Non dimentichiamo la salute dei reni. Anche e soprattutto se soffriamo di diabete, in un circolo vizioso che mette a rischio anche il cuore. È chiaro il messaggio che giunge dagli esperti, anche alla luce della sostanziale sottovalutazione del rischio che i due organi vadano incontro a malattia renale cronica, condizione spesso diffusa ma altrettanto frequentemente non riconosciuta.
Arrivare presto con la diagnosi, sia per chi soffre di diabete sia per chi non presenta questa patologia, è basilare. E bastano pochi, semplici esami. Che debbono entrare nel check up di base, visto che i rischi (e non solo per il rene) si amplificano con ipertensione ed altri problemi di circolazione se non si affronta al meglio la situazione.
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Perché il diabete mette in pericolo il rene
Più o meno una persona su tre, tra quante soffrono di diabete, va incontro a malattia renale cronica. Perché la malattia diabetica può influire sulla salute renale attraverso meccanismi diversi, come racconta Angelo Avogaro, Presidente della SID – Società Italiana di Diabetologia. Andiamo per ordine.
Innanzitutto c’è un effetto legato agli elevati valori di glucosio sul glomerulo, una sorta di “centrale operativa” del rene. “A questo livello il diabete determina uno stress ossidativo per cui le cellule che costituiscono il glomerulo, e nella fattispecie l’endotelio e i podociti, a lungo termine scompaiono – fa sapere l’esperto. Quindi si ha l’espansione di una struttura del glomerulo, chiamata mesangio, che riduce in modo significativo la capacità del rene di filtrare il sangue”.
Ma non basta. anche l’ipertensione, peraltro molto frequente nelle persone con diabete, conta. Così cambia la pressione all’interno del glomerulo e si può manifestare il danno legato all’aumento della pressione arteriosa.
“Un ulteriore elemento di estrema importanza è che il diabete favorisce tutte quelle condizioni che stimolano la produzione di tessuto fibroso; quindi si verifica una progressiva perdita della struttura principe del rene, il glomerulo, che costituisce il filtro renale – riprende Avogaro. Con il progredire del danno renale vi è la progressiva scomparsa dei glomeruli per cui il rene perde progressivamente la sua proprietà di filtro. Questo comporta un progressivo aumento di creatinina, sostanza prodotta nei muscoli che i diabetologi misurano periodicamente nel sangue per controllare la funzione renale. Quando il rene perde la sua capacità filtrante viene rilasciata nelle urine una maggior quantità di albumina, una proteina che ha tantissime funzioni”.
Attenzione ai segnali d’allarme
I segni più frequenti che rilevano una sofferenza renale sono proprio l’aumento dei valori della creatinina nel sangue e un aumento dell’albumina nelle urine. “Questi sono i due segni premonitori per eccellenza, nel senso che ci aiutano a capire se il nostro rene è sano o malato – commenta Avogaro. Quando poi la malattia progredisce ci può essere presenza di pressione arteriosa elevata e di ritenzione idrica dovute al fatto che il rene non ha più la capacità di smaltire i liquidi”.
A questo punto, bisogna fare attenzione ai primi segni che possono indicare il rischio. Ad esempio deve mettere in guardia svegliarsi al mattino con le palpebre tumide, la faccia e le caviglie gonfie. “In fase di malattia renale più avanzata può comparire nausea e inappetenza o vomito perché il rene non è più in grado di produrre i carbonati e si manifesta acidosi nel sangue – precisa l’esperto.
Un problema ulteriore che si manifesta quando il rene comincia a funzionare sempre meno è la progressiva perdita di calcio con le urine con riduzione di calcio nel sangue. A questo punto l’organismo, per sopperire, sottrae il calcio dalle ossa e si crea il progressivo depauperamento di calcio dal tessuto osseo con conseguente osteoporosi. Nella fase iniziale, che può durare diversi anni, l’insufficienza renale è praticamente asintomatica.
L’importanza della diagnosi precoce
Arrivare presto. Come spesso accade in medicina questo è fondamentale. E certo per la salute dei reni, che spesso soffrono in silenzio, diventa basilare. Sia per chi soffre di diabete sia per le altre persone, specie se presentano particolari elementi di rischio. Lo conferma Massimo Morosetti, Presidente FIR – Fondazione Italiana Rene, e Direttore di Nefrologia presso l’Ospedale Grassi di Ostia – ASL Roma 3.
“Il ritardo diagnostico di malattia renale è dovuto al fatto che nella maggior parte dei casi questa patologia è asintomatica, almeno nella fase iniziale che può durare molti anni, e talvolta i segnali e i sintomi sono assenti persino in fase avanzata, per cui il soggetto non si accorge di avere un problema renale per cui fare accertamenti – è il suo commento.
L’unico campanello d’allarme che a volte si può rilevare è un aumento della pressione arteriosa, che tuttavia è un problema frequentissimo in gran parte della popolazione e può essere legato a molteplici cause. La mancanza di elementi che spingono a indagare in tal senso rappresenta il vero ostacolo alla diagnosi tempestiva”.
Eppure ci vuole davvero poco. E lo ripetiamo. Occorrono gli esame del sangue per il dosaggio della creatinina e quello delle delle urine per la ricerca dell’eventuale presenza di albumina o di globuli rossi. “Questi due esami semplici, veloci ed economici, consentono di fare una prima valutazione dello stato della funzionalità renale – fa sapere Morosetti.
Purtroppo, non sempre questi esami vengono eseguiti nel corso della vita e soprattutto, anche quando i valori risultano alterati, può accadere che la condizione venga sottovalutata dal paziente o dal medico che lo segue. In particolare, alcune categorie – come le persone con diabete, obesità, gli ipertesi, i vasculopatici e chi ha familiarità per malattia renale – dovrebbero sottoporsi con regolarità a un esame del sangue e delle urine”.