Marco D’Amore confessa a Verissimo il dolore del successo: “Mi sono chiuso”

L'attore di Gomorra, e non solo, ha raccontato le varie fasi della sua vita e del suo percorso d'artista, anche quelle più difficili

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista, redattore e copywriter. Ha accumulato esperienze in numerose redazioni, scoprendo la SEO senza perdere il suo tocco personale

Per la prima volta Marco D’Amore è stato ospite di Silvia Toffanin a Verissimo. Ha guardato al suo passato e raccontato la sua vita, a partire da un’infanzia che lo ha visto essere un po’ ribelle. Aveva tanta energia dentro di sé ma non sapeva gestirla e canalizzarla, ha spiegato. Per questo motivo risultava agli altri molto irascibile e disubbidiente.

Le regole gli stavano strette ma non c’era una chiara volontà dietro il suo atteggiamento, in primis nei confronti della sua famiglia: “Era il mio modo di reagire a quest’instabilità che mi governava”. Le sue coordinate sono poi giunte grazie al teatro. Questo diventa il suo posto preferito, in cui sentirsi se stesso.

Chi era il nonno di Marco D’Amore

La passione per la recitazione è qualcosa che di fatto è stata tramandata in famiglia. Ha saltato una generazione, passando da suo nonno Ciro a lui. Lo ha definito un personaggio un po’ bizzarro, molto severo anche a causa della guerra, ma appassionato di recitazione. Nel tempo ha raccolto esperienze importanti. Tantissimi sceneggiati Rai, per poi entrare nella compagnia di Nino Taranto.

“Io vedevo le foto di queste locandine e questi copioni sulla scrivania. Avevo nove anni e mezzo quando l’ho perso ma ricordo gli appuntamenti che prendeva con noi nipotini. Facendoci guardare le stelle, mischiava astronomia e cabala napoletana. Era il suo modo per farci proiettare i nostri sogni tra le stelle, senza guardare sempre a terra”.

Il contrasto con i genitori

Per quanto l’esempio di suo nonno sia stato fondamentale per Marco D’Amore, i suoi genitori invece avrebbero voluto altro. Ben felici di certo di vederlo diventare l’attore, regista e autore che è oggi, anni fa erano molto preoccupati.

“Si auguravano che la passione per il teatro rimanesse tale. Volevano che io riuscissi a condividere con un percorso di studi. A 18 anni, prima di partire con la compagnia di Toni Servillo, mi ero infatti iscritto all’Università, presso la facoltà di Lettere e Filosofia. Quell’esperienza mi ha però rapito. Ho capito che quando uno persegue con costanza un desiderio, non c’è molto spazio per altro”.

I suoi genitori alla fine si sono ricreduti, pur lasciando dentro di loro una chiara riserva. Lo dice col sorriso sulle labbra, ma sua madre ancora oggi gli consiglia di aprirsi un’attività. Qualcosa insomma che abbia maggior concretezza, che si possa vedere e toccare.

La vita a Milano

Per diventare l’attore e regista che è oggi, Marco D’Amore ha studiato molto. È però difficile vivere di solo teatro quando si è tanto giovani. Ha trascorso 3-4 anni a Milano, impegnandosi tra palco e numerose altre attività. Oggi ricorda quel periodo come il più importante della sua vita.

Si è di fatto ritrovato in una città dal respiro europeo, il che lo ha aiutato a guardare le cose da un’altra prospettiva. Una sorta di proseguo di quanto avviato da suo nonno, verrebbe da dire. Si è poi ritrovato a fare i conti con il mestiere scelto. Non era a casa con i suoi genitori e doveva studiare, lavorare e recitare.

“Tutto questo ti toglie dalla testa la vanità del successo e della popolarità. Devi fare i conti con te stesso. Se vuoi farlo davvero, abituati anche a queste rinunce, altrimenti lascia perdere. Così ho fatto il cameriere, lavorato in una piadineria, ho fatto volantinaggio e il babysitter. Con un gruppo di amici avevamo poi un piccolo numero di clownery. Andavamo in Piazza Duomo lavorando a cappello”.

Una lunga gavetta, come tanti (non tutti) del mondo del cinema ben sanno. Qualcosa che gli è rimasto dentro e oggi gli consente d’esprimere il suo enorme ringraziamento a tutte le persone che ruotano intorno al set.

Il malessere della popolarità

Il successo è giunto con Gomorra, come tutti sanno. Nessuno si aspettava questo trionfo, che è stato internazionale e non soltanto italiano. Marco D’Amore e Salvatore Esposito si sono ritrovati nel ruolo di “testimonial” della serie, ma lui ha vissuto male l’improvvisa popolarità.

“Sono una persona molto timida e riservata. Denuncio la mia difficoltà a esternare la gioia. Da una mattina all’altra, apri la porta e cambi tu agli occhi del mondo. Tutti ti inseguono e desiderano. Io non mi sentivo all’altezza di tutto ciò e allora mi sono chiuso”.

Ha però avuto al fianco quello che è diventato un altro fratello, oltre al suo di sangue Giuliano. Si tratta ovviamente di Salvatore Esposito, che lo ha aiutato molto: “Io lo adoro. È uno degli esseri umani più puliti e ingenui, nella migliore accezione del termine, che abbia mai incontrato. Lui è senza macchia. Averlo per tanti anni al fianco è una fortuna”.