Influenza: come agisce il virus, che sintomi provoca e come affrontarlo

I tre segnali per riconoscere l'influenza, i sintomi, in quanto tempo si guarisce e come proteggersi col vaccino

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Febbre alta, che spesso compare all’improvviso. Sintomi a carico delle vie respiratorie, come mal di gola, tosse e simili. Disturbi generali, da una intensa spossatezza con malessere generale fino a dolori delle articolazioni e dei muscoli. Il volto dell’influenza è più o meno questo.

Come ricorda l’Istituto Superiore di Sanità, i sintomi sono destinati a risolversi da soli entro qualche giorno, in media per una settimana. Il rischio di complicazioni è limitatissimo in chi non presenta altre patologie o ha situazione di fragilità, ma può diventare ben più elevato in chi ha già patologie croniche o è molto anziano.

Influenza 2022-2023

Purtroppo, le prime osservazioni parlano di un’influenza particolarmente “cattiva” e diffusa, per l’epidemia 2022-23. E non solo perché si potrebbe ripetere la situazione osservata in Australia, con la peggior stagione degli ultimi cinque anni, ma anche perché il calo delle protezioni utilizzate per Covid-19, dai dispositivi di protezione personale, come mascherina fino ai disinfettanti, ci rendono probabilmente più esposti.

La protezione con il vaccino è fondamentale per chi è a rischio o per chi sta a contatto con persone che potrebbero essere maggiormente soggette a complicazioni. Di certo si sa che stando ai dati del registro Influnet, c’è stata un’impennata a metà novembre dei casi, con una particolare diffusione del virus AH3N1, definito anche Darwin, isolato in Australia, da cui il nome di influenza australiana.

Quando si parla di vera influenza

Distinguere l’influenza da Covid-19 è difficile. Quindi i tamponi di rilevazione per il virus SarS-CoV-2 rimangono importanti. Allo stesso modo, anche se parliamo spesso di influenza non bisogna dimenticare che spesso il quadro clinico può essere caratterizzato dall’infezione da virus “cugini”, con caratteristiche simili sul fronte dei sintomi ma comunque diversi.

Quindi ricordiamo che per parlare di influenza occorrono tre segnali che debbono essere presenti: il primo è il rialzo della temperatura a brusca insorgenza con febbre che arriva a 38 gradi, un sintomo generale come dolori muscolari, un disturbo respiratorio come rinite, congiuntivite o simili.

Come si compone e quando inizia a funzionare il vaccino

Il vaccino va fatto ogni anno, perché i virus circolanti cambiano ogni anno. e bisogna provvedere per tempo, con una protezione che prende il via presto e tende a diventare efficace dopo circa due settimane. La protezione tende a mantenersi per diversi mesi. In ogni caso proteggersi con il vaccino è fondamentale in ogni periodo, per limitare i rischi di complicazioni gravi all’influenza.

I vaccini quadrivalenti, per la stagione 2022 – 2023, contengono da antigeni virali per i seguenti ceppi: A/Victoria/2570/2019 (H1N1) pdm09-like virus; A/Darwin/9/2021 (H3N2)-like virus; B/Austria/1359417/2021-like virus e B/Phuket/3073/2013-like virus. Per i vaccini trivalenti, si raccomanda l’inserimento del ceppo B/Austria/1359417/2021-like virus, in aggiunta ai due ceppi di tipo A sopramenzionati.

Perché gli anziani rischiano di più e vanno protetti

È necessario “cucire” la prevenzione che meglio si attaglia ad ognuno, considerando non solo l’età ma anche le condizioni di rischio e le situazioni che possono rendere il sistema immunitario meno pronto a reagire allo stimolo vaccinale, con conseguente necessità di offrire vaccini specifici per questi soggetti.

Se la prevenzione è fondamentale per tutti, visto che consente anche di limitare la circolazione del virus, occorre quindi prestare particolare attenzione ai soggetti a rischio. Nella terza età si rischia di avere risposte meno efficaci allo stimolo vaccinale per un fenomeno chiamato immunosenescenza. Come il cuore, il cervello, i reni, così col tempo invecchia anche il sistema immunitario, che ha il compito di individuare virus e batteri prima possibile e difendere il corpo dalle infezioni.

Si tratta di un processo che vede in gioco diversi meccanismi: la ridotta capacità di rigenerazione delle cellule immunitarie, la loro diversa capacità di differenziazione, la perdita progressiva della memoria immunologica in caso di successivo contatto con l’agente patogeno e accumulo di errori a livello cellulare. Quindi, più l’età avanza, più si è a rischio di contrarre alcune malattie infettive ed è dunque fondamentale vaccinarsi.

Si può fare il vaccino insieme a quello per Covid

La vaccinazione antinfluenzale può anche essere programmata nella stessa seduta della dose booster Covid o di altre vaccinazioni raccomandate e offerte gratuitamente agli ultrasessantacinquenni, come quella contro l’herpes zoster o lo pneumococco. E va ricordato che ci si può vaccinare in gravidanza dal primo trimestre, che l’offerta è estesa anche agli over-60. Anche per i bambini infine ci sono vaccini “su misura”, facili da somministrare.

Esiste anche il vaccino vivo attenuato in puff senza l’ago, un ulteriore stimolo per aumentare le coperture nei bambini che, peraltro rappresentano il maggior bacino di circolazione del virus e dunque la principale sorgente di trasmissione all’anziano dopo gli operatori sanitari.

Quali sono le caratteristiche del virus dell’influenza

L’influenza è una malattia provocata da virus del genere Orthomixovirus che infettano le vie aeree (naso, gola, polmoni). Si tratta quindi di una patologia infettiva facilmente trasmissibile attraverso goccioline di muco e di saliva (con tosse e starnuti) o per via indiretta attraverso il contatto con mani contaminate dalle secrezioni respiratorie.

Sulla superficie esterna del virus compaiono infatti sottili protuberanze che possono essere immaginate come vere e proprie “spine”, che rappresentano poi i punti d’attacco per la risposta dell’organismo e per la reazione che si ottiene dopo la vaccinazione. In questi “chiodi” sporgenti si trovano infatti gli cosiddetti antigeni di superficie, le emoagglutinine (contraddistinte dalla sigla H) e le neuraminidasi (contrassegnate con la lettera N).

Mentre nel corpo centrale si trova il patrimonio genetico del virus, le due proteine sopracitate rappresentano gli strumenti attraverso cui il virus si diffonde nel corpo. L’emagglutinina guida il virus e gli consente di entrare nelle cellule, selezionando quelle dell’apparato respiratorio. La neuraminidasi, invece, agisce come uno scalpello dall’interno e permette ai nuovi virus formatisi dentro la cellula di uscire andando ad infettarne altre.

Come si classificano i virus influenzali

Questi due elementi, oltretutto, sono fondamentali per la definizione del tipo di virus: infatti ogni ceppo influenzale dopo la prima lettera che caratterizza in termini generali la “famiglia” virale  in base agli antigeni interni (A, B e C) le due sigle H e N seguite da una cifra contraddistinguono specificamente gli antigeni specifici del singolo ceppo.

I virus di tipo B e C hanno come unico serbatoio l’essere umano,  mentre quelli di tipo A possono infettare diverse specie animali: ad esempio i suini, gli equini, gli uccelli e il pollame oltre alle anatre e i delfini. Quando si classificano i virus influenzali, quindi, inizialmente si propone la lettera dell’alfabeto che caratterizza gli antigeni interni, in seguito si inseriscono le lettere H e N.  Per quanto riguarda la parte interna del virus, è proprio lì che si concentra il patrimonio genetico virale, sotto forma di acido ribonucleico (RNA).

Come si manifesta l’influenza

Una volta che si è entrati in contatto con il virus, che sceglie le vie respiratorie come propria “abitazione” ideale per replicarsi, in genere i sintomi compaiono in un periodo che varia dalle 24 alle 72 ore. Quasi sempre parte subito la febbre, che può arrivare anche a 39-40 gradi, magari preceduta da mal di testa, brividi, fastidi agli occhi e soprattutto quel malessere diffuso che ci dà la sensazione di avere le ossa rotte.

Muscoli e articolazioni infatti possono essere “toccati”, sia pure se indirettamente, dall’attacco del virus. In genere i sintomi durano da tre a cinque giorni e la febbre cala non appena assumiamo un farmaco che abbassa la temperatura ma poi risale quando invece il medicinale ha terminato la sua azione. Va detto comunque che alcuni problemi, come ad esempio la debolezza diffusa e la tosse, possono permanere anche qualche giorno dopo la scomparsa del rialzo termico. Questo è più o meno il percorso che si presenta nella persona adulta che ha contratto il virus.

Ma ci sono casi in cui la situazione si può modificare, soprattutto nei bimbi molto piccoli e negli anziani. Nei neonati i sintomi sono spesso meno facili da interpretare, e frequentemente possono essere presenti inappetenza, difficoltà respiratorie ed uno stato di intensa prostrazione, mentre il rialzo termico può essere meno spiccato. La situazione cambia nei piccoli di età compresa tra 1 e 5 anni, quando la febbre è invece elevata, la sonnolenza e la tosse sono molto intense e può esistere il rischio di convulsioni febbrili. Negli anziani, infine, i sintomi sono a volte meno intensi perché la risposta febbrile appare meno spiccata.

Perché si chiama influenza

Il termine influenza, usato ormai anche nei paesi anglosassoni, deriva dal latino influentia. E può essere correlato all’astrologia. Infatti nell’antica Roma si pensava che la comparsa delle epidemie influenzali fosse legata ad una sfavorevole congiunzione delle stelle.

Tuttavia la storia dell’influenza comincia già qualche secolo prima di Cristo. Il primo “reperto” storico della malattia viene fatto risalire alla famosa peste di Atene, del 430 avanti Cristo. L’elevata mortalità riscontrata durante la presunta pestilenza sarebbe infatti legata, secondo le teorie più recenti, a un’epidemia influenzale gravissima complicata da sovrainfezioni batteriche risultate poi mortali.

La prima vera pandemia in Europa si è registrata ufficialmente nel 1580. Da allora sono state descritte altre 31 pandemie. Le più gravi si sono verificate nel 1743, nel 1889-1890, nel 1918-19 (la cosiddetta spagnola, provocata dal virus A sottotipo H1N1), nel 1957 (è la volta dell’asiatica causata dal virus AH2N2) e nel 1968 la Hong-Kong, provocata dal virus AH3N2, ultima pandemia prima di quella in corso (Figura 3).

Secondo i dati epidemiologici, alla spagnola va il triste record della mortalità, con oltre 20 milioni di decessi. Meno pesanti, sotto il profilo della mortalità, sono state invece l’asiatica e l’Hong-Kong. Nonostante queste osservazioni storiche la maggior parte degli studi sull’influenza ha preso il via con l’isolamento del primo virus umano avvenuta nel 1933. Da allora la scienza ha potuto mettere a punto una serie di osservazioni crescenti che hanno consentito di ottenere un profilo preciso e circostanziato dei flussi influenzali.

Perché bisogna vaccinarsi ogni anno per l’influenza

Perché non accade come per il morbillo, con il vaccino che riesce a proteggere per un periodo prolungato ed occorre solo fare dei richiami? La ragione di questa necessità va ricercata nelle caratteristiche intrinseche del virus dell’influenza, che va facilmente incontro a trasformazioni. Ovviamente questi mutamenti possono essere solo marginali oppure alterare profondamente il virus.

Nel primo caso si parla di “drift antigenico”, ovvero di variazioni minore di quelle “caratteristiche” che contraddistinguono il virus. Il termine indica una variazione minore ed è il risultato di minime mutazioni che si verificano naturalmente durante la replicazione virale in tutti i geni ed in particolare in quelli dell’emagglutinina e della neuraminidasi.

Ovviamente il rischio di mutazioni è tanto maggiore quanto più elevato è il numero di individui ospiti in cui il virus si riproduce. Per questo i virus dell’influenza umana, che in ogni inverno colpisce milioni di persone nel mondo, sono particolarmente portati ad andare incontro a queste modificazioni. Il fenomeno è legato alla necessità del virus di “aggiornarsi” sotto il profilo genetico per “sopravvivere”: quindi progressivamente un ceppo che ha circolato ed ha colpito moltissimi individui o comunque si è trovato la strada “sbarrata” da un vaccino tende a modificarsi, seppur di poco. La continua evoluzione dei virus umani A e B rende necessario l’aggiornamento annuale dei vaccini stagionali.

Mutazioni virali e rischio pandemia influenzale

La situazione cambia quando invece si verifica lo “shift antigenico”, ovvero una variazione maggiore degli antigeni virali. Questo fenomeno si verifica in seguito al riassortimento del materiale genetico di due diversi virus, che infettano la stessa cellula. Da questa “combinazione” di patrimoni genetici virali può nascere un virus del tutto nuovo rispetto ai precedenti. Il riassortimento può avvenire fra due virus della stessa specie o di diversa specie.

Il riassortimento genetico che si verifica in questo caso può dar luogo ad un virus potenzialmente in grado di colpire moltissime persone, proprio perché non esiste una sorta di “memoria” del sistema immunitario nei confronti del virus stesso. Infine si può verificare la cosiddetta mutazione adattativa. Si tratta di un processo progressivo e più lento, che prevede che il virus si adatti nel tempo alle cellule umane infettando l’uomo. Questa mutazione si esprime in un primo tempo in un numero limitato di casi umani, con un aumento della capacità del virus di trasmettersi da uomo a uomo.

 Quali sono le abitudini che aiutano contro l’influenza

Il vaccino è in testa alle modalità di prevenzione dell’influenza, ma non è ovviamente l’unico strumento a disposizione. Anche se a volte ce ne dimentichiamo, infatti, ci sono semplici regole di igiene che dovrebbero accompagnarci tutto l’anno ma che diventano particolarmente significative quando i virus influenzali sono in circolazione.

Sicuramente questo “nemico” sa passare con grande facilità da una persona all’altra: basta un respiro, un colpo di tosse o più semplicemente una chiacchierata a quattr’occhi per trasmettere l’infezione.  Per proteggersi e proteggere gli altri dal contagio, come lavarsi bene le mani, mettere le mani davanti alla bocca e al naso quando si tossisce o si starnutisce e rimanere a riposo quando si è ammalati per evitare di contagiare gli altri. Per il resto, attenzione agli sbalzi di temperatura quando fa molto freddo. Il virus, come i suoi tanti “cugini”, sa sfruttare l’impercettibile calo delle difese locali che si verifica quando fa molto freddo.