Rula Jebreal: “Lasciateci libere di essere ciò che vogliamo essere”

Contro la violenza sulle donne. Così Rula Jebreal, col suo potentissimo discorso, ci ha ricordato che dobbiamo sempre combattere

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Pubblicato: 25 Aprile 2020 13:19Aggiornato: 6 Maggio 2024 13:26

In molti l’hanno conosciuta solo di recente, dopo la sua apparizione al Festival di Sanremo 2020 quando, davanti a una folta platea, ha recitato quel monologo che ha toccato il cuore di tutti. Perché a Rula Jebreal, la vita, non gli ha fatto alcuno sconto.

Giornalista e scrittrice palestinese, conosciuta nel nostro Paese per aver partecipato a diversi programmi televisivi di informazione nazionale, Rula ha dovuto imparare in fretta cosa vuol dire essere donna oggi e qual è il prezzo da pagare quando nasci una società sbagliata. Una storia, la sua, fatta di violenza, di perdita e di dolore, ma anche di coraggio e di riscatto, per se stessa e per le altre. Per tutte le donne del mondo. Scopriamola insieme.

Chi è Rula Jebreal

Nata ad Haifa il 24 aprile del 1973, Rula Jebreal è una giornalista, scrittrice e docente con cittadinanza israeliana e italiana. È proprio a Israele che è cresciuta, prima di trasferirsi nel nostro Paese.

La sua non è un’infanzia facile. Quando ha solo 5 anni, infatti, è costretta a sopravvivere a un dolore immenso: la morte di sua madre Zakia. La donna, infatti, dopo essere stata vittima di violenze e abusi ha scelto di suicidarsi. Un destino travolto e sconvolto, quello di Rula, che insieme a sua sorella Rania viene mandata al Dar Al-Tifel Al-Arabi, un collegio orfanotrofio a Gerusalemme.

Cresce così, la piccola Rula, nell’insegnamento di Hind al-Husseini, attivista palestinese e fondatrice della struttura, nonché figura di grande ispirazione per lei. Parlerà di lei come una seconda mamma, come la donna che le ha salvato la vita.

Negli anni ’90 la sua vita cambia di nuovo. Ottenuta una borsa di studio per studiare fisioterapia a Bologna, Rula si trasferisce in Italia dove si laurea. Non smette, però, di coltivare un altro sogno importante: quello di diventare giornalista. E presto è proprio a questa attività che si dedicherà anima e cuore.

Nei primi anni 2000 partecipa alla trasmissione televisiva Diario di guerra in qualità di giornalista del Movimento Palestinese per la Democrazia e la Cultura. Le viene poi affidata la conduzione di Pianeta 7, un programma di informazione estera. Nel 2004, invece, pubblica La strada dei fiori di Miral, il suo romanzo autobiografico tradotto in 8 lingue dal quale sarà tratta la pellicola omonima nel 2010.

Rula Jebreal continua a scrivere e a collaborare con testate di stampo internazionale, ma si occupa anche degli altri, delle cause sociali, dei diritti umani e della parità di genere. È un’attivista, ed è anche una mamma di Miral, nata nel 1997 dalla relazione con Davide Rivalta.

“Lasciateci libere di essere ciò che vogliamo essere”

Nel 2020 la storia di Rula, il suo coraggio e le sue parole entrano nelle casa di tutti gli italiani. La giornalista è ospite del Festival di Sanremo e affianca Amadeus all’Ariston. È in questa occasione che senza paura racconta una storia, la sua storia con uno scopo soltanto: ricordare che essere donne non può e non deve essere una colpa, mai.

Perché la violenza, brutale, codarda e infame, lei l’ha vista con i suoi occhi. L’ha sentita nel cuore quando sua madre ha scelto di togliersi la vita dopo anni di soprusi che non riusciva più a sopportare. E lei, adesso, non può più tacere, per se stessa ma soprattutto per le altre donne.

“Mia madre Nadia ha perso il suo ultimo treno quando avevo cinque anni, si è suicidata” – racconta sul palco visibilmente commossa – “Il suo corpo era qualcosa di cui voleva liberarsi, perché fu stuprata due volte: a 13 anni da un uomo e poi da un sistema che l’ha obbligata al silenzio. L’uomo che l’ha violentata aveva le chiavi di casa”.

“Sono cresciuta in un orfanotrofio” – continua – “Noi bambine raccontavamo le nostre storie, favole tristi, di figlie sfortunate. Ci raccontavamo delle nostre madri, spesso stuprate, torturate e uccise”. Le parole di quel monologo, impresso nel cuore dei presenti e di tutti i telespettatori, corrono veloci e fanno male, come lame taglienti sul corpo. Ma hanno uno scopo, hanno il sapore di una libertà agognata e rivendicata.

“Parlo agli uomini, adesso” – conclude poi Rula – “Lasciateci libere di essere ciò che vogliamo essere: madri di dieci figli e madri di nessuno, casalinghe e carrieriste, madonne e puttane, lasciateci fare quello che vogliamo del nostro corpo e ribellatevi insieme a noi, quando qualcuno ci dice cosa dobbiamo farne. Siate nostri complici, indignatevi insieme a noi […] Non vogliamo più avere paura, essere vittime, essere una quota. Lo devo a mia madre, a tutte le madri, e anche a me stessa, alle nostre figlie, alle bambine: nessuno può permettersi di toglierci il diritto di addormentarci come in una favola”.