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Cos’è l’autolesionismo
La parola “autolesionismo” identifica la condizione del voler danneggiare se stessi/e. Quando parliamo di autolesionismo parliamo di un disturbo che colpisce il 6% della popolazione adulta e oltre il 15% degli adolescenti e dei giovani adulti in Italia. Particolarmente diffuso nella popolazione psichiatrica, di solito lo annoveriamo tra i disturbi di personalità borderline, ma si ritrova anche nei soggetti con disturbi d’ansia, depressione, disturbi che riguardano l’andamento alimentare (anoressia, bulimia, etc).
Solo di recente questa patologia ha ottenuto il riconoscimento come classe diagnostica a sé stante e ha diverse varianti e sfumature: sono tanti i modi in cui ci si fa del male e innumerevoli possono essere le ragioni che stanno dietro a condotte autolesive.
Su questo tipo di sofferenza va messo in atto un intervento immediato per via della connessione con atti di suicidio e pensieri legati allo stesso. L’autolesività non suicidaria viene considerata come categoria diagnostica a sé stante e al tempo stesso va monitorata rispetto al tentativo di suicidio stesso. Ansia e depressione spesso si accompagnano alla voglia e al bisogno di farsi del male fisico, come anche stati di irrequietezza sopportati per lungo tempo.
Cause
Oltre alla diagnosi di disturbi comportamentali e patologie mentali gravi, l’autolesionismo si accompagna a esperienze traumatiche vissute da piccoli/e. I gesti più comuni di condotte autolesive sono tagli superficiali, lividi, bruciature di sigaretta, morsi, ma anche onicofagia insistente, mangiarsi le pellicine fino a farle sanguinare, strapparsi i capelli, procurarsi ferite di varia natura.
Recentemente è aumentato l’interesse dei ricercatori verso questo fenomeno che sta raggiungendo importanti dimensioni. Spesso anche per il medico diventa difficile individuare le ragioni fondanti e le cause, in particolare quando la manifestazione stessa di autolesionismo viene nascosta. I motivi che portano la persona a farsi del male sono memorie e ricordi dolorosi, emozioni negative cui si vuole sfuggire, bisogno di provare intensamente qualcosa, creare un dolore esterno per riprodurre quello interno, avere attenzione dagli altri.
Sintomi
Si parla di autolesionismo se nell’ultimo anno, in cinque o più giorni, l’individuo si è intenzionalmente inflitto danni di qualche tipo alla superficie corporea in grado di indurre sanguinamento, lividi o dolore (per esempio se ci si taglia, brucia, accoltella, ci si strofina fino a procurarsi del dolore, etc), con l’aspettativa che la ferita porti a danni fisici soltanto lievi o moderati (in questi casi non sussiste alcuna intenzionalità suicidaria esplicita).
L’autolesionismo si manifesta nel bisogno e nell’aspettativa di ottenere sollievo da una sensazione o uno stato cognitivo negativi, andare a sanare una difficoltà interpersonale attraverso la lesione a se stessi/e. Di solito nell’autolesionismo di riscontra anche un senso di appagamento fittizio momentaneo che allevia uno stato generico di tensione, ansia, autocritica, tendenza al perfezionismo patologico. Prima del gesto autolesivo di solito si sta male e subito dopo si avverte come una sensazione positiva, di sollievo. A volte il gesto lesivo segue un periodo di preoccupazioni crescenti e forti e se anche il comportamento autolesivo non viene messo in atto si verifica comunque un pensiero costante di porlo in essere.
Esistono diverse tipologie di autolesionismo sulla base del grado di danneggiamento dei tessuti e dei pattern comportamentali. Per esempio ci sono forme di autolesionismo che si basano su atti infrequenti e isolati che provocano un danneggiamento dei tessuti grave e permanente; in genere questo tipo di atti sono preceduti da manifestazioni esplicite di psicosi o forme di intossicazioni acute e molto gravi quali la castrazione e l’enucleazione oculare. Ci sono poi forme di autolesionismo che si accompagnano a ritardo mentale, autismo o sindrome di Tourette. L’autolesionismo moderato o superficiale consiste in atti episodici o ripetuti a bassa letalità che in cui i tessuti vengono danneggiati ma non in modo permanente; si tratta per esempio di tagli, bruciature, abrasioni.
Rimedi all’autolesionismo
Il percorso migliore per risolvere il comportamento autolesionista passa per forza per una forma di sostegno psicologico importante attraverso il quale si vada a costruire un linguaggio emotivo comune tra paziente e terapeuta volto a far gestire al paziente in modo diverso le emozioni negative che sono alla base dei comportamenti autolesionistici e degli stati di malessere generale del paziente. Piano piano le forme di pensiero negative e le emozioni nocive e dannose lasciano il posto a pensieri positivi che generano gradualmente una protezione che consente alle persone di affrontare meglio gli eventi avversi futuri. La relazione d’aiuto piano piano permette di creare anche relazioni con gli altri sane e costruttive e aiuta il paziente a formulare strategie di pianificazione di attività di vita desiderabili che vadano ad abbassare le emozioni negative intense.