Le coppie felici fanno più sesso?

Ogni coppia ha i suoi ritmi e la soddisfazione sessuale non dipende solo dalla frequenza dei rapporti. Conta invece la compatibilità di desideri e fantasie.

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Veronica Colella

Sex Editor

Content writer con una laurea in Scienze antropologiche e un passato tra musei e archivi. Scrive di sessualità e questioni di genere da un punto di vista sex positive, con la consapevolezza che non esistono risposte semplici a psicodrammi complessi.

Pubblicato: 1 Ottobre 2019 18:00Aggiornato: 31 Marzo 2022 10:24

Ogni quanto bisogna fare sesso per essere una coppia felice? La domanda è meno scontata di quanto sembri. Se è vero che la mancanza di rapporti può incidere negativamente sulla relazione, secondo molti esperti non esiste una frequenza standard a cui attenersi. Nel 2017, uno studio longitudinale pubblicato su Archives of Sexual Behavior ha confermato che per molte coppie sposate la soddisfazione sia piuttosto una questione di qualità e non di quantità. Dai questionari proposti alle 168 coppie eterosessuali che hanno preso parte alla ricerca, intervistate quattro volte nell’arco di 13 anni di matrimonio, sembra che la frequenza dei rapporti, presa da sola, non sia un indicatore affidabile della salute della relazione. Conta di più che il sesso sia appagante, criterio che con i numeri ha ben poco a che fare. In gioco ci sono poi altri fattori, come la connessione emotiva e i piccoli gesti di affetto che fanno sentire apprezzati e valorizzati anche fuori dal letto.

La frequenza ideale è soggettiva

La formula magica insomma non c’è, almeno ragionando sui numeri. Esiste certamente una media, fermo restando che persino nei questionari anonimi i partecipanti non sono sempre del tutto sinceri. Tuttavia, non è su quel numero che dovremmo basare le nostre aspettative. «L’insoddisfazione sessuale è la causa di molte separazioni, quindi sappiamo che questo aspetto può incidere sulla stabilità della coppia» concede la dottoressa Roberta Calvi, psicologa e sessuologa a Rimini. «Detto questo, non c’è una frequenza normativa che permetta di stabilire a priori quanti rapporti si debbano avere alla settimana o al mese per garantire la salute della relazione. È un criterio molto soggettivo: una frequenza di una volta a settimana, per esempio, potrebbe essere considerata tanto o poco a seconda della persona a cui lo si chiede».

Le coppie felici insomma sono quelle in cui i desideri di entrambi trovano un punto di incontro, non solo per quanto riguarda la frequenza dei rapporti. «Da questo punto di vista è molto importante avere fantasie sessuali compatibili e complementari, o assicurarsi di attribuire al sesso la stessa priorità. Ognuno ha le sue aspettative e le sue variabili emotive, farne una questione puramente numerica rischia di appiattirci tutti su un unico modello» chiarisce l’esperta.

Le dinamiche del desiderio

Se per molte coppie è difficile tenere il passo con l’attività sessuale dei primi tempi, non significa che l’attrazione sia svanita. «Bisogna tenere presente che in una neo-coppia si è attratti dalla novità, dall’incontro con quello che a tutti gli effetti è ancora uno sconosciuto. Questa situazione poco familiare attiva il rilascio di adrenalina e cortisolo, i cosiddetti ormoni dello stress… è come salire sulle giostre, essere degli estranei l’uno per l’altra dà grande eccitazione. Una volta che il rapporto è diventato stabile e profondo ovviamente quel senso di novità non c’è più. Dal punto di vista clinico si passa dall’attrazione all’attaccamento, una fase forse meno intensa ma che apre a una sessualità più romantica, in cui la voglia di avere rapporti si genera più dal sentimento, dal contatto con l’altro» prosegue la dott.sa Calvi. «In più, di mezzo c’è anche la vita quotidiana: se si diventa genitori le occasioni di rimanere soli si riducono, o magari è il lavoro che ha turni incompatibili… e questo può creare una dinamica per cui il sesso è confinato ai momenti in cui si è più liberi e meno saturati da altri impegni, senza che questo crei necessariamente insoddisfazione. Può capitare inoltre che nel tempo l’intimità emotiva finisca per sublimare la sessualità, rendendo più difficile passare dalle coccole sul divano ai rapporti veri e propri, ma questa mancanza oggettiva non è sempre percepita come un problema».

Esistono anche i fattori contingenti, come i bisogni emotivi. «Se ho delle insicurezze personali e ho bisogno di sentirmi desiderata sessualmente per sentirmi bella e adeguata, avere meno rapporti può intaccare l’autostima. E viceversa, perché la sessualità è legata alla regolazione delle emozioni. Non a caso le coppie in cui si litiga spesso sono anche quelle più passionali, almeno quando la pulsionalità della rabbia viene canalizzata attraverso il sesso».

Se il desiderio svanisce

Il bello delle relazioni lunghe è che si condivide la buona e la cattiva sorte. E ogni tanto può capitare che il desiderio di uno dei partner abbia fasi calanti, anche se fino a quel momento l’intesa sembrava perfetta. «La premessa è che il quantum del desiderio è influenzato da vari fattori, non si tratta solo di valori ormonali e processi biochimici. Pesano anche l’umore, lo stress, i disturbi come ansia e depressione e le eventuali problematiche all’interno della coppia» prosegue l’esperta. «Parliamo di conflitti espliciti o latenti, o anche di rancori non risolti. Questa tensione può avere una ricaduta negativa sul desiderio, facendo sì che non si cerchi più il contatto con l’altro. Ecco perché di solito i percorsi proposti dai sessuologi a queste coppie non si basano su compiti strettamente sessuali. Si cerca di ricostruire prima un riavvicinamento intimo in senso più ampio: si lavora sulla corporeità, sul ristabilire il contatto con l’altro e sul recuperare l’affettuosità perduta».

Quando il problema è fuori dal letto

A riprova del fatto che non basta fare sesso più spesso per tornare a essere felici, uno studio condotto nel 2015 da esperti della Carnegie Mellon University conferma che intensificare i rapporti a tavolino rende il sesso più simile a un dovere che a un piacere. E in caso di forte conflitto potrebbe addirittura essere controproducente. «Se la coppia è molto in conflitto la terapia sessuologica non è la più indicata, anzi, rischia di far saltare tutto» conferma la dott.sa Calvi. «È il terapeuta a valutare se il problema sessuale è primario o secondario, ovvero se è proprio quello che ha innescato il conflitto. Ci sono anche coppie che in realtà questo problema lo hanno sempre avuto, ma lo hanno ignorato perché è stato sepolto da mille altre cose. Alla lunga purtroppo due persone non riescono a stare insieme se non hanno un minimo di feeling sessuale, perché nella sua dimensione più profonda la sessualità include anche l’intimità di coppia. Desideri troppo discordanti potrebbero creare una tensione storica difficile da dissipare».

Situazioni così complicate potrebbero anche essere il risultato di una scelta inconscia, fatta a monte. «Le persone non si scelgono mai a caso, nemmeno da un punto di vista sessuale. A volte esistono anche gli incastri negativi, come nel caso di alcune coppie bianche: l’astinenza sessuale fa soffrire, ma allo stesso tempo è una situazione voluta. Può capitare di avere problematiche di cui non si è consapevoli e che portano a cercare dinamiche complementari, in modo da mantenere la situazione così com’è, magari per paura di affrontarla e di mettersi in discussione. In questo caso aiuta rivolgersi a uno psicologo o a uno psicoterapeuta, oppure a un sessuologo con formazione psicologica» conclude l’esperta.