Sapete a cosa serve il sistema immunitario? Sostanzialmente ha il compito di difendere l’organismo, grazie alla capacità di discernere quanto è “proprio” da ciò che invece è di altra origine. Nell’uomo e negli animali i meccanismi immunitari consentono, infatti, il riconoscimento e l’accettazione di tutto ciò che appartiene all’organismo stesso (per esempio un autotrapianto) o che gli è strettamente correlato (come una trasfusione di sangue di gruppo compatibile) e, viceversa, respingono tutto ciò che gli è estraneo (per esempio i trapianti d’organo non compatibili).
Per questo le reazioni immunitarie sono generalmente utili, di tipo difensivo, come nel caso delle vaccinazioni o dell’immunità acquisita verso le malattie infettive. Esistono, per esempio, anticorpi che si producono naturalmente nell’organismo dopo una malattia infettiva e impediscono che la stessa si ripresenti nello stesso individuo.
Su questo principio si basa la pratica delle vaccinazioni: la somministrazione di tossine o di virus attenuati stimola infatti la produzione di anticorpi che prevengono la comparsa di malattie batteriche o virali. In taluni casi, però, le reazioni immunitarie sono dannose, di tipo lesivo. Si entra allora nel campo dell’immunologia clinica che comprende, oltre alle malattie allergiche, quelle malattie in cui l’organismo reagisce verso autoantigeni, cioè verso i propri componenti (malattie autoimmuni) o verso isoantigeni, cioè verso antigeni provenienti non dal proprio organismo ma da organismi della stessa specie (reazioni isoimmuni, come quelle da trapianti d’organo).
Indice
Come funziona il sistema immunitario
Il sistema immunitario svolge la sua azione attraverso la cooperazione di cellule immunocompetenti (i differenti tipi di cellule linfocitarie) e di cellule accessorie (monociti/macrofagi, neutrofili, eosinofili, eccetera), con l’aiuto di varie molecole (citochine, molecole di adesione, eccetera). Le cellule immunocompetenti sono costituite essenzialmente da due tipi di linfociti:
- linfociti T, che svolgono funzioni di riconoscimento dell’antigene, attivano la risposta immune e, nel caso delle reazioni cellulo-mediate, esercitano funzioni citotossiche nei riguardi delle cellule-bersaglio;
- linfociti B, che svolgono compiti essenziali nell’immunità umorale (produzione di immunoglobuline, ovvero di anticorpi).
Vi è una cooperazione tra questi due tipi di linfociti con due sottopopolazioni funzionali dei linfociti T:
- linfociti Th (T helper), che facilitano la formazione di anticorpi;
- linfociti Ts (T suppressor), che limitano la produzione anticorpale da parte dei linfociti B e che svolgono un’attività citotossica.
Quando un antigene, cioè una sostanza estranea all’organismo, entra in contatto con il sistema immunitario di un individuo, questo induce la formazione di anticorpi specifici, cioè diretti verso quel determinato antigene.
Gli anticorpi sono proteine, le immunoglobuline (Ig), specificamente diretti verso un allergene o un antigene. Esistono diverse classi di immunoglobuline: IgG, IgA, IgM, IgD e IgE.
Come nascono le malattie autoimmuni
La competenza immunitaria nei confronti del proprio organismo si organizza durante la vita embrionale e fetale, in una fase in cui i nuovi linfociti perlustrano il corpo e imparano a conoscerlo. Il midollo osseo produce moltissimi linfociti, tutti diversi (ogni linfocita produce un solo tipo di anticorpo) e questi, passando attraverso il timo, maturano e si attivano. Quelli che hanno reagito con parti del feto e produrrebbero anticorpi autoreattivi, di norma sono riconosciuti e uccisi subito nel timo. Quest’organo, però, è soggetto a involuzione dopo la pubertà, e con l’andare del tempo possono nascere linfociti autoreattivi che, non essendo più bloccati, diventano pericolosi per il soggetto. Questo è uno dei motivi per cui, con l’avanzare degli anni, cresce il rischio di malattie autoimmuni.
Ma non basta: Ci sono parti del corpo che i linfociti non possono perlustrare durante la vita fetale come l’interno del globo oculare. I linfociti quindi non conoscono l’occhio nel suo interno. Nella vita adulta, se il sangue viene a contatto con il contenuto dell’occhio, l’organismo riconoscendolo come not self, cioè non proprio, produrrà anticorpi anti-occhio che, tra l’altro, aggrediranno anche l’occhio sano. Nei soggetti normali sono stati ritrovati comunque autoanticorpi prodotti da linfociti autoreattivi, ma questi vengono tenuti sotto controllo da linfociti T-suppressor, o comunque non si sviluppano in modo eccessivo e non dando origine a malattie autoimmuni.
Cosa accade in caso di malattia autoimmune
In queste condizioni la risposta autoimmune dell’organismo è diretta verso gli antigeni propri dell’organismo. Possono essere interessate le cellule B, le T, entrambe, ovviamente insieme a specifici meccanismi del sistema difensivo. Alcuni anni fa queste patologie erano considerate prodotti “secondari” di un sistema immunitario eccessivamente attivo, ma oggi, dopo che si è vista la presenza di malattie autoimmuni anche in pazienti con immunodeficienza, questa teoria è stata abbandonata. Attualmente si pensa che la genesi delle malattie autoimmuni sia legata a due meccanismi principali:
- alterazioni dei tessuti dell’ospite,
- alterazioni della risposta immune.
I meccanismi che portano ad alterazioni della risposta nelle malattie autoimmuni
Le malattie autoimmuni sono patologie nelle quali il sistema immunitario produce anticorpi contro un antigene endogeno, cioè interno allo stesso corpo, con conseguente danno ai tessuti. Come si sviluppano? Ecco in sintesi, alcuni possibili meccanismi che entrano in gioco.
- Gli antigeni sono nascosti. Alcuni antigeni sono in qualche modo celati al sistema immunitario e quando per qualsiasi motivo entrano nel sangue circolante sono in grado di indurre una risposta da parte del sistema difensivo dell’organismo. Capita ad esempio in alcune patologie dell’occhio, come la cosiddetta “oftalmia simpatica”, legata ad un trauma che permette di liberare l’antigene normalmente sequestrato all’interno dell’occhio, con conseguente reazione dell’organismo.
- Azione sugli antigeni self di agenti esterni. Può accadere che una sostanza chimica o un fenomeno fisico inducano un’alterazione degli antigeni, che quindi diventano “diversi” da quelli che il corpo riconosce come propri. Questo meccanismo potrebbe entrare in gioco nella dermatite da contatto, in seguito a fotosensibilizzazione oppure anche dopo un’infezione virale. Una particolare razza di topi (New Zealand), per esempio, sviluppa una malattia molto simile al lupus eritematoso sistemico dopo un’infezione da virus a Rna che modificherebbe i tessuti, chiamando all’opera gli autoanticorpi.
- La risposta crociata. Un antigene estraneo può indurre una reazione crociata con antigeni self normali inducendo quindi una condizione di autoimmunità. Ciò accade ad esempio quando una persona contrae un’infezione da streptococco, con la proteina M del germe che induce reazione crociata nei confronti del muscolo cardiaco.
- Mutazione cellulare. Secondo alcune teoria una mutazione delle cellule immunocompetenti può indurre la produzione di autoanticorpi, come accade in alcune forme di linfoma.
- L’antigene ignoto. A volte i fenomeni autoimmunitari possono essere l’esito di una risposta immune determinata da un antigene ignoto, come un virus, che determina un’alterazione dell’attività del sistema immune.
Quali sono le più comuni malattie autoimmuni?
Le malattie autoimmuni possono essere classificate in due grandi categorie: malattie autoimmuni organo-specifiche e non organo specifiche. Nel primo caso il bersaglio del processo di aggressione autoimmune è limitato ad un solo organo, di solito una ghiandola o parte di essa e quindi i sintomi sono legati esclusivamente alle alterazioni dell’organo bersaglio. In questa categoria rientrano due situazioni molto frequenti:
– diabete giovanile di tipo I, insulino-dipendente: è legato alla distruzione delle cellule beta del pancreas, che hanno il compito di produrre l’insulina, da parte di autoanticorpi. Col tempo il danno interessa quasi tutte le isole di Langerhans in cui si trovano queste cellule ed occorre somministrare l’insulina dall’esterno.
– tireopatia autoimmune: l’aggressione verso le cellule della ghiandola tiroidea può assumere caratteristiche diverse. In alcuni casi porta al morbo di Basedow, caratterizzato da una iperattività della ghiandola e quindi da ipertiroidismo, in altri alla tiroidite di Hashimoto che generalmente esita in una ridotta funzione della tiroide e quindi in ipotiroidismo.
Quali sono le malattie autoimmuni sistemiche
Le malattie autoimmuni sistemiche sono invece caratterizzate da un interessamento simultaneo di più organi e apparati e di conseguenza le manifestazioni coinvolgono contemporaneamente più organi. Le più comuni sono:
– Lupus eritematoso sistemico: alle classiche lesioni della pelle, a partire dall’eritema del volto “a farfalla” intorno al naso, si associano dolori articolari o vera e propria artrite, la nefrite che può portare all’insufficienza renale, lesioni alla parete dei piccoli vasi (vasculite), infiammazione delle membrane che avvolgono il cuore e il polmone con versamento nel pericardio o nelle pleure o addirittura interessamento cerebrale (neuroLES).
– Artrite reumatoide: è sempre presente un’infiammazione della membrana sinoviale che avvolge le articolazioni, che inizia nelle articolazioni dei polsi, delle mani e dei piedi di entrambi gli arti. Può portare a vere e proprie deformità delle articolazioni colpite e interessare altri organi come la parete dei vasi sanguigni e il polmone.
– Sclerodermia: chiamata anche Sclerosi Sistemica Progressiva è caratterizzata dal cosiddetto fenomeno di Raynaud, ovvero dalla comparsa di pallore e dolore alle estremità (dita delle mani, dei piedi, ma anche naso e orecchie) dopo esposizione al freddo. Inizialmente la malattia interessa la pelle, che nel tempo tende a diventare dura e poco elastica, ma può coinvolgere anche il tubo digerente, il polmone e i reni.
Come si fa diagnosi di malattie autoimmuni
La diagnosi va fatta caso per caso dal medico. Ma certo la ricerca di specifiche “tracce” di una patologia autoimmunitaria è fondamentale. Con un prelievo di sangue si possono identificare gli “autoanticorpi” cioè le cellule del sistema immunitario che si rivolgono contro una o più parti del corpo. Possono essere rivolti contro un solo tessuto oppure verso le diverse cellule. Nel primo caso ovviamente gli autoanticorpi andranno verso cellule dell’organo, mentre nel secondo agiscono in maniera più generale Ecco alcuni dei test più significativi tra questi ultimi.
– Ricerca delle cellule L.E. Queste cellule sono globuli bianchi che hanno fagocitato il nucleo dei loro simili. Il test risulta positivo in oltre la metà dei casi di malattie autoimmunitarie come il Lupus e l’artrite reumatoide, ma viene utilizzato solo in pochi casi.
– Fattore reumatoide. È una immunoglobulina specifica diretta contro sue simili, che si può ritrovare nel sangue di malati di artrite reumatoide, altre patologie autoimmuni o infettive.
– Proteine C reattiva. È un test poco specifico, che viene richiesto quando si sospetta una patologia infiammatoria soprattutto di origine reumatica ma può risultare positivo anche in molte altre condizioni.
– Anticorpi anti nucleo (ANA). Sono autoanticorpi che agiscono verso gli antigeni del nucleo della cellula, ed in qualche caso anche contro il DNA. Se esistono questi ultimi si può sospettare un LES, mentre anticorpi antinucleo sono presenti in diversi stati patologici e quindi una positività isolata di questo test non è segno di specifiche malattie.
– Anticorpi anti muscolo liscio: Sono poco specifici e non indicano quasi mai una particolare malattia, pur se indicano un’alterazione nelle reazioni dell’organismo.
Come si curano le malattie autoimmuni
Il trattamento di ogni specifica malattia autoimmune va scelto dal curante. Ed anche per la stessa patologia, da un paziente all’altro, si possono utilizzare terapie diverse. Per questo non si può generalizzare. Rimane comunque una logica generale da tenere presente. in caso di malattia autoimmune occorre limitare l’intensità della risposta difensiva dell’organismo, perché questa è sbagliata, cercando al contempo di non affievolire troppo l’intensità della reazione dell’apparato di difesa in caso di necessità, come può accadere ad esempio per un’infezione.
Per questo il medico deve trovare, caso per caso, l’approccio più indicato, ricordando che non esistono ancora terapie in grado di guarire completamente una condizione patologica ma comunque capaci di offrire il controllo dei disturbi e di consentire una valida qualità di vita. Sempre in termini generali, va detto che i trattamenti risultano in genere più semplici in caso di malattie che interessano un solo organo, come avviene per il diabete di tipo 1, ma tendono a farsi maggiormente difficili se invece si deve agire su diversi apparati.
I farmaci maggiormente impiegati per la cura di queste patologie sono gli immunosoppressori, per la loro azione di controllo dell’iperattività del sistema immunitario. Poi, per controllare l’infiammazione possono essere impiegati i derivati del cortisone o cosiddetti FANS, (antinfiammatori non steroidei). Infine per diverse patologie esistono anticorpi monoclonali specifici che agiscono su singoli passaggi che determinano la comparsa della malattia o comunque piccole molecole o altri farmaci che possono svolgere questa funzione.
Fonti bibliografiche
- Malattie autoimmuni, Istituto Superiore di Sanità (ISS)