Tumori, quanto pesano scolarità e finanze dopo una diagnosi di cancro

La tossicità finanziaria, dopo una diagnosi di cancro, colpisce il 26% dei malati e dipende da diversi fattori tra cui i costi per recarsi nei luoghi di cura

Foto di Federico Mereta

Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 5 Febbraio 2024 13:14

A fronte degli oggettivi progressi nella conoscenza e nella cura delle patologie tumorali, con netti incrementi della sopravvivenza e della qualità di vita dei malati in molte forme neoplastiche, rimangono problemi sociali e sanitari per l’impatto di queste patologie sulle persone e sulle famiglie, sull’accesso alle cure.

E poi….. Poi c’è la cosiddetta tossicità finanziaria. Perché una diagnosi di tumore, anche sotto l’aspetto economico, può essere difficile da sostenere. Occorre quindi pensare anche a questi aspetti, nell’ottica di “Close the Care Gap”, lo slogan che accompagna questa giornata. Occorre insomma colmare le diseguaglianze nelle cure.

Il peso della scolarità e della situazione economica

Stando a quanto emerso in un convegno tenutosi presso l’Istituto superiore di Sanità a Roma, il livello di istruzione rappresenta una variabile importante quando ci si torva ad affrontare un tumore.

In Italia circa un quarto delle morti per cancro è riconducibile a bassi livelli di istruzione. Quasi 30mila (29.727) decessi oncologici nel 2019 nel nostro Paese, nella popolazione fra 30 e 84 anni, sono infatti correlabili alla scarsa scolarità (22.271 morti negli uomini e 7456 nelle donne), come evidenziato in uno studio pubblicato sul Journal of Public Health.

Tra i determinanti socioeconomici in grado di influire sulla mortalità da cancro rientra pertanto il livello del ciclo di studi, che spesso condiziona anche la successiva capacità di reddito. Una diagnosi di cancro, inoltre, può causare ulteriori difficoltà economiche nei pazienti.

È la cosiddetta tossicità finanziaria, che colpisce il 26% delle persone con neoplasia ed è legata a diversi fattori, tra cui i costi che i malati devono sostenere per recarsi nei luoghi di cura. Basti pensare che, nel 2022, in Italia quasi 28mila pazienti oncologici hanno cambiato Regione per curarsi, in particolare per un intervento chirurgico. Ma servono strumenti per individuare tutte le cause della tossicità finanziaria e proporre alle Istituzioni le soluzioni per porvi rimedio. È italiano il primo questionario al mondo in grado non solo di misurare questa condizione ma anche di definirne i motivi nel contesto di un servizio sanitario pubblico.

Un questionario su misura per i pazienti

La tossicità finanziaria interessa anche i pazienti di sistemi sanitari universalistici come il nostro – spiega Francesco Perrone, Presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica – AIOM. Abbiamo già dimostrato, in uno studio su 3.760 cittadini con tumore in Italia, che al momento della diagnosi il 26% deve affrontare problemi di natura economica e il 22,5% peggiora questa condizione di disagio durante il trattamento. Questi ultimi, inoltre, hanno un rischio di morte nei mesi e anni successivi del 20% più alto. Alla luce di questi dati, ci siamo chiesti quali fossero le cause.

Da qui il questionario PROFFIT (Patient Reported Outcome for Fighting Financial Toxicity), composto da 16 affermazioni sui cui i pazienti sono chiamati a esprimere o meno il loro assenso. Negli Stati Uniti è stato sviluppato COST, un questionario composto da 11 affermazioni che esplorano e misurano le conseguenze, prevalentemente psicologiche, della tossicità finanziaria, senza però indagarne le cause, che vengono date per scontate. In PROFFIT, invece, 9 affermazioni riguardano proprio le cause delle difficoltà economiche e 7 ne misurano le conseguenze”.

Le 16 affermazioni di PROFFIT toccano diversi temi, a partire dalla qualità della interazione tra il paziente e gli operatori sanitari e dalla capacità di questi ultimi di parlarsi e costruire una rete di accoglienza, in cui il malato si senta preso in carico, fino alle spese che il sistema non copre.

“Alcune uscite – continua Perrone – riguardano il ricorso più o meno frequente alla sanità privata. Altre toccano farmaci supplementari o integratori, oppure trattamenti aggiuntivi utili, ad esempio la fisioterapia che è difficile praticare nel sistema pubblico. Poi c’è la logistica: la distanza tra la casa e il luogo dove si ricevono le cure e le spese di trasporto da sostenere. E questo non solo nei casi estremi di migrazione sanitaria da Sud a Nord.

I problemi possono nascere per raggiungere dalla provincia i centri specialistici nelle grandi città. Insomma, una serie di determinanti, sui quali vogliamo sensibilizzare i decisori politici e gli amministratori, che possono mettere in campo politiche di cambiamento. PROFFIT è a disposizione della comunità scientifica ed è stato validato in lingua inglese per la sua applicazione anche nel Regno Unito, perché è utile in tutti i contesti in cui vi sia un sistema sanitario pubblico. È importante che nessun cittadino, dalla prevenzione all’accesso alle cure, sia lasciato indietro. Per questo chiediamo più investimenti e più personale, anche per liberare i clinici dai troppi adempimenti burocratici. L’Oncologia è un cardine del Servizio Sanitario Nazionale, ma va sostenuta con misure strutturali”.

Il valore delle cure

“L’Oncologia italiana, se adeguatamente supportata, può affermarsi come un motore di sviluppo in ambito non solo scientifico, ma anche economico e sociale – spiega Mauro Biffoni, Direttore Dipartimento Oncologia e medicina molecolare dell’ISS -. La qualità del nostro Sistema Sanitario è testimoniata dalla sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi, che presenta tassi più alti rispetto alla media europea nei tumori più frequenti. La ‘Giornata Mondiale contro il Cancro’ vuole evidenziare le differenze nelle cure.

Anche in Italia vi sono disparità che devono essere superate, perché nessuno rimanga indietro e tutti possano accedere non solo alle terapie più efficaci ma anche ai programmi di screening, indipendentemente dal luogo in cui vivono”. Nel 2023, in Italia, sono state stimate 395.000 nuove diagnosi di tumore.

“Le persone con un alto livello di istruzione – afferma Saverio Cinieri, Presidente Fondazione AIOM – dispongono di più strumenti per comprendere l’importanza della prevenzione, per interpretare le informazioni utili sui sintomi della malattia e per adottare comportamenti che possono influire sull’efficacia delle terapie.

Da qui il tasso di mortalità per cancro più elevato nei cittadini meno istruiti. È necessario potenziare le azioni volte a diffondere l’adozione consapevole di uno stile di vita sano e attivo in tutte le età, promuovendo campagne mirate. La sedentarietà disegna un gradiente sociale a svantaggio delle persone con maggiori problemi economici o bassa istruzione, fra le quali raggiunge il 43% rispetto al 25% dei cittadini che non vivono questa condizione. E l’obesità è pari al 17% fra gli individui con svantaggio sociale rispetto al 9% di chi non ne riferisce. Nel 2022, la prevalenza del fumo fra le persone con molte difficoltà economiche era pari al 37% ed analoga a quanto si osservava nel 2008, mentre fra chi non ha problemi finanziari la quota di fumatori è scesa dal 27% al 22% fra il 2008 e il 2022. Accanto alla prevenzione primaria è necessario migliorare, soprattutto nelle Istituzioni, la consapevolezza del legame fra inquinamento atmosferico e cancro”.

l peso dell’ambiente sulla salute

“L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rilasciato ripetuti aggiornamenti delle linee guida per la qualità dell’aria – sottolinea Paolo Vineis, Ordinario di Epidemiologia Ambientale all’Imperial College di Londra -. I limiti raccomandati per il PM2.5, il particolato fine che è considerato cancerogeno per l’uomo, sono passati da 10 a 5 microgrammi per metro cubo. Nell’ottobre 2022, la Commissione Europea ha proposto una nuova Direttiva per allinearsi con le linee guida OMS e per raggiungere l’ambizioso obiettivo di ‘inquinamento zero’ fissato dalla Commissione per il 2050, che comporterebbe, tra l’altro, la riduzione del numero di morti premature attribuibili al particolato fine del 55% al 2030, rispetto al 2005.

La norma italiana prevede attualmente un valore medio massimo annuale per il PM2.5 di 25 microgrammi per metro cubo. Nel 2023 quattro Regioni, tutte nella Pianura Padana, una delle aree più inquinate in Europa, si sono opposte alla revisione della Direttiva europea sulla qualità dell’aria, chiedendo valori limite degli inquinanti meno stringenti rispetto a quanto proposto e una deroga temporale. L’Italia, pertanto, rischia di rimanere indietro nella lotta al cambiamento climatico e all’inquinamento ambientale, avviata dalla Commissione Europea con il Green Deal”.