Adriano Olivetti e il sogno di un’azienda a misura d’uomo

Non era solo il successo internazionale dell'azienda da lui guidata a renderlo un grande imprenditore, ma anche e soprattutto la sua visione, quel sogno unico e nuovo di creare una fabbrica a misura d'uomo

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Non c’è scrittore, poeta, giornalista o persona che sappia maneggiare con cura le parole e che non conosca lui, Camillo Olivetti, il fondatore della prima fabbrica italiana di macchine da scrivere. Un uomo che ha cambiato la storia d’Italia, ma che ha anche creato il terreno fertile per uno dei sogni più grandi mai realizzati del nostro Paese, quello che apparteneva a suo figlio.

Perché Adriano Olivetti, non può essere ricordato solo come il figlio di Camillo, né tantomeno può essere raccontato solo come l’uomo che ha gestito l’eredità di suo padre perché lui è stato molto di più.

È stato l’ingegnere dei grandi progetti industriali, il leader che ha teorizzato che il profitto aziendale deve essere investito per il benessere della comunità. È stato l’imprenditore illuminato che ha sognato, per tutta la vita, un’impresa a misura di uomo e l’ha realizzata. Ripercorriamo la sua storia.

Adriano Olivetti

  Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva, non giovi a un nobile scopo.

Nato a Ivrea l’11 aprile del 1901, Adriano è figlio di Camillo e Luisa Revel. Il suo destino sembra già scritto in qualche modo da quel cognome che porta e che inevitabilmente lo fa appassionare, sin da giovane, alla vita e all’organizzazione aziendale.

Diplomatosi all’Istituto tecnico di Cuneo, Adriano partecipa attivamente al dibattito sociale e politico di quegli anni, collaborando anche con il padre alla redazione de L’Azione Riformista. Dopo la laurea in ingegneria chimica, conseguita al Politecnico di Torino, Adriano parte per gli Stati Uniti, ed è guardando al modello americano che prende vita il sogno di un modello di organizzazione aziendale che proporrà, poi, per la sua fabbrica. Nel 1926 torna in Italia e inizia la sua esperienza nell’azienda di famiglia ricoprendo il ruolo di operaio. Diventerà direttore della società nel 1932 e poi presidente nel 1938.

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Adriano Olivetti che si è dichiarato antifascista, è costretto a lasciare il Paese e a rifugiarsi in Svizzera, dove mantiene sempre contatti con la Resistenza. Con la fine del regime, poi, riprende a gestire la sua azienda, con la stessa passione del passato, con lo stesso desiderio di creare un’industria che ora, come non mai, deve rispettare i diritti umani e deve essere finalizzata al benessere dei lavoratori.

La fabbrica a misura d’uomo

La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica, giusto?

Con Adriano a capo, la Ing. C. Olivetti & C diventa la prima azienda al mondo nel settore dei prodotti da ufficio. Ma non è solo il successo a far parlare di lui, quanto più quella visione, quel sogno unico e nuovo di creare una fabbrica a misura d’uomo.

Il suo modello ideale, che trova poi la sua perfetta realizzazione, è quello di creare un’industria in perfetto equilibrio tra profitto e benessere sociale. Adriano Olivetti migliora le condizioni lavorative di tutti i suoi dipendenti: aumenta i salari, mette a disposizione convenzioni per gli asili e per le abitazioni nei dintorni dell’azienda, e poi ancora organizza concerti, dibattiti ed eventi ai quali gli operai possono partecipare durante la pausa pranzo.  Aumenta il periodo di maternità per le dipendenti della sua azienda e le aiuta con contributi e agevolazioni per visite mediche specialistiche e acquisto di farmaci.

Nella fabbrica non ci sono solo operai, ma anche poeti, artisti e scrittori perché nella visione dell’imprenditore il lavoro ha bisogno anche di questo, di creatività, sensibilità e attenzione, e non solo di produzione.

Nel 1955, per le sue innovazioni, viene insignito del premio Compasso d’Oro. Sotto la sua guida, l’azienda Olivetti e tutta Ivrea, diventano il simbolo di una nuova era industriale e Adriano diventa il padre di un nuovo modello organizzativo di lavoro, visionario e innovativo, che mette al centro di tutto l’uomo. Lo stesso modello al quale tutti dovrebbero ispirarsi, oggi come non mai.

Adriano Olivetti morirà in circostanze poco chiare il 27 febbraio 1960, a bordo del treno che da Milano lo stava portando a Losanna. Infarto o emorragia cerebrale, si dirà. Aveva 59 anni.