Osteoartrosi: cos’è, cause, sintomi e cure

L'osteoartrosi, spesso usata come sinonimo di osteoartrite, è una forma comune di artrite che comporta l'usura della cartilagine articolare, portando a dolore, gonfiore e difficoltà nei movimenti

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Carlotta Dell'Anna Misurale

Medico

Laureata in Medicina, appassionata di neurologia. Vanta esperienze in ricerca, con focus sui misteri del cervello e l'avanzamento scientifico.

Pubblicato: 13 Maggio 2024 11:10

La cartilagine articolare è un tessuto importantissimo per il nostro organismo. Dura, ma estremamente elastica, ricopre le ossa e ha il compito di fungere da cuscinetto protettivo per queste ultime. Una sorta di “ammortizzatore” contro gli attriti, gli impatti e gli sfregamenti a cui le ossa sono continuamente sottoposte durante il movimento. La normale resistenza cartilaginea può infatti essere messa in sofferenza dai continui sforzi, da posture scorrette e da tutta una serie di condizioni che la portano verso una lenta erosione: è l’origine dell’osteoartrosi.

L’osteoartrosi è una patologia di tipo degenerativo e cronico che interessa il lento processo di erosione e assottigliamento della cartilagine articolare, causando alterazioni anatomiche anche ai tessuti e ai muscoli circostanti, con effetti negativi sul normale movimento articolare del paziente.

Secondo la letteratura scientifica, i soggetti più colpiti da osteoartrosi hanno più di 70 anni, a causa del fisiologico processo di invecchiamento che interessa i muscoli e le ossa. È sempre meno raro, tuttavia, che la diagnosi venga posta anche in pazienti nella fascia compresa tra i 40 e 50 anni. Il sesso maggiormente colpito sembra essere quello femminile, per ragioni che si ricollegano alla menopausa e ai conseguenti cambiamenti ormonali. Tra i giovani, la patologia colpisce soprattutto i ragazzi, poiché più soggetti a sforzi e traumi di tipo lavorativo e/o sportivo.

Le articolazioni più colpite da artrosi sono quelle su cui grava maggiormente il peso corporeo, quindi principalmente ancheginocchiavertebre cervicali lombari, ma anche le piccole articolazioni di mani piedi.

Cos’è l’osteoartrosi

La cartilagine svolge un ruolo molto importante, dovuto alla sua capacità di attutire i microtraumi e gli sforzi a cui le articolazioni sono ripetutamente sottoposte. Tuttavia, con l’avanzare dell’età, la cartilagine si assottiglia progressivamente e non si rigenera, lasciando le superfici articolari prive della capacità di scorrimento e movimento che hanno in un individuo più giovane.

Pertanto, possiamo definire la cartilagine come un tessuto fondamentale, poiché protegge le ossa nel tempo. Quando un osso è sottoposto a traumi o sforzi, l’organismo, nel tentativo di riparare i tessuti cartilaginei danneggiati, stimola la produzione dei condrociti (cellule cartilaginee). Tale processo di rigenerazione però può avvenire in maniera anomala anche a carico del tessuto osseo situato sotto la cartilagine, detto osso subcondrale, generando dei becchi di tessuto osseo chiamati osteofiti, che, quando si toccano tra loco o vanno a comprimere strutture nervose adiacenti, possono essere responsabili della comparsa di dolore e formicolio. L’osteoartrosi può frequentemente colpire anche la colonna vertebrale: in questo caso, il sintomo più tipico è la lombalgia.

Nell’individuo a cui viene diagnosticata osteoartrosi, tutte le componenti delle articolazioni (osso, capsula articolare e tessuto sinoviale, tendini, legamenti e cartilagine) tendono a cedere, alterando la normale stabilità e, nel caso di articolazioni degli arti inferiori, la deambulazione. E’ importante non sottovalutare la sintomatologia dolorosa spia di osteoartrosi e recarsi subito dal proprio medico già quando la sintomatologia è lieve. Se individuata in tempo, l’evoluzione dell’osteoartrosi si può rallentare, scongiurando il più possibile le sue complicanze e la necessità di un intervento chirurgico.

Cause dell’osteoartrosi

Le cause principali ad oggi riconosciute sono indubbiamente l’età avanzata e l’aver svolto per un periodo di tempo prolungato lavori pesanti o intense attività sportive. Sono stati descritti ulteriori fattori di rischio che possono portare alcuni individui a essere maggiormente soggetti ad osteoartrosi. Vediamo insieme quali:

  • Elevato peso corporeo: una persona in sovrappeso od obesa sottopone le sue ossa e la cartilagine a un maggiore sforzo e attrito, con conseguente possibilità di sviluppare l’artrosi anche in età giovanile. Ne risulta che, a causa del carico corporeo a cui sono sottoposte anche solo per i movimenti quotidiani, le articolazioni più colpite sono quelle di anche, ginocchia e piedi.
  • Ereditarietà e genetica: i soggetti con genitori affetti da osteoartrosi hanno più possibilità di svilupparla.
  • Fratturelesioni articolari profonde, pregressi interventi chirurgici sono tutti fattori di rischio in quanto possono alterare la normale anatomia dell’articolazione.
  • Alterazioni dei muscoli delle ginocchia o iperlassità legamentosa sono condizioni favorenti una deformità articolare progressiva.
  • Osteoartrosi provocata dal continuo mantenimento di posizioni forzate e da una postura scorretta.
  • Genere: come già anticipato, l’osteoartrosi colpisce soprattutto le donne, motivo per cui si pensa ad un fattore ormonale. Gli uomini ne sono però più colpiti in giovane età per gli elevati sforzi fisici dati dall’attività lavorativa o sportiva.

Classificazione dell’osteoartrosi

L’osteoartrosi primaria osteoartrosi idiopatica (quella di cui si è parlato finora, della quale non si conoscono esattamente le cause, ma solo fattori di rischio per il suo sviluppo) si caratterizza per lesioni generalmente piccole, singole e spesso ripetute o a traumi per movimenti anomali e bruschi che il soggetto compie involontariamente.  Può colpire una o più articolazioni.

L’osteoartrosi viene invece detta secondaria secondaria quando si sviluppa come conseguenza, generalmente tardiva, di un’altra patologia articolare: nella maggior parte dei casi l’osteoartrosi è secondaria ad un’infezione ossea (osteomielite) o articolare (artrite settica) oppure ad un’anomalia ossea/articolare congenita o acquisita (difetti nello sviluppo, osteomalacia, rachitismo, artrite infiammatoria). Anche uno stato patologico di iperlassità legamentosa può essere causa di osteoartrosi, in quanto si genera una condizione anatomica in cui le articolazioni non si muovono come dovrebbero nella loro sede naturale.

Sintomi dell’osteoartrosi

L’osteoartrosi, seppur negli stadi più avanzati sia abbastanza dolorosa e invalidante, all’inizio è quasi totalmente asintomatica, rendendo difficile una diagnosi precoce, con pazienti che si accorgono della patologia quando è ormai in fase avanzata.

Sebbene quindi l’insorgenza della patologia non sia associata a specifici sintomi, è bene elencare dei disturbi che, se avvertiti, possono fungere da campanello d’allarme e convincere il paziente a recarsi dal proprio medico o da un reumatologo per un esame clinico.  Vediamoli qui di seguito:

  • Dolore e gonfiore delle articolazioni, soprattutto al termine di sforzi intensi dovuti ad esempio a una lunga pratica sportiva.
  • Rigidità alle articolazioni dopo il riposo (alla mattina appena svegli o dopo essere stati seduti/sdraiati per molto tempo). Sintomo abbastanza subdolo che, appena si smuove l’articolazione interessata, tende a scomparire completamente.
  • Scricchiolio e scrosci articolari nell’esecuzione di alcuni movimenti. 
  • Articolazioni che cedono senza causa apparente durante lo svolgimento di alcuni movimenti.
  • Quando l’osteoartrosi interessa il rachide cervicale, è possibile che si avvertano sintomi di accompagnamento quali vertiginicefaleadolore e formicolio a collospalle braccia. L’artrosi lombare, invece, può associarsi a dolori e problematiche al nervo sciatico.
  • Perdita della sensibilità e della funzionalità articolare, con marcata limitazione funzionale (deficit estensione o flessione)

Nelle fasi iniziali di malattia, i dolori articolari possono essere frequenti in alcuni periodi e scomparire totalmente in altri.

Se però il paziente ha raggiunto uno stadio avanzato dell’osteoartrosi, la cartilagine sarà quasi completamente scomparsa e la sintomatologia tende ad essere più intensa e costante. Si avvertono deformità e rigidità articolare, con episodi frequenti di dolore e gonfiore anche intensi.

Il decorso clinico della patologia può essere molto variabile. Di norma, l’osteoartrosi è una patologia che può rimanere stabile per anni, ma può al contrario anche progredire velocemente e improvvisamente. Per questo, di fronte alle prime avvisaglie è sempre bene richiedere un consulto immediato.

Diagnosi di osteoartrosi: come avviene?

L’iter diagnostico per l’osteoartrosi prevede inizialmente una attenta raccolta anamnestica ed un esame obiettivo durante una visita medica, nella quale vengono attentamente indagate la storia clinica del paziente, i suoi sintomi e le manifestazioni più evidenti che possono ricondurre alla malattia. Il medico che se ne occupa è solitamente un reumatologo, poiché l’artrosi rientra tra le malattie ossee e reumatiche.

In seguito, lo specialista può decidere di sottoporre il paziente ad alcuni esami ematochimici (principalmente volti a valutare la presenza di infiammazione sistemica) oppure può richiedere approfondimenti con tecniche di diagnostica per immagini come la radiografia, la risonanza magnetica, la scintigrafia ossea.

Quest’ultima è un esame diagnostico utilizzato in ambito medico per valutare l’attività metabolica delle ossa, sfruttando la capacità di una sostanza radioattiva, somministrata per via endovenosa, di localizzarsi nelle aree di maggiore turnover osseo. Questo esame è particolarmente utile per individuare precocemente le alterazioni legate all’artrosi, ancor prima che esse siano visibili tramite radiografia. Nell’artrosi, la scintigrafia può rivelare aree di iperattività ossea dove il processo degenerativo è più attivo, indicando una possibile infiammazione e rimodellamento osseo. Queste informazioni possono essere decisive per la diagnosi precoce e per monitorare l’efficacia delle terapie intraprese. Inoltre, la scintigrafia ossea può aiutare a differenziare l’artrosi da altre patologie ossee, come le fratture occulte o le metastasi ossee, grazie alla sua alta sensibilità nel rilevare cambiamenti dinamici nell’osso.

Ovviamente non si può effettuare una diagnosi basata unicamente sul dolore avvertito, in primis perché la soglia del dolore varia molto a seconda del paziente in esame (è soggettiva), in aggiunta perché ci possono essere piccole lesioni molto dolenti e, al contrario, grandi degenerazioni tissutali che non danno particolare fastidio. Ecco perché le tecniche di diagnostica per immagini sono un valido alleato per la definizione del danno e dell’entità della patologia.

Si ricorda che, per evitare l’insorgenza di complicanze, è bene recarsi dal proprio medico per un esame obiettivo non appena si notano articolazioni arrossate, dolenti, gonfie o scricchiolii da attrito.

Trattamenti e prevenzione dell’osteoartrosi

Purtroppo, ad oggi, l’osteoartrosi resta una patologia di tipo cronico. Tuttavia, nonostante non sia ancora presente una terapia risolutiva, alcuni trattamenti dall’efficacia dimostrata possono agire direttamente sul dolore e il mantenimento della mobilità e flessibilità articolare, rendendo, di conseguenza, la vita più facile al paziente in esame.

La cosiddetta “terapia del dolore” comprende una serie di trattamenti che, uniti alla somministrazione di alcuni farmaci, agiscono sulla riduzione del dolore. Si tratta del primo passo per ritardare il più possibile un intervento chirurgico per l’impianto di protesi artificiali che andranno a sostituire l’articolazione colpita da artrosi.

Ecco un breve elenco che racchiude le cure e i farmaci più utilizzati:

  • Somministrazione di analgesici (paracetamolo) e FANS (ibuprofene). Questi farmaci godono di una buona funzione antidolorifica, permettendo al paziente di recuperare anche le funzionalità che il dolore intenso toglie loro. Possono essere assunti per via orale, ma è sempre più diffuso l’utilizzo di pomate e creme da applicare in prossimità dell’articolazione colpita (applicazione topica).
  • Trattamenti infiltrativi locali con acido ialuronico o cortisone. Sono molto utilizzati quando le articolazioni si infiammano improvvisamente, causando dolore e gonfiore. Il liquido articolare in eccesso viene rimosso dall’articolazione tramite un ago da aspirazione (procedura che prende il nome di artrocentesi) e viene iniettato il farmaco che dona sollievo temporaneo. Sono iniezioni che possono ridurre il dolore, ma non interrompono il progredire della malattia (trattasi pertanto di terapia solo sintomatica).
  • Trattamenti di ingegneria tissutale. Sono recenti trattamenti mini invasivi che prevedono il prelievo di cellule cartilaginee (condrociti) da altre aree dell’organismo. Stiamo parlando di terapie ancora in fase di sperimentazione e riservate ad alcune tipologie di pazienti (giovani, con poche lesioni articolari, e con cartilagine e ossa circostanti in buono stato).
  • Termoterapia. Impacchi caldi o freddi che agiscono sulle articolazioni alleviando temporaneamente il dolore.
  • Tecniche di elettrostimolazione e agopuntura. Sono antidolorifici naturali, perché stimolano un’opportuna area del cervello che agisce contro il dolore. Lo stesso avviene per massaggi e ultrasuoni.

Laddove questi trattamenti non invasivi non portino ai risultati sperati – e il dolore, il gonfiore e la poca mobilità persistono – il medico ortopedico può decidere di svolgere un intervento di artroplastica con impianto artificiale (di solito in titanio) dell’articolazione danneggiata. Tale impianto può essere totale, se viene sostituita tutta l’articolazione, oppure parziale se vengono modificate solo alcune aree della stessa.

L’intervento chirurgico migliora la qualità del movimento e interrompe il dolore, ma deve essere visto come ultima soluzione, quando il male diventa ingestibile e la deambulazione ne risente. È importante sapere che anche l’articolazione artificiale non ha durata illimitata (circa 20 anni); per questa ragione si tende a ritardare l’intervento nei giovani, perché altrimenti si rischia di dover sostituire le protesi più volte durante l’arco vitale del paziente.

Prevenire il peggioramento dell’osteoartrosi, nei giovani così come in età adulta, è possibile adottando uno stile di vita sano. È importante non avere una vita troppo sedentaria. Le articolazioni hanno bisogno di essere mantenute in movimento. Se si soffre di osteoartrosi, si raccomanda però di evitare tutte quelle pratiche sportive ad alto impatto e carico sulle articolazioni come la pesistica, ma anche corsa, salti e attività atletiche. Preferire sport a basso impatto, ma completi, come il nuoto e il ciclismo, che aiutino inoltre a potenziare la muscolatura e i legamenti intorno ai diversi distretti articolari. Mantenere sani i muscoli significa non dimenticarsi di una giusta dose di stretching quotidiano che ovviamente deve essere svolto solo dopo adeguato riscaldamento aerobico.

Se si è in sovrappeso od obesi è importante modificare le proprie abitudini alimentari. Insieme all’esercizio fisico costante, una corretta dieta permette di dimagrire e di diminuire quindi il peso a carico delle articolazioni.

Per tutti, è fondamentale utilizzare le articolazioni in modo adeguato. No al mantenimento di posture forzate e scorrette. In tutti i casi, il medico curante può decidere di consigliare al paziente corsi di ginnastica posturale, di fisioterapia od osteopatia, per migliorare il disallineamento osseo e la postura. Anche indossare plantari aiuta a tenere una posizione corretta mentre si cammina. Laddove l’osteoartrosi è invece avanzata, si consiglia l’utilizzo di stampelle e altri supplementi per diminuire lo stress a carico di ginocchia e anche.

Fonti bibliografiche: