Perché la statua di Marsha P. Johnson è una vittoria per tutti

Marsha P. Johnson è stata più di una semplice attivista, la sua vita e le sue battaglie sono state da esempio per tutta la comunità LGBTQIA+

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Redazione

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La storia è un insieme di persone che prendono decisioni a volte impulsive o che compiono gesti con un’innocenza molto vicina all’incoscienza, ma che cambiano per sempre il corso degli eventi. Tra le persone a cui essere riconoscenti c’è Marsha P. Johnson, attivista e icona transgender che ha trascorso tutta la sua vita a lottare per vedere riconosciuti i diritti LGBTQIA+.

Consacrata con un monumento eretto vicino al municipio nella sua città natale Elizabeth, nel New Jersey, le azioni di Marsha con la loro semplicità hanno lasciato intorno a loro una grande eco che oggi risuona più prepotente che mai.

Il grande orgoglio di Marsha P. Johnson

Celebrata e riconosciuta come una pioniera del movimento LGBTQIA+, Marsha ha vissuto sempre da emarginata per le sue scelte mai del tutto capite perfino dalla sua stessa comunità.

Arrivata a New York con 15 dollari dopo aver trascorso l’infanzia e l’adolescenza a Elizabeth, dove era nata nel 1945, una volta conseguito il diploma presso l’ex Edison High School si trasferisce nella Grande Mela. Fin da subito sa quello che vuole essere: una drag queen! Una decisione un po’ troppo radicale per i gay bianchi e conservatori che non volevano una persona come lei a rappresentarli. Infatti, durante uno dei primi Pride di New York le viene chiesto di marciare in fondo al corteo, perché gli organizzatori non volevano che le drag queen affermassero i propri diritti al loro fianco. Ma Marsha è orgogliosa di quello che è, non ha niente da nascondere e con coraggio decide di marciare in testa alla parata.

Lo stesso coraggio e sangue freddo lo dimostra qualche mese prima durante la rivolta di Stonewall. Nella notte tra il 27 e 28 giugno del 1969 i poliziotti di New York fanno irruzione nel locale gay Stonewall Inn, a Christopher Street. Le retate erano frequenti, ma quella notte, per la prima volta i clienti decidono di resistere e in prima linea c’è la ventitreenne Marsha P. Johnson. Accanto a lei c’è anche Sylvia Rivera che secondo una leggenda ha dato il via alla rivolta lanciando una scarpa con il tacco contro i poliziotti. La resistenza dura circa una settimana e la determinazione dei clienti del locale del Greenwich Village, i quali decidono di non soccombere agli sgomberi, è lo spunto per la nascita del movimento di liberazione gay.

Una vita spesa ad aiutare il prossimo

Da quel momento in poi l’attivista americana e l’immancabile Sylvia Rivera spendono la loro vita ad aiutare il prossimo fondando gli Street Transvestite Action Revolutionaries (Star), dei collettivi che offrono alloggi a prostitute e queer. Tutte le attività e le iniziative di Marsha sono dettate da una grande sensibilità nei confronti delle minoranze povere della comunità LGBTQIA+ con l’obiettivo di dare un rifugio anche affettivo a chi ha perso futuro, casa e famiglia semplicemente perché ha deciso di essere se stesso.

La statua in onore dell’attivista, voluta da 166mila persone che hanno sottoscritto una petizione online, è la testimonianza dell’eredità lasciata da Marsha non solo nella sua città natale, ma anche a New York. Andrew Cuomo, l’ex Governatore dello Stato di New York le ha dedicato un parco a Brooklyn, il Marsha P. Johnson State Park, precedentemente noto come East River State Park. Passeggiando per quest’area verde, i visitatori possono respirare il coraggio e ammirare lo sguardo fiero di una persona che ha lottato per affermare i propri diritti e quelli della comunità LGBTQIA+.