Bella abitudine, la corsa. Si calzano le scarpette, si indossano gli indumenti giusti e via… si parte. Nel parco come nelle vie cittadine, correre fa bene, aiuta a consumare calorie, a sentirsi in forma e a liberare endorfine, con conseguente sensazione di benessere. Ma dietro l’angolo può esserci un piccolo incidente, dalla classica storta con la distorsione della caviglia fino a problemi muscolari o dei legamenti del ginocchio.
Ridurre i rischi sarebbe però possibile. Come? Semplicemente combattendo l’insonnia. A dirlo è una ricerca che mostra come runner con un sonno insufficiente per qualità o quantità piuttosto che con risvegli notturni ripetuti presentino una probabilità quasi doppia di infortunarsi, rispetto a chi dorme saporitamente.
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Il valore del sonno
La ricerca è stata coordinata da Jan de Jonge, dell’Università di Tecnologia di Eindhoven nei Paesi Bassi oltre che professore associato presso l’Università dell’Australia Meridionale), ed è stata pubblicata su Applied Sciences. Sono stati coinvolti con un sondaggio 425 runner amatoriali. Come detto, oltre a concentrarsi sul programma della corsa sarebbe importante contrastare l’insonnia per limitare i rischi di incidente.
Lo studio come riporta lo stesso autore, propone quindi “una prova convincente che il sonno è una componente fondamentale, ma spesso trascurata, della prevenzione degli infortuni”.
Insomma: piuttosto che concentrarsi solo su chilometraggio, alimentazione e strategie di recupero, bisognerebbe fare attenzione al sonno. In particolare, infatti, chi dorme male aveva una probabilità 1,78 volte maggiore di incorrere in infortuni rispetto a chi dormiva in modo stabile e di buona qualità, con una probabilità del 68% di subire un infortunio in un periodo di 12 mesi. Questo ricorda che la qualità del riposo è importante tanto quanto l’intensità dell’allenamento.
Quanto pesa il sonno
Il team di de Jonge ha adottato un approccio completo, esaminando il sonno non solo in termini di durata, ma anche di qualità e disturbi. Dagli esperti emerge un messaggio chiaro: il sonno è un processo biologico vitale che permette al corpo e alla mente di recuperare e adattarsi alle esigenze fisiche e mentali dell’allenamento.
“Quando il sonno è interrotto o insufficiente, la capacità del corpo di riparare i tessuti, regolare gli ormoni e mantenere la concentrazione diminuisce, il che può aumentare il rischio di infortuni” – spiega lo studioso”.
Bisogna quindi fare attenzione all’allenamento, tenendo in considerazione anche i ritmi del sonno. “Spesso diamo per scontato che più allenamento equivalga a prestazioni migliori, ma non è necessariamente così – conclude l’esperto. Runner (soprattutto quelli che conciliano l’allenamento con il lavoro, la famiglia e gli impegni sociali) potrebbero in realtà aver bisogno di più sonno rispetto agli adulti medi per recuperare adeguatamente. Il sonno dovrebbe essere considerato una priorità per le prestazioni, non un ripensamento”.
Gli esperti, in conclusione, raccomandano generalmente dalle sette alle nove ore di sonno a notte, anche se gli atleti spesso traggono beneficio da un riposo aggiuntivo, inclusi brevi riposini, per migliorare il recupero sia fisico che mentale. Per migliorare la qualità del sonno, si consiglia di andare a letto a orari regolari, limitare l’uso degli schermi prima di dormire, ridurre caffeina e alcol e mantenere un ambiente tranquillo e fresco.
Rispettiamo i ritmi
Insomma: per chi corre bisogna tenere presente anche il giusto riposo notturno, insieme all’importanza di prepararsi bene e lasciare il giusto tempo al riscaldamento e al ricupero – rispettivamente almeno 10-15 minuti – per avere uno sforzo sostenibile per l’organismo. Il corpo è un po’come le auto di una volta, ha bisogno di “scaldare” il motore.
Per questo è fondamentale fare stretching e iniziare a correre lentamente prima della competizione, per dare modo e tempo al cuore di portarsi a regime e diffondere il sangue ai muscoli. Lo stretching in particolare non va limitato solo alle gambe, ma deve comprendere anche il tronco e le braccia per sciogliere al meglio tendini e articolazioni”.
E poi, non esageriamo: meglio non “lanciarsi” dopo un breve periodo di allenamento in mezze maratone o prove ancor più faticose. Ciò che conta è arrivare con l’allenamento ad avere almeno un’ora di autonomia al lavoro muscolare e solo a quel punto si può ragionare in termini di intensità. Se non si raggiunge quella soglia pensare ad attività particolarmente intense è sbagliato e può essere anche pericoloso.