La scrittrice Maryse Condé è morta a 90 anni, la “penna dell’orgoglio nero”

Aveva 90 anni la scrittrice Maryse Condé, morta dopo anni di convivenza con una malattia degenerativa che l'aveva costretta sulla sedia a rotelle

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Nicoletta Fersini

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Maryse Condé è morta all’età di 90 anni, come comunicato dal marito Richard Philcox all’Agence France Presse. Una notizia che ha sconvolto profondamente il mondo della letteratura, del quale è stata una grande protagonista, seppur abbia iniziato a pubblicare tardivamente rispetto ad altri autori.

Nella scrittura della Condé c’era un intero mondo: quello delle identità nere, della schiavitù, di un passato colonialista che ha lasciato dietro di sé strascichi enormi. Il quotidiano Liberation l’ha definita la “penna dell’orgoglio nero”. “Penso che il mondo mi appartenga e che abbia il diritto di scrivere di tutto ciò che mi preoccupa o mi diverte”, aveva detto la scrittrice in un’intervista.

Maryse Condé, vincitrice del Premio Nobel “alternativo”

Per molti ferventi scrittori e appassionati di letteratura, la scrittrice originaria della Guadalupa avrebbe meritato assolutamente il Premio Nobel per la letteratura. Eppure questo riconoscimento non le fu mai assegnato.

Il motivo, però, non è legato alle sue opere o a delle mancanze da parte della scrittrice. Nel 2018 l’Accademia svedese era stata travolta da uno scandalo, a causa delle gravi accuse di aggressione e violenza sessuale mosse da alcune donne nei confronti del marito di una ex giurata, il fotografo e regista Jean-Claude Arnault, ed è per tale ragione che in quell’anno eccezionalmente il premio fu sospeso.

Per compensare questa mancanza, la Nuova Accademia di Stoccolma decise di istituire un Nobel “alternativo”, assegnandolo proprio a Maryse Condé il 12 ottobre dello stesso anno perché “nelle sue opere, con un linguaggio preciso (…) descrive le devastazioni del colonialismo e il caos del post-colonialismo“. L’autrice e attivista aveva commentato il riconoscimento con queste parole: “Sono molto felice e orgogliosa di ricevere questo premio, ma permettetemi di condividerlo con la mia famiglia, con i miei amici e soprattutto con tutto il popolo della Guadalupa (…) che sarà commosso e felice di vedermi premiata”.

La carriera di Maryse Condé tra scrittura e attivismo

Classe 1937, Maryse Condé aveva compiuto 90 anni lo scorso 11 febbraio 2024. È venuta a mancare nella notte tra il 1 e il 2 aprile 2024, come comunicato dallo stesso marito Richard Philcox all‘Agence France Presse e riportato dai principali quotidiani francesi, tra i quali Liberation.

Maryse Condé in Africa
Fonte: Getty Images
Maryse Condé in Africa

Maryse Condé era originaria di Pointe-à-Pitre, nell’arcipelago di Guadalupa, e aveva alle spalle una carriera che negli ultimi cinquant’anni l’aveva portata a essere considerata tra le autrici più importanti della letteratura franco-caraibica, nonché attivista e cronista dei delle lotte e dei trionfi dei discendenti degli africani portati come schiavi nei Caraibi.

La Condé ha lasciato al mondo trenta romanzi su questo tema, oltre a opere teatrali e saggi, molti dei quali rivolti alle nuove generazioni. Aveva pubblicato il primo libro tardivamente rispetto ad altri colleghi – aveva già 40 anni – mentre l’ultimo in ordine cronologico risale al 2017, Le Fabuleux et Triste Destin d’Ivan et d’Ivana. Dopo quel lavoro era stata costretta a ritirarsi, sempre più provata da una malattia degenerativa che negli ultimi tempi l’aveva costretta sulla sedia a rotelle.

Maryse Condé aveva studiato alla Sorbona a Parigi, vivendo poi in diversi Paesi tra cui Costa d’Avorio, Senegal, Ghana. È lì che ha trovato la grande ispirazione, ma soprattutto è lì che aveva riscoperto “l’orgoglio di essere nera”, come da lei stessa raccontato. Ampiamente apprezzata in ambito accademico, negli Stati Uniti d’America ha trascorso quasi due interi decenni, insegnando in alcune tra le università più prestigiose.

Maryse Condé e il marito Richard Philcox
Fonte: Getty Images
Maryse Condé e il marito Richard Philcox

Non ha mai temuto di usare parole come “razza”, “schiavitù”, “colonialismo”, “sessismo”. La più giovane di otto figli, cresciuta in una famiglia nella quale parlare di schiavitù era quasi un tabù, ha dato voce a un mondo che è esistito e a temi che sono più attuali che mai.

“La cosa più importante per uno scrittore è trovare la propria voce che interpelli il lettore che, a sua volta, la riconosce. Mi ci sono voluti anni per forgiare la mia voce: un misto di umorismo, iperrealismo e trasformazioni più o meno fantasiose – aveva detto in un’intervista al Corriere della Sera -. Penso che lo scrittore sia libero di trarre ispirazione da dove vuole. Violare questa libertà è un reato grave. Quindi io, venendo da un’entità piccola come la Guadalupa, dovrei parlare solo di certi argomenti. Al contrario, penso che il mondo mi appartenga e che abbia il diritto di scrivere di tutto ciò che mi preoccupa o mi diverte“.