Pubertà precoce, potrebbe contare anche l’esposizione alla luce blu

L'eccessiva esposizione ai dispositivi elettronici potrebbe causare scompensi ormonali e condurre alla pubertà precoce. Gli studi condotti finora

Foto di Federico Mereta

Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Tablet. Smartphone. Collegamenti a ogni ora. E a volte anche i più piccoli rimangono connessi sia di giorno che di notte. Il tutto con un’esposizione alla luce blu che potrebbe non avere influenze soltanto sulla vista. Addirittura, si ipotizza che questo tipo di luce potrebbe influire anche sui normali ritmi ormonali delle bimbe, accelerando la corsa verso la pubertà. A sostenerlo è una ricerca sugli animali condotta dagli studiosi dell’Ankara City Hospital/Children’s, presentata al congresso della Società Europea di Endocrinologia Pediatrica.

Cosa succede negli animali?

Gli studiosi hanno utilizzato un modello animale ed evidenziato che l’eccessiva esposizione alla luce blu, tipicamente emessa da tablet e smartphone, causa uno sconvolgimento ormonale, con livelli ridotti di melatonina, elevati livelli di specifici ormoni riproduttivi, estradiolo e lutenizzante, insieme a cambiamenti fisici nel tessuto ovarico.

Tutti fattori di rischio questi che aumentano le probabilità di una pubertà precoce e di futuri problemi di fertilità. In particolare, i topi femmina sono stati divisi in tre gruppi di 6: un gruppo è stato esposto a un normale ciclo di luce, il secondo a 6 ore di luce blu e il terzo a 12 ore. I primi segni di pubertà si sono manifestati, in entrambi i gruppi esposti alla luce blu, significativamente prima. Inoltre, più lunga è stata la durata dell’esposizione, più precocemente si è verificato l’inizio della pubertà e i ratti hanno anche mostrato alcuni segni di danno cellulare e infiammazione alle ovaie.

“I ricercatori hanno evidenziato che l’esposizione alla luce blu è sufficiente per alterare i livelli di ormoni fondamentali nella regolazione della pubertà e che questo effetto è “dose-dipendente”: più lunga è l’esposizione, prima la pubertà inizia” – commentano Mariacarolina Salerno, vicepresidente del congresso europeo e presidente della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP) e Stefano Cianfarani, presidente del congresso europeo, ordinario di pediatria all’Università Tor Vergata di Roma e responsabile dell’Unità di Diabetologia e patologia dell’accrescimento dell’ospedale Bambino Gesù di Roma. Potremmo presumere che una disgregolazione dei neurotrasmettitori cerebrali, indotta da un eccessivo uso di dispositivi elettronici, potrebbe agire come fattore scatenante più potente sui neuroni che producono gonadotropine, stimolanti la funzione dei testicoli e delle ovaie”.

Sia chiaro: siamo solo all’inizio di un percorso che va esplorato e soprattutto occorre dimostrare davvero queste teorie. Secondo gli studiosi i risultati provengono da un modello animale: “Non possiamo essere sicuri che possano essere gli stessi anche nelle bambine e saranno necessarie ulteriori indagini per comprendere meglio il potenziale impatto dell’esposizione alla luce blu sui livelli ormonali e sull’inizio della pubertà precoce”.

Quando si parla di pubertà precoce?

In Italia la pubertà precoce è annoverata tra le malattie rare e riguarda da 1 a 6 nati ogni 1000, in Europa interessa circa il 5% delle ragazze e circa l’1% dei maschi. “La pubertà precoce si verifica con la comparsa dei segni di sviluppo puberale prima dell’età di 8 anni per le femmine e prima dei 9 anni nei maschi – spiegano Salerno e Cianfarani – I cambiamenti sono legati alla produzione di ormoni prodotti dalla ghiandola ipofisaria, detti gonadotropine, che stimolano la funzione dei testicoli e delle ovaie. Il corpo del bambino – proseguono – inizia a trasformarsi in adulto prima del tempo, con un’accelerazione dello sviluppo dei caratteri sessuali e una rapida chiusura delle cartilagini di accrescimento osseo. Per effetto di questo processo, i bambini crescono velocemente in altezza, ma poi il picco si esaurisce e da adulti possono presentare una statura inferiore alla media”.

Di certo c’è che la diagnosi va fatta da centri specializzati. Oltre agli accertamenti ematochimici e alla radiografia ossea per valutare l’età ossea effettiva della bimba, è necessario anche un controllo ecografico in modo da valutare le dimensioni uterine. Sempre secondo l’esperto, poi, anche una risonanza magnetica che permetta di studiare ipotalamo e ipofisi può essere d’ausilio nella diagnosi differenziale. Poi si pensa al trattamento che va sempre impostato caso per caso.