Il problema dei casting (femminili): The Last of Us suona l’allarme

Il corpo di una donna come un oggetto da ammirare in scena, totalmente primario rispetto a qualsiasi forma di capacità nel restituire emozioni (da ignorare o condannare)

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista, redattore e copywriter. Ha accumulato esperienze in numerose redazioni, scoprendo la SEO senza perdere il suo tocco personale

C’è un problema sempre più evidente con i casting femminili nel mondo delle grandi produzioni. Lo sguardo oggi si rivolge soprattutto allo streaming, che domina sul cinema ormai da anni, e nello specifico sulle serie TV.

Tra prodotti originali, adattamenti, remake e reboot, ci si ritrova spesso a parlare di attacchi social. Plotoni d’esecuzioni virtuali che, ancor prima d’aver visto un prodotto, si cimentano in ogni sorta di offesa possibile ai danni dell’attrice individuata dalla produzione.

Ciò accade di continuo e in misura decisamente inferiore per gli uomini. Un esempio? L’adattamento targato HBO di The Last of Us ne offre svariati. Partiamo dalla prima stagione e arriviamo alla fase d’avvio di produzione della seconda.

The Last of Us: polemiche su Ellie

I casting di The Last of Us non sono mai stati una passeggiata di piacere. Di base il problema cardine riguarda la volontà di una certa frangia di pubblico nel ritrovare esattamente l’amato videogioco riproposto a schermo.

Fortunatamente Neil Druckmann si è approcciato al lavoro in maniera differente, sottolineando fin da subito l’importanza di offrire a tutto il pubblico (non giocatori compresi) l’essenza del prodotto. Si parla di esplorazione dei sentimenti e paure umane, così come di messaggi sulla vita, il concetto di famiglia e non solo.

Che senso avrebbe riproporre tutto alla stessa maniera, ignorando il differente medium sfruttato? Seguendo questa linea di pensiero, si è scelto di non optare per attori e attrici che fossero la copia sputata (per quanto possibile) dei personaggi tanto amati. Druckmann ha sempre spiegato, ed è tornato a farlo per la seconda stagione, d’aver dato assoluta precedenza al talento. Ecco la vera discriminante dei casting condotti, che hanno portato però Bella Ramsey, Kaitlyn Dever e Isabela Merced nell’occhio del ciclone.

Partiamo con la protagonista assoluta, Ellie. Per questo ruolo è stata scelta al tempo Bella Ramsey, che parte del pubblico considerava fin troppo differente dall’immagine che tutti hanno in mente della giovane immune al Cordyceps. Mai presa in considerazione la capacità attoriale di una giovane interprete che, anno dopo anno, ha messo in mostra notevoli capacità.

Apprezzatissima in Game of Thrones, ha poi avuto altre esperienze, come His Dark Materials, ma non abbastanza rilevanti da spingere la sua fama a far tacere le polemiche. Importante parlare dello status di celebrità acquisito, perché consente di fare un paragone cruciale con Pedro Pascal. Le differenze con il Joel del videogioco sono innumerevoli, ma questa parte è giunta in una fase in cui era all’apice del successo. Tutto il mondo lo voleva e così il pubblico si è detto entusiasta alla notizia. Le differenze estetiche pesano meno, molto, quando si è una star e, in generale, quando si è uomini.

The Last of Us: il caso Abby

Bella Ramsey ha messo a tacere numerose polemiche, non tutte, con le proprie capacità attoriali. Oggi si prepara a un tipo differente di attacco, stavolta non personale ma riferito in toto alla serie. Il secondo videogioco è infatti finito nel mirino di un certo tipo di pubblico, che ha provato inutilmente a boicottarlo.

Un capolavoro descritto come un disastro a causa di alcuni aspetti:

  • le donne sono assolute protagoniste;
  • maggior esplorazione della sfera sentimentale (il che non vuol dire ridurre il tutto all’amore);
  • storia d’amore tra due donne;
  • tema gender.

Di colpo è divenuto un gioco di propaganda, un capitolo che distrugge la serie videoludica e tanto altro ancora. Bella Ramsey oggi ha la pelle un po’ più dura e sa bene cosa aspettarsi. Il pubblico omofobo farà sentire la propria voce proprio come in occasione del terzo episodio della prima stagione. Oggi spiega di non essere in preda all’ansia: “Tutti possono pensare ciò che vogliono, ma le persone dovranno abituarsi. Se non volete vedere storie gay, per un personaggio trans, è un problema vostro. Ci state perdendo voi”.

Quanto è cambiato rispetto a poco più di un anno fa, quando faticava a navigare sui social perché in preda ad attacchi durissimi. Soltanto in tempi recenti ha superato tutto ciò, considerandosi una buona attrice nonostante il veleno riversato su di lei: “Mettevo giù il telefono e mi dicevo che forse era stata una cattiva idea. È stata la prima volta in cui ho reagito così male. Mi ha buttata giù, ma poi ho accettato d’essere Ellie”.

In molti speravano fosse stata licenziata, considerando come nel gioco ci sia un evidente salto temporale, ma non sarà così. Bella Ramsey sarà sullo schermo e al suo fianco sul set troverà Kaitlyn Dever. Quest’ultima si ritrova in una posizione assurda, a metà strada tra l’essere fatta a pezzi dai commenti per la parte ottenuta, e l’essere giudicata la perfetta Ellie che HBO avrebbe dovuto scegliere inizialmente.

La sua parte sarà quella di Abby in The Last of Us 2. Anche in questo caso il problema è l’aspetto. Nonostante la giovane attrice vanti maggior notorietà rispetto allo status della collega un anno fa, non le è stata risparmiata la gogna. Abby ha nel fisico parte della sua caratterizzazione, come può esserlo per il personaggio di Jack Reacher, ad esempio.

Dever è troppo esile, si dice, e tutti sembrano avere le idee decisamente chiare sul disastro che andrà in scena. Una polemica tanto prevedibile da far partire in automatico un esercito di utenti in difesa preventiva. In tanto l’hanno sostenuta, provando a spingere giù i commenti d’odio, pregandola di ignorare tutto ciò.

Ancora una volta, dunque, l’aspetto batte il talento, continuando a essere l’elemento cardine nelle fasi di valutazione del pubblico. Come dimenticare quanto accaduto con numerosi personaggi di Game of Thrones. Tutto ciò avviene soprattutto nei progetti d’adattamento, ma non solo. Le donne continuano a essere valutate prima per l’impatto estetico che offrono sullo schermo, se non esclusivamente. Degli oggetti di scena da ammirare da lontano e molestare sui social.

Uomini contro donne e altri esempi

La pioggia di polemiche su The Last of Us non è però ancora terminata. Prima di passare alla controparte maschile, facciamo un salto sul profilo Instagram di Isabel Merced. Lei è stata scelta per interpretare Dina. Ciò vuol dire portare su schermo il suo carattere, la sua forza e la sua capacità d’amare. Un personaggio, il suo, che offre un interessante contraltare a Ellie. Si muove nel mondo in maniera differente, offrendo al pubblico un ulteriore elemento del ventaglio di colori ed emozioni che gioco e serie propongono.

Eppure sui social si parla di aderenza al personaggio, nell’aspetto e non solo. Un utente riduce il personaggio a due elementi: lei è ebrea e gay. Ecco tutto ciò che è stato assimilato dalle sue scene a schermo nel gioco. Scelta errata, dunque, in fase di casting: “Non credo tu sia bisessuale o ebrea. Due elementi per i quali Dina viene ricordata”. “Cos’è questo casting. Sei un’ottima attrice ma non ti vedo come Dina”. “Continuerà a essere ebrea o la renderanno ispanica?”. “Sei troppo bella per interpretare Dina”.

Se si parla di donne un motivo c’è. Anche Nico Parker, che nello show appare appena, è stata tempestata di critiche per il suo ruolo di Sarah Miller (figlia di Joel). E gli uomini? Abbiamo già parlato di come la fama di Pedro Pascal e l’amore che il pubblico ha per lui aiuti a superare qualsiasi differenza estetica.

Lo stesso è accaduto con Gabriel Luna, facilmente accettato come Tommy, nonostante non ricordi affatto il personaggio del gioco. Parlando di nuove aggiunge, c’è da fare il nome di Young Mazino. Sarà Jesse nella seconda stagione e l’aria che si respira sul suo Instagram è di assoluta approvazione. Grande entusiasmo e apprezzamenti estetici, ma soprattutto enorme voglia di vederlo in scena.

L’aspetto conta, per le donne. Ecco la regola. O per meglio dire conta per il pubblico maschile, con riferimento a questi oggetti di scena animati, come detto, sui quali fantasticare. Un esempio evidente è dato da un altro adattamento, quello Netflix del celebre anime Cowboy Bebop. Ora, al di là del pessimo risultato di questa produzione, va sottolineata la pioggia di critiche che ha travolto Daniella Pineda, interprete di Faye Valentine.

Il suo personaggio è avvenente e, come Fujiko Mine nel mondo di Lupin, è solita confondere gli uomini col suo fascino, ottenendo ciò che vuole. Che dire, i fan non sono stati folgorati dalla sua bellezza, che è evidentemente tutto ciò che conta. Si sarebbero aspettati una fisicità più “bombastica” e, dunque, una maggiore aderenza al personaggio disegnato: “Volevo scusarmi con i fan per il fatto che non corrisponda anatomicamente al personaggio di Faye Valentine. Hanno cercato quella donna ovunque e non sono riusciti a trovarla. Strano. Hanno quindi pensato bene di scegliere me e il mio culo basso”.

Ecco tutto ciò che conta, l’aspetto. E anche quando questo convince, è importante che il corpo della donna venga ben mostrato. Nel caso di Cowboy Bebop, infatti, parte della polemica era data dai suoi abiti, meno succinti di quanto ci si sarebbe aspettato.

Si continua a sperare che tutto ciò sparisca e che le nuove generazioni, con la loro visione illuminata e armoniosa, prendano il sopravvento. La verità è che certe idee superano la sfida del tempo, altrimenti sarebbero svanite da molti decenni. Ciò che accade oggi, però, è che di tutto questo si parla e apertamente. Un nuovo tassello nella lotta all’ignoranza. Una donna è una donna e non il suo contenitore, che sia reale o virtuale. Qualcuno ha per caso detto “Aloy grassa e non abbastanza femminile” in Horizon Forbidden West?