Mona Lisa Smile: il film che ci insegna a vivere secondo le nostre regole

Il senso più profondo del film è proprio questo: vivere secondo le proprie regole. Perché la parità di genere, quella vera, passa indissolubilmente per la libertà

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Pubblicato: 2 Luglio 2021 09:00Aggiornato: 20 Febbraio 2024 10:29

C’era una volta, neanche troppo tempo fa, un mondo in cui le donne non avevano scelta, oppure ne avevano pochissima nel migliore dei casi, ma allora sì che dovevano subire una pena tremenda, quella del giudizio degli altri. Le privilegiate, per esempio, le giovani donne di buona famiglia potevano iscriversi a college prestigiosi, ma non lo facevano per inseguire i loro sogni o per coltivare una carriera, quanto più per trovare un buon partito. Perché la loro era solo una transizione da studentesse a padrone di casa. Del resto era questo che voleva la società.

Una realtà, questa, che nonostante il tempo trascorso e i passi avanti compiuti ci è fin troppo familiare perché ancora oggi noi donne siamo vittime silenziose di un patriarcato intriso nella mentalità di molti. C’è un film che, però, da quel silenzio ha fatto emergere un grande trambusto perché al di là delle splendide interpretazioni, degli attori famosi e dalla scenografia impeccabile, ha messo in scena una storia vera, la nostra.

Stiamo parlando di Mona Lisa Smile, la pellicola che racconta le vicende che si intrecciano all’interno del Wellesley College nel 1953. Sono gli anni del dopoguerra, dell’integrazione razziale e della guerra fredda, sono gli anni in cui negli Stati Uniti alcune studentesse iniziano a battersi per l’emancipazione femminile.

Mona Lisa Smile: un film che tutte dovremmo guardare

La pellicola narra le vicende di giovani donne, studentesse iscritte al college solo per cercare un marito. Perché è così che si deve fare, perché è quello il destino delle ragazze: diventare mogli e poi mamme. L’arrivo della nuova docente di storia dell’arte Katherine Ann Watson, interpretata da una magistrale Julia Roberts, però cambia tutto.

Lei, infatti, è diversa dalle altre. È divorziata, ribelle e femminista. È single e non è né una mamma né una moglie, è semplicemente donna. Le sue scelte mettono a dura prova le convinzioni del tempo, quelle rappresentate perfettamente da quel collegio prestigioso. La professoressa, così, si ritrova a scontrarsi con la direzione della scuola, ma anche con le famiglie delle sue allieve perché non è sicuramente un modello da seguire, non per quell’epoca.

Eppure è forte e coraggiosa, Katherine Ann Watson, e da quelle difficoltà emerge la voglia di fare qualcosa di diverso e inaspettato: insegnare alle ragazze a pensare con la propria testa, a opporsi agli stereotipi, a inseguire la felicità e a vivere secondo le loro regole, e non quelle degli altri.

Perché nell’epoca in cui è ambientata la pellicola diretta da Mike Newell, una donna può solo scegliere se essere mamma oppure rinunciare a tutto per lavorare, e se lo fa, viene comunque guardata male e giudicata. Ma a Katherine Ann Watson non importa di essere vittima dei pregiudizi o di andare contro al pensiero dominante. Ed è per questo che il suo insegnamento è il più prezioso di tutti.

Katherine Watson non è venuta a Wellesley per adattarsi . È venuta perché voleva fare la differenza (Betty Warren)

Una storia da insegnare

La sua storia si intreccia con quella di altre due studentesse agli antipodi: Betty Warren, interpretata da Kirsten Dunst, e Joan Brandwyn, il cui ruolo è stato affidato a Julia Stiles.

La prima crede nella famiglia perfetta, almeno quella che così deve essere agli occhi degli altri. Quella dove la moglie resta a casa a pulire e a cucinare per il marito che torna tardi la sera, intenta a proteggere tra quelle mura tutto quello che accade. La seconda invece sogna di sposare il suo fidanzato Tommy ma non vuole lasciare la scuola perché vuole diventare un’ avvocatessa di successo.

Tra battaglie femministe, rivendicazioni e colpi di scena incredibili, il finale del film frantuma le certezze degli spettatori: Betty, dopo aver scoperto il tradimento del marito lo lascerà, per tornare a studiare e a scrivere. Joan, invece, rinuncerà alla carriera per amore.

Ma non ci sono vincitori né vinti in questo finale. Non si parla certamente di sconfitte o di scelte sbagliate perché le protagoniste, alla fine, prendono le loro decisioni. Diverse, forse, dalle aspettative, ma in totale autonomia. E il senso più profondo del film è proprio questo: vivere secondo le proprie regole, indipendentemente dal traguardo dove queste conducono. Perché la parità, quella vera, passa indissolubilmente per la libertà di scegliere e di essere.