddoti che li riguardino, o la gara a chi posta selfie insieme, in alcune sconcertanti e deplorevoli situazioni c’è chi ha postato foto della bara, o dirette dal funerale. Io non ne ho foto con Naya, e non le avrei postate nemmeno se le avessi avute, perché la morte richiede rispetto, ma dal primo momento in cui le notizie sulla sua presunta dipartita sono circolate in rete, un’immagine si è come fossilizzata nei meandri della mia testa. Il figlio di quattro anni da solo sulla barca alla deriva. E quando sono cominciate a circolare le prime ipotesi sulla morte della donna c’è chi ha parlato di suicidio, ma io sapevo che non poteva essere vero. Una mamma lo sa. Anche quelle che mamme lo sono nel cuore. Naya non avrebbe mai potuto decidere di morire in quel modo, rischiando di trascinare nell’abisso anche suo figlio.

E quando lo sceriffo ha raccontato come sono andate realmente le cose confesso di non essere riuscita a trattenere le lacrime. “A metà pomeriggio erano andati a nuotare, ma poi la barca si è allontanata portata via dalle correnti. Naya ha trovato abbastanza energia per salvare il bambino, ma non per lei stessa. Il bambino, ci ha detto di essere caduto in acqua, che la mamma lo ha aiutato a risalire in barca e poi, quando lui si è guardato indietro, l’ha vista scomparire nel lago.

Sono giorni che non riesco a pensare ad altro. Mi immagino lei che lo vede cadere e che si butta immediatamente per salvarlo, posso vedere la barca che a quel punto si allontana, perché quando tuo figlio rischia di morire non puoi rimanere lucida, non riesci a pensare di tirare l’ancora, fai quello che l’istinto ti suggerisce. Buttarsi. A costo della vita stessa, perché la tua non avrebbe più senso se non ci fosse più lui. Lui il tuo piccolo Josey, che quando sorride illumina la stanza e la tua vita, lui che è arrivato a dare un senso tutto quando hai deciso di appendere al chiodo  la divisa da cheerleader di Santana Lopez. E con tutta la forza che hai in corpo nuoti con le gambe e con un solo braccio, perché con quell’altro lo stai trascinando verso la barca, e non hai più fiato, ma ti ripeti che ce la puoi fare, che ce la devi fare. Ancora un altro metro. E la forza di una madre che sa che potrà anche morire, lei. Ma lui no. Non può morire. Perché ha solo quattro anni. E allora me la immagino Naya mentre nuota fino alla fine e con l’ultimo respiro che ha in corpo fa lo sforzo più grande, quello di metterlo in salvo, alza le braccia e lo appoggia con tutto l’amore che ha su quella barca e si lascia andare. Risucchiata dall’abisso, guarda il suo piccolo amore per l’ultima volta e cede alla morte.

Avrà cercato di accennare anche un sorriso, di non urlare per non farlo spaventare, perché quello sarà stato il suo pensiero anche prima di morire, perché una mamma lo sa. Che tu puoi morire, ma tuo figlio no. Non prima di te. Perché non sarebbe naturale. Non ci saranno più gite al lago, regali di compleanno da comprare, il primo giorno di scuola e l’ultimo, la festa del diploma e della laurea. Non ci saranno più abbracci e baci veri. E allora Naya lo lascia su quella barca accennando un sorriso perché consapevole di avergli fatto il regalo più grande una seconda volta. Quello della vita.

Chissà quante volte Josey crescendo ripenserà a quel giorno, al giorno in cui per l’ultima volta ha visto suo madre, agli occhi che gli sorridono e lo accarezzano, e lo guardano fino alla fine, perché l’amore di una madre vince la paura, vince il dolore. E vince anche la morte. L’8 luglio 2020 nelle acque maledette del Lago Piru è morta l’attrice Naya Rivera. L’8 luglio 2020 Naya Rivera la mamma angelo di Josey vivrà per sempre.