Nulla può rimanere immutato per sempre, ogni periodo storico vive delle piccole o grandi svolte che in un modo o nell’altro ne cambiano l’aspetto e la visione d’insieme. Vere e proprie rivoluzioni fatte di gente che scende in piazza e che lotta per i suoi diritti o semplicemente di poche figure che con dedizione e determinazione riescono a compiere svolte epocali.
Con un misto di ironia, riservatezza e forza Tina Anselmi è stata una donna rivoluzionaria che ha messo la politica al primo posto rimanendo sempre un passo indietro per rispetto delle istituzione e del popolo. È stata una donna che con le sue colleghe ha saputo fare la differenza superando gli ostacoli imposti dai partiti fermamente guidati dagli uomini.
Quando le donne si sono impegnate nelle battaglie le vittorie sono state vittorie per tutta la società. La politica che vede le donne in prima linea è politica d’inclusione, di rispetto delle diversità, di pace.
L’inizio della carriera politica
Tina Anselmi nasce a Castelfranco Veneto il 25 marzo del 1927, in una famiglia di origini contadine e di fede cattolica che mal sopporta il nazifascismo: il padre socialista spesso viene osteggiato dai fascisti del posto. Molto legata alla sua famiglia, la nonna è il suo punto di riferimento, una donna dal passato difficile forte, ironica e fuori dagli schemi.
Quando le donne si sono impegnate nelle battaglie le vittorie sono state vittorie per tutta la società. La politica che vede le donne in prima linea è politica d’inclusione, di rispetto delle diversità, di pace.
Negli anni in cui frequenta l’Istituto magistrale a Bassano del Grappa si avvicina alla Gioventù femminile dell’Azione cattolica. Questo ambiente e l’essere stata costretta ad assistere all’impiccagione di 31 giovani antifascisti segnano profondamente Tina Anselmi. È a questo punto che capisce che non si può stare fermi e inermi davanti a simili barbarie e decide di diventare staffetta. Sono anche gli anni in cui entra in contatto con molte donne operaie e le condizioni di lavoro a cui sono sottoposte. Questa esperienza la spinge a dedicarsi alla questione femminile abbracciando poi l’attività sindacale quando nel 1944 si iscrive alla Democrazia Cristiana.
L’esame, nei confronti delle donne, è più severo, e non finisce mai. Gli uomini possono permettersi qualche passo falso. Per noi, al primo sbaglio è finita.
Finita la guerra prosegue gli studi frequentando la facoltà di Lettere dell’Università cattolica del Sacro Cuore a Milano, senza mai accantonare l’impegno politico. Partecipa al referendum per la scelta tra Monarchia e Repubblica e alle elezioni per la Costituente, cercando di convincere le donne ad andare a votare, anche se lei non può per motivi anagrafici.
La passione per la politica non si sopisce, tanto che nel 1955 decide di abbandonare l’insegnamento e il lavoro da sindacalista per dedicarvisi a tempo pieno tra le file della DC.
Un grande senso dello Stato
La dedizione, l’amore per la democrazia e per i diritti delle donne sono i tratti distintivi della sua carriera politica che nel 1976 la portano a diventare la prima donna ad essere nominata ministro, per la precisione a capo del dicastero del Lavoro e della Previdenza sociale. Da quel momento si prodiga per risolvere i problemi sociali rimanendo sempre fedele ai suoi valori e alla volontà di migliorare la condizione della donna sia sul lavoro che nella vita privata. Nel 1977 presenta la legge sulla parità di trattamento tra uomini e donne nel lavoro, un testo in cui c’è molto della sua esperienza personale maturata dopo anni in cui ha svolto il ruolo di sindacalista e dopo aver visto le condizioni lavorative in cui vivono le donne.
Nel 1978, Tina Anselmi passa al ministero della Sanità per circa un anno in cui rivoluziona il settore: riesce a far riformare la legge sull’assistenza psichiatrica, dà vita alla legge che istituisce il Servizio Sanitario Nazionale e soprattutto firma la legge per l’interruzione volontaria della gravidanza, nonostante sia una fervente credente. Una firma che ha un valore profondo perché dimostra come Tina Anselmi abbia avuto un senso dello Stato e della democrazia radicato in sé stessa. Perché come affermava “la democrazia non è un sistema politico in cui ci si adagia: dobbiamo sceglierla ogni giorno”. Proprio per tale motivo, durante tutta la sua carriera politica ha sempre messo al primo posto il bene della comunità.
Sono stata la prima donna a partecipare a una commissione di inchiesta. E sono convinta di doverlo al fatto che le nomine le ha proposte una donna, Nilde Jotti. Diciamolo con franchezza. Quando a fare le nomine erano gli uomini, mai sono stati sfiorati dall’idea che una donna potesse entrare in una commissione d’inchiesta.