Il Papillomavirus è il secondo agente patogeno responsabile di cancro nel mondo. Nonostante la maggior parte delle infezioni regredisca spontaneamente, in caso di persistenza e cronicizzazione, l’infezione può evolvere nel tempo in lesioni precancerose e cancro.
Per questo si punta molto sulla vaccinazione, che rappresenta l’arma più importante per sconfiggere le neoplasie causate dall’HPV, compreso il tumore della cervice uterina, anche chiamato del collo dell’utero. Attualmente il vaccino nonavalente, oltre a HPV 6, 11, 16 e 18, assicura la protezione contro altri cinque ceppi capaci di indurre il cancro, prevenendo oltre il 90 per cento delle forme tumorali associate al virus.
Quali rischi esistono e quanto può aiutare il vaccino
Vediamo i dati recenti. Ogni anno nel nostro Paese quasi 6.500 casi di tumore sono riconducibili proprio all’HPV: 2.365 alla cervice uterina, 1.900 all’orofaringe, 1.200 alla vulva, 500 al pene, 300 all’ano e 200 alla vagina.
Bastano queste cifre a segnalare l’importanza della protezione che può offrire un vaccino che è destinato ed offerto ai giovanissimi. La prevalenza dell’infezione è più alta nelle donne fra i 20 e 24 anni. Il cancro da HPV più conosciuto è quello della cervice uterina, il quinto tumore più frequente nelle under 50.
Attraverso la vaccinazione è possibile interrompere all’origine la catena che dall’infezione porta al cancro e la sua estensione agli uomini consente di proteggere di più anche la popolazione femminile oltre che la popolazione maschile.
La profilassi è raccomandata anche nelle donne dai 25 anni, utilizzando per l’occasione l’appuntamento con il primo Pap Test. È importante infatti aumentare non solo i tassi di vaccinazione, ma anche i livelli di adesione allo screening contro il tumore della cervice uterina. A seconda del programma, va eseguito il Pap Test ogni tre anni a partire dai 25 anni o il test HPV ogni 5 anni dai 30-35 anni.
I rapporti tra virus e tumore del collo dell’utero
L’infezione da Papillomavirus è la più frequente infezione sessualmente trasmessa. Si stima che quattro persone su cinque siano infettate dal virus nel corso della vita, sia uomini che donne e l’assenza di sintomi ne favorisce la diffusione.
In circa l’80% dei casi, l’infezione da HPV decorre in maniera asintomatica, perché l’organismo ha la capacità di eliminare il virus. In altri casi, il sistema immunitario non riesce a sconfiggerlo, con conseguenze gravi come il cancro.
Generalmente, il tempo che intercorre tra l’infezione e l’insorgenza delle lesioni precancerose è di circa 5 anni, mentre la latenza per l’insorgenza del carcinoma cervicale può essere di decenni. Il tumore della cervice uterina, strettamente correlato con l’infezione da virus HPV, si manifesta soprattutto nella fascia d’età che va dai 35 ai 55-60 anni.
Come dall’infezione si arriva al tumore
La più alta incidenza di nuove infezioni virali, condizione necessaria per lo sviluppo della forma cancerosa, si concentra nelle giovani e nei giovani. Ma comunque, pur se la prima infezione si verifica quasi sempre tra le giovanissime, infatti, negli anni successivi si possono manifestare nuove infezioni che portano ad un incremento del rischio di insorgenza del tumore.
Il motivo? Il virus non induce naturalmente quella “memoria” immunologica che è invece ottenibile grazie al vaccino. In particolare il tumore della cervice uterina si sviluppa a partire dalle lesioni cellulari indotte dall’infezione da Papilloma virus. Nel tempo queste alterazioni del Dna cellulare tendono ad interessare un numero sempre maggiore di cellule, determinando inizialmente una neoplasia intraepiteliale (cioè localizzata esclusivamente nelle cellule che costituiscono la parte più esterna della parete della mucosa dell’utero) di basso grado (CIN I o displasia lieve) che tende ad evolvere in neoplasia intraepiteliale di medio grado (CIN II o displasia moderata) e di alto grado (CIN III o displasia grave).
Questo ultimo livello, cioè la displasia grave (condizione caratterizzata da profonde modificazioni del genoma cellulare, che già ha assunto caratteristiche tumorali), può essere considerato alla stessa stregua del cosiddetto carcinoma in situ, in pratica un tumore localizzato. L’avanzata del tumore porta in seguito al carcinoma invasivo preclinico, cioè non identificabile grazie ai soli sintomi riferiti dalla donna e, infine, al carcinoma invasivo. Il tempo di progressione da lesioni localizzate esclusivamente nelle cellule epiteliali a forma invasive può essere estremamente lungo (da 10 a 20 anni), anche se è possibile che in brevi periodi di tempo lesioni iniziali si trasformino in forme invasive.
Il Papilloma Virus
Il Papilloma Virus, o HPV (acronimo di Human Papillomavirus), è un virus molto diffuso, che quasi sempre causa un’infezione virale completamente asintomatica destinata a passare inosservata, senza portare conseguenze.
Si conoscono oltre 100 tipi di Papillomavirus umani, la maggior parte dei quali provoca malattie non gravi, come, per esempio, le verruche cutanee. La trasmissione dell’HPV avviene principalmente attraverso i rapporti sessuali.
Per fortuna nella maggior parte dei casi l’organismo se ne libera spontaneamente nell’arco di qualche mese senza pericoli per la salute futura. Il papilloma virus è infatti un nemico subdolo: può interessare circa l’ottanta per cento delle persone sessualmente attive pur senza che queste ne siano a conoscenza, perché non crea sintomi e il sistema immunitario se ne può liberare naturalmente. Ma non sempre questo si verifica e più o meno nel venti per cento dei casi il “nemico” persiste e può sviluppare negli anni alterazioni cellulari che possono determinare lesioni neoplastiche.