Belen e il sacrosanto diritto alla sofferenza

Vogliamo sfatare l' assioma che vuole le belle per forza felici? Non funziona così. Anche le belle soffrono.

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Irene Vella

Giornalista televisiva

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Pubblicato: 3 Giugno 2020 14:26

Ci risiamo, sono passati meno di dieci giorni dal mio ultimo articolo in cui raccontavo della mancanza di empatia nei confronti delle magre e una settimana dalla lettera d’amore nei confronti dei Ferragnez, che mi tocca scendere di nuovo in campo, manco fossi il primo ministro, per difendere Belen Rodriguez e il suo diritto alla privacy. Ma anche il suo diritto a essere triste.  Non che ne abbia bisogno perché la ritengo dotata di una bella testa oltre che di un bel corpo, e un bel viso, ma ho letto talmente tante cattiverie che da donna mi vergogno di appartenere a questo genere quando leggo le cose che alcune haters scrivono sotto i suoi post.

Partiamo dal presupposto che essere un personaggio pubblico non autorizzi nessuno all’insulto né tantomeno a condividere tutta la propria vita con i follower. Esiste anche per loro un diritto alla privacy che non può venire meno e che non può essere leso, trovo che essere costretti a mettere in piazza i propri sentimenti, quando magari si vorrebbe solo piangere in camera da soli, sia profondamente ingiusto. E non è perché una si chiama Belen ed è una fantagnocca che la sofferenza ti risparmia.

Ho guardato il video dell’argentina sentendo il suo dolore. Si chiama empatia, ma per dieci persone che ce l’hanno, ne esistono almeno il doppio che ne sono sprovvisti, e si sentono autorizzati a vomitare le loro frustrazioni sui profili social di persone note, come fosse un gioco.

Ho conosciuto Belen nel 2005, quando abitavo in Romagna, a Cesenatico. Quella sera avevo raggiunto un amico per cui curavo l’ufficio stampa, e allo stesso tavolo c’era lei insieme al fidanzato di allora Marco Borriello, e al fratello di lui. Insieme siamo entrati al Pineta poi io e lei siamo andate a prendere qualcosa da bere, e nonostante avessi solo 35 anni e me li portassi pure bene, la pista sembrava aprirsi quando passava la Rodriguez. Indossava un paio di shorts di jeans e una semplice tshirt bianca, a dimostrazione che quando sei una super mega gnocca non hai bisogno né di tacchi né di micro abiti.

Lei non camminava, sfilava, che a un certo punto fossi una che se le lega al dito mi sarei dovuta sentire una super mega caccola al suo confronto, invece per fortuna ho sempre avuto dalla mia un’alta autostima e anche il senso del limite, quando una è gnocca non le puoi dire che è carina, né te la puoi prendere se nessuno ti vede, non è colpa tua, è colpa sua :). Insomma dicevamo lei magari nemmeno si ricorderà di questa serata, ma io me la ricordo bene, soprattutto perché in quel poco tempo mi sono resa conto che la tipa in questione era pure simpatica, eh no, nemmeno un dente cariato. Avrei potuto mancare di empatia nei suoi confronti e invece no, perché la bellezza è come l’arte, se poi abbinata ad un bel cervello ancora di più, va preservata.

Quando la coppia Belen-Stefano si è rimessa insieme sono davvero stata felice per loro, il loro matrimonio a suo tempo aveva fatto sognare un po’ tutti, la love story anche. Il ballerino napoletano che ruba il cuore della più inseguita showgirl del momento, dopo anni di amore travagliato con Corona, insomma sembrava una favola. Non nego che quando si sono lasciati ho sempre sperato in un ritorno di fiamma, e quando i due hanno postato il loro nuovo primo bacio ho davvero gioito, perché quando una famiglia ritrova l’armonia non si può non essere felici. Bastava guardare il viso sorridente di Santiago, il loro bambino, per capire quanto sia importante la presenza di un papà e una mamma che ritrovano l’intesa dei primi tempi. Ma detto questo, c’è un limite all’invadenza nella vita dei personaggi famosi.

Noi non sappiamo perché in questo momento si siano allontanati, quello che sappiamo è che di nuovo ci sono persone che soffrono, una famiglia che soffre, e allora a che pro scrivere “Belen ha tradito Stefano con Iannone”, “Stefano ha tradito Belen, me l’ha detto mio cugino”? Perché costringere una donna che sta male a fare un video dove la voce si spezza e si capisce chiaramente che stia per piangere, solo per difendersi? E non mi interessa se la ragazza in questione viva sotto i riflettori da sempre, esiste il tempo del gossip, ed esiste il tempo del silenzio. E dispiace quando ad andarci di mezzo sono i figli, che non hanno nessuna colpa, e dispiace che le prime a lanciare accuse e a stracciarsi le vesti siano proprio le donne, o le madri di famiglia, che “signora mia” la Belen è sempre nuda se lo merita, dimenticandosi che l’argentina fa quello di lavoro, pubblicizzare anche la sua linea di costumi, o vogliamo farne una colpa solo perché c’ha un fisico da urlo e noi no?

E vogliamo anche sfatare quel cazzo di assioma che vuole le belle per forza felici? Non funziona così. Anche le belle soffrono. E quando le vediamo in tutta la loro naturale fragilità dovremmo essere al loro fianco, offrendo una spalla dove appoggiarsi, non dovremmo usare quella debolezza per sferrare colpi mortali. Ma perché noi donne non riusciamo a fare gruppo a prescindere? Perché non riusciamo a fare spogliatoio? Perché non capiamo che offendere una donna per il vestito che porta è come offendere se stesse? È come togliere credibilità al genere cui si appartiene.

Nessuno può giudicare il nostro modo di vestire o la nostra sofferenza. Nessuno può giudicare il modo di essere madre di un’altra. Nemmeno se la donna in questione è una persona famosa. Ed è una fantagnocca.

Si chiama rispetto.

Impariamolo.

Belen e il figlio Santiago (Instagram)