Fave: proprietà, benefici e perché mangiarle anche a dieta

Legume dai tanti benefici per la salute, le fave sono ottime fresche o secche: povere di calorie ma ricche di nutrienti, per fare il pieno di vitamine

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Ivana Barberini

Giornalista specializzata in Salute e Benessere

Giornalista ed economa dietista, scrive articoli su salute, alimentazione e benessere ed è specializzata nell’editing di volumi e pubblicazioni medico-scientifiche.

Pubblicato: 2 Aprile 2019 13:50Aggiornato: 13 Dicembre 2023 11:42

Le fave sono protagoniste assolute nell’alimentazione vegetariana e vegana. Forniscono, infatti, importanti nutrienti come sali minerali, fibre, vitamine e proteine di buon valore biologico. Sono ancora troppo poco presenti sulle nostre tavole, nonostante le sue proprietà nutrizionali, la versatilità in cucina e il loro inconfondibile gusto. Tuttavia, la riscoperta delle tradizioni gastronomiche italiane e dei piatti semplici della cultura contadina le sta riportando alla ribalta, per un riscatto verso gli altri legumi più che meritato.

Vediamo allora quali sono le proprietà delle fave, a cosa fanno bene e quali sono le controindicazioni.

Che cosa sono

La pianta delle fave, Vicia faba L., è una leguminosa che appartiene alla famiglia delle Fabaceae. Le fave dunque sono un legume e come tale è un cibo ad alto valore nutrizionale.

È una pianta erbacea annuale, dai baccelli lunghi circa 20 cm. Al loro interno trovano i semi ricoperti da una pellicina che, a seconda della varietà, presenta un colore diverso: verde, viola o rossastro. Più il frutto della fava è maturo e grande, più è consigliato rimuovere da ogni fava la sua pellicola prima di gustarla, perché la rende dura e amarognola. Per questo non è sempre amata dagli chef.

Si possono gustare sia crude che cotte: inserirle nell’alimentazione quotidiana vuol dire fare il pieno di nutrienti preziosi come vitamine e sali minerali.

Quella delle fave è una coltivazione che risale a migliaia di anni fa in Medio Oriente e in Asia. Sono un alimento base nella cucina di molti Paesi e attualmente sono coltivate principalmente in Cina e in tutto il bacino del mediterraneo, soprattutto nel sud Italia.

Recentemente la fava sta riacquistando un posto di prim’ordine nell’alimentazione. Il motivo è legato alla tendenza a preferire gli alimenti proteici di origine vegetale e a riscoprire antichi sapori. Era, infatti, un piatto della cucina povera contadina, come tutti i legumi, perché economico ma nutriente. Per sostituire le proteine animali, quindi, le fave si mangiavano insieme alla pasta, diventando un piatto unico e un’ottima fonte energetica e proteica.

Con il miglioramento delle condizioni di vita nelle campagne e il consumo più frequente di carne, si ridusse l’uso delle fave e quindi la sua coltivazione. Ma la riscoperta dei piatti tradizionali contadini e la voglia di arricchire la nostra tavola di piatti tipici, che affondano le radici in una memoria gastronomica antica, hanno ultimamente promosso la rivalutazione della fava: non più un alimento “necessario” per sostituire la carne, ma per riscoprire il piacere della tavola, insieme ad altri cibi tipici del territorio.

Si trovano in commercio sia fresche che secche, oppure già pronte in lattina. Se sono fresche, si presentano racchiuse in baccelli di un bel colore verde e si raccolgono in primavera. Le fave secche, invece, sono disponibili tutto l’anno, basta reidratarle.

Delle fave si usano anche le foglie essiccate, poiché utili per contrastare la ritenzione idrica e favorire la diuresi.

Con appena 51 kcal per 100g di prodotto fresco, le fave sono un alimento ideale per chi è a dieta. Sono anche una buona fonte di proteine e fibre, mentre contengono pochissimi grassi.

Scopriamo allora le tante proprietà nutrizionali delle fave.

Proprietà nutrizionali

Le fave fresche sono disponibili sui banchi del mercato in primavera, fino a giugno; quelle secche invece si trovano tutto l’anno.

Sono legumi scarsamente calorici (51 kcal/100 g), quindi ottimi alleati per chi vuole dimagrire, ma ricchi di vitamine, sali minerali e fibra (5 g/100 g). Sono presenti, nello specifico, minerali come potassio (200 mg/100 g), fosforo (93 mg/100 g), ferro e calcio. Contengono anche buone quantità di vitamina C (33 mg), A (11 μg) e del gruppo B, in particolare folati (90μg/100 g).

Povere di grassi, totalmente prive di colesterolo, sono invece una buona fonte di proteine (5,2 g/100 g) e di carboidrati (4,5 g/100 g).

Sono quindi tanti i motivi per introdurre nella nostra alimentazione quotidiana le fave, soprattutto quelle di stagione, le migliori dal punto di vista vitaminico. Si tratta di un legume davvero unico, che apporta nutrenti utili per la salute dell’organismo, e contrasta alcuni disturbi come, ad esempio, la stitichezza.

Infografica sulle fave
Fonte: DiLei
Infografica che spiga cosa sono e i benefici delle fave

Vediamo nel dettaglio i tanti benefici delle fave.

Benefici per la salute

La buona quantità di fibre favorisce il corretto funzionamento dell’apparato gastrointestinale, regolando l’assorbimento intestinale di colesterolo e zuccheri e quindi abbassando il rischio di colesterolemia e glicemia alta.

La presenza di vitamine del gruppo B, invece, facilita l’attività metabolica e la produzione di energia, mentre la vitamina A e la C svolgono un’importante azione antiossidante e di sostegno al sistema immunitario. Fosforo e calcio sono necessari alla salute di ossa e denti, mentre il ferro è implicato nella formazione dei globuli rossi.

Pochi sanno invece che le bucce delle fave, solitamente smaltite come rifiuto ma utilizzato in alcune ricette della cucina tradizionale italiana, sono ricche di fenoli e di L-dopa, un precursore naturale del neurotrasmettitore dopamina. Lo afferma uno studio dell’Università e dell’Ispa-CNR di Bari che riporta che “le valve, le quali rappresentano il 75% dell’intero peso del baccello, sono ricche di fenoli (tra 443 e 646 mg/100 g di prodotto fresco) e di L-dopa (levo-diidrossifenilalanina: in media 170 mg/100 g), precursore naturale del neurotrasmettitore dopamina utilizzata dai pazienti affetti dal morbo di Parkinson”.

La ricchezza nutrizionale delle fave quindi le rende particolarmente utili per la salute e il benessere dell’organismo: fanno bene al cuore, poiché abbassano il colesterolo, stabilizzano la glicemia, sono utili in gravidanza per il contenuto di folati e aiutano a perdere peso.

Vediamo allora quali sono i principali benefici delle fave.

  • Aiutano a dimagrire. Sono legumi ipocalorici, poveri di grassi ma ricchi di acqua e fibre. Ciò li rende un cibo perfetto per chi vuole perdere peso e per chi fa sport. Grazie alle fibre e alle proteine che contengono, infatti, le fave favoriscono il senso di sazietà, aiutando a ingerire meno calorie, e combattono la stitichezza, responsabile del fastidioso senso di gonfiore e pesantezza addominale.
  • Fave e Parkinson. Come abbiamo visto, la buccia delle fave, il gambo, le foglie e il baccello contengono Levodopa, un aminoacido non proteico solitamente utilizzato per il trattamento della malattia di Parkinson e di altre malattie. La quantità varia a seconda della specie di fava, della zona geografica di crescita e delle condizioni del terreno. Tuttavia, secondo gli studi, il baccello giovane e i semi immaturi al suo interno contengano la maggior quantità di Levodopa, mentre i semi maturi o secchi ne conterrebbero poca. L’apporto di Levodopa è di circa 10,14 mg/100 g di prodotto fresco, se poi si usa il baccello giovane insieme ai semi, è possibile ricavare una quantità più elevata.
  • Fonte di folati necessari in gravidanza. Inserire le fave nella dieta quotidiana delle donne in gravidanza aiuta a contrastare la carenza di acido folico. Sono legumi, infatti, ricchi di folati, una sostanza fondamentale per le gestanti che aiuta a prevenire alcune malformazioni fetali a carico della colonna vertebrale (come la spina bifida) e del cervello (alterazione del tubo neurale). Inoltre, un deficit di folati può essere collegato anche a un ritardo della crescita intrauterina e/o parto prematuro.
  • Abbassano il colesterolo e la glicemia. Grazie alle fibre, è minore l’assorbimento del colesterolo; ciò comporta un vantaggio per l’apparato cardiovascolare, evitando la formazione delle placche aterosclerotiche. La conseguenza più immediata è la riduzione del rischio di incorrere in infarti e ictus. Le fibre aiutano anche a stabilizzare i livelli di glicemia nel sangue, ostacolando il picco glicemico dopo il pasto.
  • Depurative e diuretiche. È soprattutto il potassio a contrastare la ritenzione idrica, favorendo la diuresi e sostenendo l’attività renale. Ciò comporta un effetto benefico per chi soffre di pressione alta e per chi combatte la cellulite, causata soprattutto dalla tendenza ad accumulare liquidi nei tessuti. In questi casi è basilare bere molta acqua e preferire un’alimentazione ricca di verdure e povera di grassi. Le fave hanno dunque proprietà depurative e diuretiche: la fibra aiuta a regolare l’attività intestinale e la formazione delle feci, facilitando la rimozione di scorie e tossine, soprattutto in chi soffre di stitichezza.

Quante fave si possono mangiare a dieta?

Si tratta di legumi, quindi la porzione consigliata è di circa 50 g se si usano le fave secche o 150 g se si usano fave fresche o surgelate. Secondo i nutrizionisti, si possono assumere 2-3 porzioni di legumi a settimana, ciò permette di consumare meno carne senza rinunciare a proteine di ottima qualità biologica.

Meglio fresche o secche? La principale differenza dal punto di vista nutrizionale è il contenuto di acqua: le fave fresche ne contengono di più rispetto alle fave secche. Quindi, a parità di peso, nei legumi secchi le proteine, carboidrati, grassi e fibra saranno più concentrati rispetto alle fave fresche. Invece, la vitamina C e la vitamina A sono più rappresentate nelle fave fresche rispetto a quelle secche.

Inoltre, le fave fresche si possono consumare sia crude, sia cotte, mentre quelle secche hanno bisogno dell’ammollo e della cottura prima del consumo.

La scelta tra i due tipi di legume dipende dalla stagionalità e dal loro utilizzo in cucina. In primavera, quando le fave sono di stagione, è meglio consumarle crude, soprattutto quando sono piccole e tenere, per preservare la presenza delle vitamine.

Se invece si preferiscono consumare sotto forma di zuppe o minestre, è consigliabile usare le fave secche o quelle fresche più grandi. In entrambi i casi, è meglio eliminare la pellicina esterna (o utilizzare fave secche decorticate), poiché è poco digeribile.

Controindicazioni e favismo: chi non deve mangiare le fave

Il consumo di fave è fortemente sconsigliato se si soffre di favismo o in caso di diarrea o disturbi intestinali, visto l’effetto lassativo di questi legumi. Secondo le statistiche, sarebbero più di 500 milioni nel mondo, e almeno 400.000 in Italia, le persone affette da favismo.

Ma cos’è il favismo? Si tratta di una condizione caratterizzate dalla carenza o la riduzione della funzione di un enzima (sostanze che sostengono le reazioni chimiche dell’organismo) chiamato glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD). È genetica, quindi si può trasmettere dai genitori ai figli. Il gene per la produzione G6PD si trova sul cromosoma X. Pertanto, se l’unico cromosoma X presente negli uomini (XY) possiede il gene difettoso, tutti i loro globuli rossi saranno caratterizzati dalla mancanza dell’enzima. Le donne, invece, hanno due cromosomi X (XX) e di solito il gene difettoso si trova su uno soltanto, mentre l’altro è sano. Ciò vuol dire che il favismo nelle donne si manifesta in forma più lieve. Tuttavia le madri portatrici del gene difettoso possono trasmetterlo ai loro figli (con il 50% di probabilità per ogni gravidanza), mentre gli uomini solo alle figlie (con il 100% di probabilità per ogni gravidanza).

La riduzione o l’alterato funzionamento di questo enzima può comportare il rischio, in determinate condizioni, di sviluppare una forma di anemia acuta, cioè la distruzione improvvisa dei globuli rossi. Il G6PD, infatti, è contenuto soprattutto all’interno di queste cellule.

Una persona che presenta un deficit dell’enzima glucosio-6-fosfato deidrogenasi di solito non presenta sintomi o disturbi. Si definisce “fabica”, infatti, solo dopo aver avuto un episodio improvviso di distruzione dei globuli rossi, detta crisi emolitica, altrimenti lo è soltanto potenzialmente.

L’anemia acuta del favismo si manifesta con stanchezza, febbre, tachicardia (battito del cuore accelerato), dolori addominali, urine scure e ittero (ingiallimento della pelle e della parte bianca degli occhi). Sono segni che possono manifestarsi da poche ore fino a 1-3 giorni dopo aver mangiato delle fave, essere stati esposti ad alcuni farmaci o in caso di infezioni.

I responsabili del favismo sono, in particolare, due sostanze contenute solo nelle fave: la vicina e la convicina. Si tratta, infatti, di molecole non presenti negli altri legumi o solo in quantità trascurabili.

Utilizzo in cucina

Le fave sono legumi versatili in cucina più di quanto si creda e si prestano a tante ricette soprattutto della tradizione campagnola italiana che ne esaltano il sapore e consentono di fare il pieno di importanti nutrienti.

Si possono mangiare con o senza la buccia, ma e se sono un po’ più grandi, è meglio toglierla insieme alla protuberanza che si trova a lato della fava, vicino al cosiddetto “occhio”. Ciò le rende più dolci e meno amare al palato.

Sono gustose cotte al vapore o appena sbollentate, condite con un filo di olio extravergine e prezzemolo o basilico fresco, oppure cotte lentamente in padella con cipolla e lattuga tagliata a listarelle. Si possono anche frullare ottenendo una purea da associare alle verdure (la famosa ricetta di fave e cicoria tipica della cucina pugliese) oppure abbinandole ai cereali per un piatto proteico completo. O ancora, cucinarle con pancetta e cipolla come per i piselli o in insalata insieme al pecorino per una ricetta semplice e appetitosa.

Quando le fave fresche non sono disponibili, si può ripiegare su quelle secche, che però necessitano di ammollo (8 ore per le decorticate, almeno 12 se con la buccia).

Dopo l’ammollo vanno sbucciate, operazione che si può facilitare con un semplice accorgimento: sbollentarle per circa mezz’ora. Anche in questo caso sono perfette per zuppe e minestroni, per puree o creme, per un insolito pesto o cotte in forno. Ma attenzione: il sale va aggiunto solo a fine cottura per evitare che si induriscano.

 

Fonti