Tumori del sangue, le sfide del futuro per vincerli

I tumori del sangue più frequenti sono i linfomi, le leucemie e il mieloma multiplo: la ricerca apre la via a nuove cure

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 26 Ottobre 2021 09:10

Sette persone su dieci, considerando tutte le possibili malattie oncoematologiche, sopravvivono o sono del tutto guarite dieci anni dopo la diagnosi. Ma la scienza non si ferma. Occorre trovare sempre nuove soluzioni per affrontare queste patologie, specie nelle forme più serie, attraverso linee successive di trattamento.

Cosa sta succedendo? Gli esperti sono riuniti a Milano, per il Congresso Nazionale della Società Italiana di ematologia (SIE) proprio per disegnare il futuro.

Identikit dei nemici

I tumori del sangue più frequenti sono i linfomi, le leucemie e il mieloma multiplo, che ogni anno in Italia fanno registrare circa 30mila nuovi casi, di cui oltre 13mila sono linfomi non Hodgkin – spiega Paolo Corradini, Presidente SIE -. Il ‘mondo’ dell’ematologia è cambiato profondamente nell’ultimo biennio, oggi entriamo nell’era post covid. E la ricerca del nostro Paese apre nuove strade.

Uno studio tutto italiano su 190 pazienti con linfoma non Hodgkin aggressivo ha evidenziato che il 40% guarisce grazie alla terapia cellulare con CAR T. Un risultato ottenuto con una singola infusione, quindi senza necessità di terapia di mantenimento, in persone prive di ogni alternativa terapeutica. Le CAR T si basano sui linfociti del paziente modificati geneticamente. Il procedimento è complesso e comprende varie fasi: dalla raccolta dei linfociti T dal sangue, alla loro ingegnerizzazione ed espansione in laboratorio, fino alla reinfusione nel paziente”.

“Grazie a questo approccio – continua Corradini -, si stanno evidenziando risultati significativi in persone che hanno esaurito ogni alternativa terapeutica anche nel mieloma multiplo. La malattia fa registrare 5.800 nuovi casi ogni anno in Italia. Nello studio KarMMa su 128 pazienti pesantemente pretrattati, il tasso di risposta globale ha raggiunto il 73%. La sopravvivenza globale mediana ha superato i due anni. Risultati molto importanti, se pensiamo che per questi pazienti con mieloma multiplo privi di alternative di cura, prima dell’arrivo delle CAR T, l’aspettativa mediana di vita era compresa fra 6 e 9 mesi”.

Attenzione: questo non significa che i linfociti “addestrati” siano l’unica arma per cercare di dare vigore al sistema immunitario dell’organismo impegnato a combattere il tumore. Basti pensare agli anticorpi bispecifici, che stanno rivoluzionando la cura della leucemia linfoblastica acuta, tumore raro dei linfociti, che causa ogni anno quasi 800 nuove diagnosi nel nostro Paese.

“È però il più frequente in età pediatrica: rappresenta l’80% delle leucemie e circa il 25% di tutti i tumori negli under 14 – spiega Pier Luigi Zinzani, Presidente Commissione Attività Formative della SIE -. L’incidenza raggiunge il picco tra i 2 e i 5 anni e poi cala con l’aumentare dell’età. Due studi italiani possono cambiare la storia della malattia.

Nel primo, su 149 pazienti, grazie alla combinazione della sequenza costituita dalla chemioterapia con un anticorpo bispecifico, è stata evidenziata una risposta completa del 90% e la remissione molecolare è passata dal 73% al 96% dopo l’aggiunta dell’anticorpo. Quest’ultimo parametro indica l’impossibilità di visualizzare una minima quantità di cellule malate con un test molecolare.

Il secondo studio dimostra che è possibile trattare la malattia senza la chemioterapia, combinando una terapia mirata con l’anticorpo bispecifico. La remissione è stata ottenuta nel 98% dei casi. L’anticorpo bispecifico è alla base di un nuovo principio di cura, una forma innovativa di immunoterapia: crea un ‘ponte’ tra due proteine diverse, il recettore espresso sulla superficie delle cellule T e quello sulla superficie delle cellule B. In questo modo il sistema immunitario viene stimolato a riconoscere le cellule tumorali e a combatterle”.

Il futuro nei geni

La terapia genica apre nuovi fronti anche nella beta talassemia. “In Italia, uno dei Paesi al mondo più colpiti, vivono circa 7.000 pazienti con questa malattia genetica, ereditaria, causata da un difetto di produzione dell’emoglobina, la proteina responsabile del trasporto di ossigeno in tutto l’organismo – sottolinea Emanuele Angelucci, Vice Presidente SIE -.

Sono costretti a sottoporsi a regolari trasfusioni di sangue ad intervalli di 2-3 settimane per tutta la vita. E assumono ogni giorno una terapia ferrochelante, per limitare l’accumulo di ferro in organi come cuore, fegato e pancreas.

Uno studio internazionale, presentato da Franco Locatelli, Presidente del Consiglio Superiore di Sanità, ha evidenziato che la terapia genica è in grado di ottenere in questi pazienti la indipendenza dal fabbisogno trasfusionale. In questo studio l’indipendenza dalle trasfusioni è stata ottenuta in 35 su 44 pazienti sottoposti alla terapia genica.

Prima che la terapia genica diventi realmente disponibile ci saranno da definire diversi aspetti, tra cui il problema della sostenibilità delle terapie innovative molto costose, delineando nuovi modelli per garantire l’accesso a tutti i pazienti”.