Quattro anni fa prendeva il via #afiancodelcoraggio, iniziativa voluta da Roche per mettere in luce attraverso la narrazione il ruolo ed il valore di chi si prende cura di chi affronta una malattia. L’iniziativa era iniziata “raccogliendo” e raccontando storie di uomini che assistevano donne con tumori ginecologici, poi sono state protagoniste le vicende di chi si occupava di malattie del sangue come l’emofilia e di sclerosi multipla. Ora, nella quarta edizione, si è ritornati a parlare di cancro. In quattro anni, tuttavia, gli orizzonti della cura stessa dei tumori sono cambiati, in meglio. Le ricorda Giordano Beretta, Presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), che segnala il valore della presa in carico da parte del caregiver e del suo racconto per “umanizzare” la sfida ai tumori.
La malattia sarà sempre più “cronica”
In pochi anni, i progressi delle cure dei tumori sono stati continui. Ed oggi, grazie alla sempre maggiore disponibilità di farmaci che vanno a colpire esattamente un bersaglio specifico insieme al fatto che gli specialisti stanno usando sempre meglio l’immunoterapia, non è più un sogno parlare di cancro come di una malattia cronica, che si tiene sotto controllo che aiuta il corpo a difendersi da solo. “C’è stato un grande sviluppo della scienza e della ricerca che ci sta consentendo, almeno per alcune forme di tumore, di puntare sull’obiettivo della cronicizzazione, cioè di seguire nel tempo con le cure mirate la malattia rendendola quindi cronica” spiega Beretta. “Si tratta di un passo avanti fondamentale che le persone debbono conoscere in una visione che deve vedere il paziente e i familiari sempre più protagonisti informati delle scelte di cura. Solo grazie all’informazione si riesce a creare quella concordanza di obiettivi e di scelte condivise che possono permettere di ottenere i migliori risultati nella sfida ai tumori”.
Ovviamente, in questo senso, “ascoltare” le esperienze di altri che stanno affrontando la stessa sfida, vicino a chi soffre, diventa uno strumento di conoscenza oltre che una testimonianza. Proprio in questo sta il valore di #afiancodelcoraggio: raccontando e vivendo attraverso la narrazione le vicende di altri aggiungiamo tasselli di informazioni importanti nella sfida al cancro. “Attenzione: non pensate che tutto debba passare attraverso i progressi della tecnologia e della scienza o che la possibilità di “incontrarsi” a distanza attraverso vari dispositivi possano sostituire il calore della mano del medico che si appoggia sull’addome del paziente o una parola detta a quattr’occhi” ricorda Beretta. “Questi aspetti, a prescindere da quanto siamo stati “allontanati” dai nostri pazienti in epoca di Covid-19, saranno sempre al centro del lavoro del medico ed in particolare dell’oncologo, che deve fare dell’empatia e del rapporto con il paziente e con chi lo assiste veri e propri “strumenti” di cura”.
L’impatto di Covid-19 sulla diagnosi precoce e sulla cura dei tumori
Stando ai dati diffusi recentemente da AIOM la pandemia da Covid-19 ha messo e continua a mettere a dura prova il sistema sanitario, causando ingenti ritardi sulle attività di screening – circa 1.400.000 esami in meno rispetto ai primi 5 mesi del 2019 – e sugli interventi chirurgici, una diminuzione delle visite del 57% e delle diagnosi del 50%. Ovviamente, oltre a questi aspetti clinici e preventivi, bisogna ricordare le parole di Beretta: si cura il malato, con tutta la sua vita, i suoi sogni, le sue amicizie, le sue passioni. E non la malattia. Così #afiancodelcoraggio diventa un modo di dare sostegno alla situazione emotiva dei malati oncologici e dei loro caregiver, che insieme all’ansia per il rischio di pandemia stanno affrontando un tumore e devono gestire emotivamente sia la malattia, sia il sentimento collettivo. L’iniziativa vuole dare sostegno e valore a questo coraggio, un’impresa quotidiana di chi cerca la forza in un sorriso, in un dipinto, in uno sguardo. Insomma: è un’iniziativa pensata a sostegno delle donne, ma i cui protagonisti sono uomini.
Con il contributo di Roche S.p.A.