Claudette Colvin, l’attivista dimenticata che si è ribellata alla segregazione razziale

Come Rosa Parks, anche Claudette Colvin ha rifiutato di cedere il suo posto sull'autobus a una donna bianca. Ma la sua storia è stata per troppo tempo dimenticata

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Il 2 marzo del 1955, dall’altra parte del mondo, una giovane ragazza viene arrestata, colpevole di non aver ceduto il suo posto su un autobus a una donna. Non una qualsiasi, ma una persona bianca che vuole, e pretende, un posto che le spetta di diritto per il colore della sua pelle.

Ci troviamo negli Stati Uniti d’America, negli anni della segregazione razziale. Quelli in cui Claudette Colvin ha detto “No”, con forza e coraggio, diventando l’emblema non riconosciuto dei diritti e della libertà, gli stessi che per troppo tempo erano privati a lei e a tutta la sua comunità.

La sua storia vi ricorderà sicuramente qualcosa, anzi qualcuno. Perché sono molti i punti in comune con quella di Rosa Parks, l’afroamericana che, con il suo rifiuto, iniziò una battaglia gentile per combattere le ingiustizie e le diseguaglianze diventando il simbolo della lotta per l’emancipazione delle persone nere.

Chi è Claudette Colvin

Prima di Rosa Parks, però, c’era Claudette Colvin. Solo sei mesi prima dall’episodio che ha cambiato la storia, infatti, questa giovane ragazza diventò protagonista di un rifiuto analogo, ma troppo spesso dimenticato. Le sue gesta oggi rivivono anche in Italia, nella mostra Noir al Meet Digital Culture Center di Milano grazie a un’installazione di realtà aumentata che permette a tutti di toccare con mano la storia, la sua storia. Scopriamola insieme.

Claudette Colvin nasce il 5 settembre del 1939 e cresce con la sua famiglia adottiva. Suo padre, Q.P. è un taglialegna, mentre mamma Mary Anne lavora come cameriera. Cresce tra l’affetto della famiglia in un quartiere povero di Montgomery, ma ben presto deve scontrarsi con una realtà davvero incomprensibile per una bambina.

La sua pelle è nera. E questo è un colore che infastidisce e che divide negli Stati Uniti, che tiene ben separate le persone nei trasporti pubblici, nei posti di lavoro e nelle scuole, ma Claudette non lo sa quando all’età di 4 anni la mamma l’ammonisce perché ha toccato le mani di due bambini bianchi.

I neri non toccano i bianchi, non interagiscono con loro, non camminano negli stessi posti ma, soprattutto, non hanno gli stessi diritti.

Cresce così, Claudette, come tutti quelli che fanno parte della sua comunità. Ma non lo fa accettando passivamente, perché crede fermamente che le cose possono e devono cambiare. Mentre frequenta la scuola segregata a Booker, appena 15enne, la ragazza si rende protagonista di un episodio che cambierà la storia.

Sale sull’autobus per tornare a casa e dopo aver timbrato il biglietto va a sedersi su quelli che sono i sedili destinati alle persone di colore. Ma le leggi vogliono, anzi pretendono, che gli afroamericani devono lasciare il loro posto ai bianchi quando l’autobus è pieno. Claudette, però, non lo fa.

1 dicembre 1955

È una ragazza intraprendente, Claudette, che ha grandi ispirazioni e sogni straordinari. Immagina di diventare Presidente degli Stati Uniti d’America, un giorno, ed è membro attivo della National Association for the Advancement of Colored People che rivendica i diritti civili a scuola e non solo. Non può accettare, dunque, di essere discriminata solo per il colore della pelle.

Il 1 dicembre del 1955 Claudette non accetta l’ordine di Robert W. Cleere, conducente dell’autobus, di lasciare il posto a una donna bianca. Le sue compagne di classe lo fanno, si alzano per fare spazio a chi “lo merita”. Lei no e, anzi, invita una donna nera incinta a sedersi al suo fianco.

Una ribellione inaccettabile, la loro, che costringe l’autista a chiamare la polizia. Arrivano le forze dell’ordine, invitando la quindicenne a spostarsi, ma lei rifiuta ancora: ha pagato il biglietto ed è suo il diritto di stare seduta. Viene così allontanata dall’autobus e portata in centrale. Claudette viene arrestata proprio come succederà alla segretaria del NAACP Rosa Parks nove mesi dopo.

Il processo

Quello che ha fatto la giovane ragazza è inaccettabile, lo è per la mentalità del tempo ma anche per le leggi che regolano la società. Claudette deve affrontare un processo, a difenderla ci sarà Fred Gray, un avvocato per i diritti civili parte della Montgomery Improvement Association.

L’accusa, ai danni della studentessa, è quella di violazione della legge di segregazione, di disturbo della quiete e di aggressione. Condannata dal tribunale minorile, Colvin si appella alla sentenza riuscendo questa volta a far cadere le accuse, tutte tranne quella di aggressione.

Ma il caso non è archiviato, non per lei che in questo senso è una pioniera. Insieme all’avvocato Gray, ed altre 4 querelanti, inizia la sua battaglia, quella volta a dimostrare che la segregazione razziale è incostituzionale. Viene supportata, Claudette, e la sua diventa la voce di un popolo che per tanto, troppo tempo, ha vissuto nell’ombra. Ignorare quello che sta succedendo è ormai impossibile.

Il 5 giugno del 1956, anche a seguito del processo che ha coinvolto Rosa Parks, la Corte Distrettuale degli Stati Uniti emette una sentenza, confermata poi dalla Corte Suprema, che mette fine in maniera permanente alla segregazione sugli autobus nella città di Montgomery e in tutto lo stato dell’Alabama.

L’attivista dimenticata

Per molto tempo, quel 1 dicembre del 1955 è stato dimenticato. Forse perché Colvin era solo un’adolescente e forse perché, come lei sosterrà in seguito, il temperamento calmo di Rosa Parks, come il suo lavoro, la rendevano il simbolo perfetto di quella battaglia.

Mi sento molto, molto orgogliosa di quello che ho fatto. Mi sento come se quello che ho fatto fosse stata una scintilla. Non mi dispiace. Lasciate che la gente conosca che Rosa Parks è stata la persona giusta per il boicottaggio. Ma fate anche sapere che gli avvocati hanno portato altre quattro donne alla Corte Suprema per sfidare la legge che ha portato alla fine della segregazione

Tornando a parlare dell’argomento in diverse occasioni, Claudette ha ammesso di essere delusa per non aver ricevuto il riconoscimento che meritava.

Dopo il clamore di quel gesto, l’attivista è diventata mamma di Raymond. Ha lasciato Montgomery nel 1958 e si è trasferita a New York dove ha scelto di ricominciare. Ha iniziato a lavorare in una casa di cura dove è restata per 35 anni.

Anche se apparentemente dimenticato, il suo rifiuto non è passato inosservato. Nel 2017, infatti, la città di Montgomery ha scelto di istituire il Claudette Colvin Day. In quell’occasione il sindaco Todd Strange ha dichiarato: “È stata fondamentale per i nostri diritti civili, e non volevamo perdere questa opportunità di istituire il Claudette Colvin Day il 2 marzo per ringraziarla di quello che ha fatto”.

Nel 2021, il tribunale dell’Alabama ha ordinato la cancellazione del reato di aggressione a un agente pubblico che ancora pendeva sulla sua fedina penale. “Ora sono una donna anziana” – aveva dichiarato Claudette in quell’occasione – “Avere la fedina penale pulita significherà qualcosa per i miei nipoti e bisnipoti. E significherà qualcosa per altri bambini neri. Li ispirerà a rendere il mondo migliore”.