Andrea Spezzacatena aveva 15 anni, e quella giovane età l’avrà per sempre. Il ragazzino solare e allegro, nato e cresciuto a Roma, si tolse la vita nel 2012. Il gesto estremo fu conseguenza di un disagio interiore e mai confidato, nato a causa di spietate prese in giro, dal vivo e sui social. A scatenarle un paio di pantaloni stinti. Si chiama Il ragazzo dai pantaloni rosa il film che racconta la sua storia, presentato alla Festa del Cinema di Roma.
Il ragazzo dai pantaloni rosa, il film contro il cyberbullismo
Il ragazzo dai pantaloni rosa, che ha fatto il suo esordio nella sezione dedicata ai ragazzi della Festa del Cinema di Roma, è diretto dalla regista Margherita Ferri. Racconta di un suicidio, ma celebra la vita: “Abbiamo voluto celebrare la vita di un ragazzo, nonostante il tragico epilogo, che fosse come un invito a rivedere la vita di Andrea e a riflettere sul peso delle parole e delle azioni verso gli altri”, ha spiegato Ferri. A interpretare Andrea, il giovane attore Samuele Carrino: “L’importanza di questo film è enorme, deve colpire il cuore di tutti, anche delle persone più dure, deve far sciogliere il cuore di tutti”.
Il ruolo della madre del giovane vittima di bullismo spetta invece alla veterana del cinema italiano Claudia Pandolfi: “Ho sentito molto la responsabilità di questo racconto, da interprete, da essere umano che si muove in questa società, sono mamma, questa storia ci riguarda da vicino tutti, sorprendentemente, più di quanto ci immaginiamo, ed era un film davvero da fare e con questo atteggiamento di grande rispetto”.
La madre di Andrea: “Ho trasformato il mio dolore”
A rendere possibile la realizzazione di un film così importante è stata Teresa Manes, la madre di Andrea, che da anni gira per le scuole italiane sensibilizzando i più giovani sulle tragiche conseguenze del cyberbullismo, subdolo perché c’è lo schermo a proteggere i carnefici, ma rende le vittime esposte alla mercé di accusatori potenzialmente infiniti.
“Ho deciso di trasformare il mio dolore, l’ho progettualizzato in qualcosa che potesse essere utile a tanti altri ragazzi perché il dolore può educare” ha dichiarato Manes a AdnKronos. “Non ho rabbia. Forse l’ho avuta all’inizio. Ora la mia battaglia è abbattere il muro del silenzio e dell’indifferenza, ma soprattutto tirare la giacca all’adulto e chiamarlo alle sue responsabilità perché in molte famiglie i figli vengono lasciati soli. È importante rompere il silenzio perché da soli è difficile uscire da simili situazioni”.
Fischiato nelle scuole
Il ragazzo dai pantaloni rosa, tratto dal libro scritto dalla stessa Teresa Manes, è importante. E lo diventa ancora di più a guardare l’accoglienza ricevuta dalle centinaia di studenti riuniti all’Auditorium di Roma per vederlo per la prima volta. Nel corso della proiezione in sala si è attuato quello stesso atteggiamento che ha spinto Andrea, e troppi ragazzi come lui, a chiudersi nel proprio dolore. Ci sono stati fischi, battutine omofobe e sfottò.
I bulli al cinema sono stati pochi, eppure ancora troppi. Simbolo di una realtà ancora troppo chiusa, crudele e intollerante. E proprio è per questo è importante continuare a raccontare la storia di Andrea Spezzacatene, continuare a lottare contro l’intolleranza superficiale e tagliente, a dare voce a tutti quei giovanissimi che, al contrario dei loro coetanei, quel dolore lo comprendono e sono pronti a combatterlo senza paura.