Giallo a Villa Pamphili: una madre, una figlia e il silenzio che uccide

Madre e neonata trovate morte nel verde di Villa Pamphili. Invisibili in vita, dimenticate da un mondo che non guarda più

Foto di Irene Vella

Irene Vella

Giornalista, Storyteller, Writer e Speaker

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Pubblicato: 9 Giugno 2025 09:57

Nel cuore verde di Roma, dove il sole filtra tra i rami e il tempo sembra più gentile, la morte è arrivata in punta di piedi: due corpi, una donna e una bambina, distesi tra i cespugli come due fiori strappati, sono stati trovati nel pomeriggio di sabato 7 giugno a Villa Pamphili, una delle ville storiche più amate della Capitale.

Lì dove si passeggia, si corre, si ride. Lì dove il verde è promessa di bellezza, è stato un frequentatore del parco a notare qualcosa tra le foglie, verso le 16,30: pensava fosse un bambolotto. Era invece il corpo senza vita di una neonata di circa sei mesi. Poche ore dopo verso le 19,30, , un urlo spezza l’aria: una ragazza, mentre gioca a pallavolo, intravede un braccio che spunta da un sacco nero. A duecento metri dal primo ritrovamento, è il corpo di una donna di circa 40 anni, probabilmente dell’Est Europa, con ogni probabilità, madre e figlia.

Un dettaglio ha sconvolto anche i più esperti: la donna era già in stato di decomposizione, mentre il corpo della bambina sembrava molto più recente. Potrebbero aver vissuto lì, nascoste tra gli alberi, almeno tre settimane. Invisibili, a due passi dalla città, ma lontanissime dal nostro sguardo.
Non avevano una casa, forse dormivano su una coperta sotto le fronde, forse chiedevano l’elemosina, o semplicemente si nascondevano. Nessuno le ha viste. Nessuno ha chiesto. Nessuno si è fermato. Come è possibile morire di solitudine nel 2025 in mezzo a un parco pieno di gente?

La Procura di Roma indaga per duplice omicidio aggravato. Non ci sono, almeno per ora, segni di violenza evidenti, l’ipotesi è che la donna sia morta per cause ancora da accertare, forse per overdose, forse per stenti, e che la bambina, rimasta sola accanto al corpo della madre, sia morta di fame, di abbandono, di attesa.

Un uomo è stato visto nel parco con un fagotto in braccio, potrebbe aver trasportato i corpi, le telecamere di sorveglianza della zona sono ora al vaglio degli investigatori. Nel frattempo, sono stati disposti gli esami tossicologici, l’autopsia e l’analisi del DNA, le identità sarebbero già state ricostruite grazie alle impronte della donna, presenti in banca dati. Senza un nome pubblico, però, restano due fantasmi. Due scomparse senza storia.

C’è qualcosa di devastante in questa storia, non solo la morte, ma la vita che nessuno ha visto. Una madre e una figlia hanno vissuto per tre settimane tra i cespugli di un parco, nel centro di Roma, e nessuno se n’è accorto. Nessuno ha notato una neonata, nessuno ha riconosciuto la fragilità, nessuno ha sentito la fame, il pianto, l’odore della paura.

Erano lì, a pochi passi da noi, ma non le abbiamo viste.
E allora non è solo un fatto di cronaca, è un atto d’accusa.
Perché morire così, oggi, nel 2025, in una città che corre, chatta, posta, fotografa tutto, è la prova definitiva che si può sparire in mezzo alla gente.
Che si può morire lentamente mentre attorno il mondo fa jogging, che l’indifferenza non è più un vizio: è diventata struttura, sistema, normalità.
Quante persone vivono una vita parallela, appena fuori dal nostro campo visivo?
Quante madri dormono in un parco?
Quante bambine crescono in un cespuglio, con una copertina sporca e lo sguardo spento?
Quanti respiri si spengono vicino ai nostri passi, senza che li sentiamo?
Questa bambina non ha chiesto di nascere.
Non ha avuto un letto, un gioco, una voce che la chiamasse per nome.

Ha avuto solo una madre fragile, un sacco nero, e una morte silenziosa, eppure era lì, in mezzo a noi, in mezzo a voi, in mezzo a me.
Possibile che nessuno si sia accorto?
Possibile che bastino pochi cespugli per scomparire dal mondo?
Villa Pamphili è un parco elegante, curato, storico, ma anche lì, dove corre chi può permettersi scarpe da corsa, si può morire come ai margini della stazione.
Perché non esistono isole felici, quando chi muore è invisibile a tutti, la morte di questa donna e della sua bambina è un grido muto. Ci urla che non basta non fare del male, ci urla che dobbiamo imparare a vedere chi ci cammina accanto, ci urla che l’amore, la cura, l’empatia, devono essere scelte consapevoli, non emozioni episodiche.

Forse questa madre aveva paura che le portassero via la figlia, forse aveva paura di essere vista, forse aveva commesso degli errori, forse era sola, forse era in fuga, ma nessuno merita di morire così, e nessuna bambina merita di aspettare la morte tra i rami, mentre il mondo fa finta che non esiste.

Abbiamo bisogno di aprire gli occhi, di guardare davvero, di raccogliere le vite prima che diventino cronaca, perché ogni volta che non vediamo, ogni volta che non ascoltiamo, non siamo migliori di chi le ha lasciate lì.