Augurare il cancro ad un bambino, non è da hater, è da pazzi sadici

La Santarelli dopo due anni di odio ha deciso di denunciare: "Instagram dovrebbe impedire a certe persone di stare sui social". Siamo con lei

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Irene Vella

Giornalista televisiva

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

È successo di nuovo, precisamente ai danni di Elena Santarelli, qualche giorno fa, un hater che la perseguita da due anni, ha augurato al figlio il ritorno della malattia, e badate bene non un’influenza o un raffreddore, ma il cancro, con il quale Giacomo, oggi dodicenne, ha combattuto per due anni. E così stremata da tanta cattiveria, perpetrata nel tempo, e guardate che 730 giorni di odio sono davvero tanti, Elena ha deciso di denunciare sui social l’accaduto con un post diventato virale nel giro di poche ore: “Segnalatela in massa, cambia profilo ogni due settimane e ogni 2 settimane augura a mio figlio che torni il cancro nel linguaggio che lei preferisce, lo fa così o in un altro modo. Instagram dovrebbe impedire a certe persone di stare sui social. Quanto ti vorrei vedere in faccia per capire che Schifo di essere umano sei. Ti vorrei portare nei reparti di oncologia a farti vedere che vita fanno i bambini!”.

Immaginate cosa possa voler dire per una famiglia quando si ammala tuo figlio, quando sei anche un personaggio pubblico, e devi dare in pasto la notizia del mostro che si sta mangiando il tuo bambino, prima che qualche conoscente o giornalista senza scrupoli lo faccia al posto tuo. Immaginate la devastazione alla scoperta, quando all’improvviso il mondo ti cade addosso, ma tu non puoi cadere con lui, perché devi lottare in tutti i modi e tutte le forme possibili, quando vorresti solo piangere, ma non puoi farlo apertamente, e allora ti rinchiudi in bagno, apri l’acqua della doccia per finta, con un po’ di musica di sottofondo, urlando tutto il tuo dolore e la tua rabbia, lasciando che la sofferenza si tramuti in grida, per poi risistemarsi e fare finta di nulla.

Già, noi mamme siamo davvero brave a fare finta che tutto vada bene, anche quando un mostro chiamato cancro si è attaccato alla testa di tuo figlio, perché ci hanno insegnato così, sorridere anche quando si muore dentro, perché in qualche modo l’incubo non diventi realtà. Ma Elena ha fatto anche di più, percorrendo i corridoi dei reparti di oncologia e toccando con mano il dolore delle famiglie e la sofferenza dei bambini, ha utilizzato la sua notorietà per raccogliere fondi a favore della ricerca sui tumori cerebrali in età pediatrica, non si è mai risparmiata, anche quando, probabilmente avrebbe solo voluta stare abbracciata al suo cucciolo. E guardate che non è così scontato che questo accada, perché la malattia o divide o unisce, le famiglie e le persone, e la Santarelli ha cercato di tirar fuori qualcosa di positivo da questa situazione maledetta, ribadendolo anche in un’intervista di qualche tempo fa, perché se loro da quell’inferno sono usciti, ci sono tanti, troppi bambini, che in quell’orrore continuano a vivere: “Io e mio figlio non ci siamo dimenticati chi siamo stati e chi siamo ora e dobbiamo ricordare a tutti che la ricerca ha bisogno di noi, di voi”. 

E allora torniamo agli haters. Chi sono? Perché lo fanno? E soprattutto quali sono le armi in mano a chi viene attaccato, per difendersi? Con il temine anglosassone Internet Haters, gli esperti di comunicazione e la comunità scientifica internazionale definiscono persone che dietro un alias virtuale o reale, utilizzano le varie piattaforme internet per esprimere il loro odio verso altre persone, verso alcune specifiche categorie di soggetti, verso un’idea, verso un oggetto. In italiano si potrebbe tradurre con “quelli che odiano su internet”. Spesso queste persone sono mosse anche da invidia, o semplicemente dietro ad una tastiera, esprimono giudizi o cattiverie, che mai si sognerebbero di dire in faccia, perché in qualche modo si sentono protetti da uno schermo, liberi di colpire e fare del male. Ma in questo caso, quando “l’odiatore” colpisce una donna augurando in un mondo nemmeno tanto sottile il ritorno del tumore, la morte, al figlio, e lo fa per due lunghissimi anni, si cade nel patologico, si cade nella malattia mentale, perché nessuna persona sana di mente può arrivare ad agire così, a scrivere queste cose, aspettando una risposta, un segno dalla vittima. L’hater si trasforma in carnefice, in un sadico, che pur di avere l’attenzione del personaggio pubblico arriva a minacciarlo, stalkeralrlo, giorno dopo giorno.

E allora finalmente Elena ha deciso di denunciare e di denunciarlo alla polizia postale, e questo è importante, perché nessuno può permettersi di attaccare e pensare di farla franca, soprattutto dopo una serie di sentenze che hanno dato ragione alle vittime, insultare una persona, diffamarla, augurarle la morte o lo stupro non è libertà di espressione: è reato. Invocare la libertà di espressione nelle aule di tribunale e sui social non è contemplato. Un conto, infatti, è esporre delle idee che mirino alla costruzione di un mondo migliore, oppure dare voce (in maniera civile) ai propri pensieri circa una determinata questione politica, etica o religiosa; altro conto è attaccare una persona augurando la morte a lei, o al figlio.

La Santarelli ha deciso di parlare della vicenda e denunciare la persona segnalando l’account, che si è rivelato essere un fake. Il profilo è stato rimosso ma lo stalker non è stato ancora individuato dalla polizia postale, quindi non si esclude che possa tornare a colpire, quello che noi ci auguriamo è che sia possibile dare un volto a quelle ignobili minacce, e che soprattutto la condanna sia esemplare, in modo tale che nessuno si permetta più di attaccare pensando di rimanere impunito. Quello che noi suggeriamo ai vari CEO dei social è di chiedere semplicemente la carta di identità per creare un profilo, perché tutti sono bravi a offendere quando la faccia esposta non è la loro, sono certa che con questo obbligo morirebbero in rete tutti gli haters. E saremo tutti ben felici di far loro un funerale.