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Bebe Vio è stata leggendaria: vincere il secondo oro consecutivo non era affatto scontato. Non solo per la legge delle probabilità. No, i numeri non c’entrano nulla. Dopo Rio 2016, Bebe ha superato ampiamente se stessa, contro ogni aspettativa. Lo scorso 4 aprile, infatti, si è ritrovata a combattere contro un’infezione da stafilococco. La prima diagnosi era stata assolutamente categorica, quasi senza speranza, come ha raccontato la giovane schermitrice a Il Corriere.
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"Il 4 aprile mi sono dovuta operare, ho avuto un'infezione da stafilococco che è andata molto peggio del dovuto. La prima diagnosi è stata atroce: amputazione entro due settimane dell'arto sinistro, e morte entro poco". Una notizia che l'ha lasciata attonita, sconvolta, a pochi mesi dalle Paralimpiadi di Tokyo 2020. Eppure, Bebe non ha perso la speranza, e neppure i medici.
Poco dopo la vittoria a Tokyo 2020, Bebe è scoppiata a piangere: ha espresso tutta la sua gioia incontenibile, la sua felicità di trovarsi lì, di vestire d'azzurro ancora una volta i colori della medaglia. Dietro la sua reazione, c'è molto di più. C'è l'incredibile bellezza di essere viva, di avere sconfitto lo stafilococco, di aver superato quella paura e di avere trionfato, ancora una volta.
"Questa medaglia non è mia, ma di tutti loro", ha detto Bebe, riferendosi allo staff medico che l'ha aiutata a ottenere questo piccolo, grande miracolo. "Abbiamo preparato tutto in due mesi, io a Tokyo non dovevo esserci. Non so come abbiano fatto il mio fisioterapista Mauro Pierobon e il preparatore atletico delle Fiamme Oro Giuseppe Cerqua a fare questa magia".
Sì, è stata tosta per Bebe essere lì. Il suo trionfo ha un sapore di speranza, di vita. Questa medaglia non è come quella vinta a Rio: è ben diversa, perché porta il peso di una vicissitudine che ha reso la Vio ancor più forte e attaccata a questa splendida meravigliosa vita. "Non era scontato che tornassi a tirare". Eppure, eccola, agghindata coi colori della bandiera italiana; con le lacrime agli occhi e il cuore pieno di orgoglio.
"Sono felice, capito perché ho pianto così tanto?" La sua reazione non è passata inosservata, né ai social né ai giornalisti. Dopo la vittoria, in pochi secondi, Bebe ha rivissuto quegli attimi di aprile. Ha riascoltato le parole dei medici. Poi, ha aperto gli occhi, ha sentito gli applausi. E si è lasciata andare a qualcosa di più grande di lei: l'emozione di aver sconfitto ancora una volta l'ennesimo mostro che si era messo in mezzo tra lei e la sua enorme forza di volontà.