L’HIV è un virus che aggredisce e distrugge, in particolare, una tipologia di globuli bianchi, i linfociti CD4,+ responsabili della risposta immunitaria cellulo-mediata dell’organismo.
Con l’avanzare della malattia, il sistema immunitario risulta sempre più indebolito, al punto da non riuscire più a difendersi dall’attacco di altri virus, batteri, protozoi, funghi e risultando più predisposto allo sviluppo di tumori.
L’<a href=”https://dilei.it/salute/infezione-virus-hiv-donne-effetti-collaterali/1383449/”fezione da HIV, infatti, non ha una propria sintomatologia specifica, ma si sviluppa attraverso gli effetti che il virus provoca sul sistema immunitario. Essa può essere silente per anni mantenendosi pressoché asintomatica e gli individui affetti possono accorgersi di averla contratta solo a seguito dell’insorgenza della fase di “malattia opportunistica”.
Indice
Genesi del virus HIV
Sotto il profilo epidemiologico, si ritiene che la prima infezione da HIV sia avvenuta in Africa verso la fine degli anni 50, a seguito dello spillover – ossia salto di specie – del virus che induce lo stato di progressiva immunodeficienza.
L’HIV rappresenterebbe, quindi, la versione mutata del SIV (Simian Immunodeficiency Virus) che convive con le scimmie da molte centinaia di anni.
Ad oggi non esiste ancora una cura risolutiva o un vaccino per debellare l’infezione. Tuttavia, in oltre 40 anni di convivenza con questa patologia su scala globale, sono stati fatti enormi progressi in campo scientifico. Oggi, infatti, le persone affette da HIV riescono a condurre un’esistenza pressoché normale. Ciò è possibile grazie all’impiego di terapie efficaci date dall’azione combinata di farmaci antiretrovirali. Questi medicinali consentono un recupero di funzionalità del sistema immunitario e quindi un rallentamento nella progressione della malattia.
Epidemiologia del virus HIV
Secondo i dati più recenti riportati dalle statistiche dell’organizzazione mondiale della sanità (OMS) nel 2021 circa 38 milioni al mondo (tra cui 1,7 milioni di bambini con età > 15 anni) vivevano con l’HIV e la maggior parte dei casi registrati si individuavano nell’Africa sub-sahariana. Tuttavia, grazie ad i molteplici sforzi garantiti dalle campagne internazionali, circa 28,7 milioni di persone affette da HIV hanno possibilità di accesso alla terapia antiretrovirale, consentendo di diminuire notevolmente il numero di morti e la trasmissione della patologia in diversi paesi.
Il virus si è diffuso principalmente attraverso dei profili epidemiologici ben definiti:
- Rapporti eterosessuali (principale modalità di disseminazione della patologia)
- Uomini che hanno rapporti con altri uomini
- Contatto con sangue infetto
L’importanza della diagnosi precoce
Le evidenze scientifiche dicono che le aspettative di vita per chi oggi scopre di avere l’HIV, e comincia subito il trattamento, sono equiparabili a quelle di chi non ne è affetto.
L’esecuzione del test HIV, svolto per legge in modo anonimo e veloce, è dunque uno strumento importantissimo (l’unico) per la diagnosi precoce di questa sindrome.
Il test – denominato ELISA – consiste in un semplice prelievo di sangue, indolore, veloce, anonimo e somministrabile gratuitamente presso gli ospedali ed i centri diagnostici pubblici/privati autorizzati. La presenza di anticorpi anti-Hiv nel sangue viene definita sieropositività all’HIV.
Malgrado le terapie attuali siano capaci di offrire una buona qualità alla persona colpita da HIV, lo stigma sociale (alimentato anche da una scarsa informazione sul tema) influenza senz’altro il benessere psicologico e il percorso terapeutico del paziente.
Trasmissione dell’HIV
La trasmissione del virus dell’HIV avviene attraverso i liquidi biologici di persone affette inconsapevoli o non sotto terapia antiretrovirale efficace; pertanto, le modalità implicate per la trasmissione virale sono:
- sperma e secrezioni vaginali (tramite rapporto sessuale). Le pratiche sessuali che comportano il rischio più elevato sono quelle provocano traumi alle mucose, quali i rapporti copulativi, per cui la trasmissione anale è quella maggiormente implicata.
- sangue e suoi derivati (scambio di siringhe o condivisione di strumenti per l’uso di sostanze psicoattive; trasfusioni di sangue infetto)
- latte materno (trasmissione verticale); in realtà, per questa tipologia di contagio l’allattamento al seno è la modalità più rara, mentre è più frequente la trasmissione dell’infezione durante la gravidanza o al momento del parto. Tale tasso di trasmissione può essere ridotto radicalmente trattando le madri con infezione da HIV con farmaci anti-retrovirali durante la gravidanza, il travaglio o l’allattamento.
La possibilità di trasmettere l’infezione da HIV dipende dal tipo di comportamento e, soprattutto, dalla quantità di virus (carica virale) presente nel sangue o nelle secrezioni genitali della persona con HIV.
È massima nelle prime settimane dopo l’infezione. È nulla quando una persona con HIV è in terapia con farmaci efficaci.
Queste cure mantengono persistentemente la carica virale (cioè la quantità di virus presente nel sangue/secrezioni) a livelli non misurabili da almeno 6 mesi.
In questo caso si parla di U=U Undetectable = Untrasmittable (ossia Non rilevabile = Non trasmissibile). Il processo degenerativo innescato dal virus HIV sul sistema immunitario può potenzialmente progredire fino a decretare la morte clinica del paziente.
Sintomi dell’HIV
L’HIV comunemente si sviluppa attraverso due diverse fasi. Nella prima, a distanza di alcune settimane dall’infezione, i pazienti posso accusare sintomi simili ad una sindrome influenzale, manifestazioni cutanee e sudorazioni notturne. Talvolta anche questa primissima fase risulta totalmente asintomatica ed è seguita tipicamente da un periodo, anche molto lungo (8-10 anni), in cui l’infezione rimane latente, senza generare alcun disturbo.
Nella seconda fase possono insorgere le così dette malattie “opportunistiche”, ossia causate da virus, batteri o funghi patogeni che, in soggetti con sistema immunitario non seriamente danneggiato, non causerebbero alcuna sindrome.
Tra queste anche alcune particolari neoplasie agevolate da una risposta immunitaria fortemente compromessa. Più in dettaglio, si può distinguere tra:
Infezione primaria acuta
Circa 1-4 settimane dopo avere contratto l’HIV, più dell’80% dei soggetti avvertono alcuni sintomi che possono includere:
- febbre
- eruzione cutanea o rash
- dolori articolari
- mialgia (dolori muscolari)
- astenia (senso di spossatezza)
- gola infiammata e/o candidosi orale
- linfonodi ingrossati
Più raramente compaiono anche:
- mal di testa,
- nausea e vomito,
- ingrossamento del fegato/milza,
- perdita di peso,
- candidosi orale
- sintomi neurologici paragonabili alla meningite (indice della presenza del virus a livello del sistema nervoso centrale).
Pochissimi casi al mondo sono stati collegati allo sviluppo di una paralisi facciale. Ciascun disturbo valutato singolarmente risulta aspecifico.
È piuttosto la combinazione dei vari sintomi che deve far sorgere il sospetto clinico nei casi di soggetti con comportamenti a rischio. Senza l’esecuzione di un test specifico per HIV, non è possibile diagnosticare un’infezione acuta tenendo conto esclusivamente del quadro sintomatologico riscontrato.
Come accennato prima, in taluni casi l’infezione primaria acuta si rivela addirittura asintomatica. Questa fase iniziale varia da 1 a 4 settimane e, ove presenti, i sintomi generalmente si risolvono in modo spontaneo. Durante questo stadio dell’infezione, il sistema immunitario presente nell’intestino subisce il danno più significativo. Tale danneggiamento causerà la “traslocazione batterica intestinale”.
Questo fenomeno è responsabile dello stato infiammatorio cronico proprio della malattia da HIV. I soggetti nella fase acuta sono i veicoli principali dell’infezione da HIV. Sia perché spesso non consapevoli del proprio stato, sia perché in questa fase della malattia la carica virale è tipicamente molto alta. In risposta all’infezione acuta, il sistema immunitario, cerca di reagire alla replicazione del virus producendo anticorpi anti-HIV, innescando il così detto processo di sieroconversione.
Durante questa fase iniziale dell’infezione, per le prime 3-4 settimane dal contagio, il test di screening per la sola ricerca di anticorpi anti-HIV (ELISA) potrebbe non risultare ancora positivo.
A tal fine è opportuno somministrare test combinati che rilevano simultaneamente la presenza di anticorpi anti-HIV sia dell’antigene virale, detto p24. Dal momento che potrebbero decorrere alcune settimane prima che gli anticorpi anti-HIV siano rilevabili, è necessario ripetere il test ad almeno quattro settimane dal contatto a rischio.
In caso di esito negativo, eseguirne un altro dopo 3 mesi per fugare ogni dubbio. Il periodo in cui gli anticorpi non sono ancora rilevabili viene definito “finestra immunologica”. In questo caso, come detto, per poter diagnosticare l’HIV occorre ricorrere anche altri esami, come la PRC qualitativa o quantitativa di HIV su plasma o su linfociti.
Fase di latenza
Conclusa la fase acuta, molte persone iniziano spontaneamente a sentirsi meglio. In linea di principio il virus HIV potrebbe non generare grossi disturbi per una finestra temporale assai lunga, ossia anche di 8-10 anni.
In questo periodo, però, il virus è attivo e, attraverso la replicazione nel sangue e nell’organismo, continua ad arrecare danni al sistema immunitario, compromettendolo in modo sensibile.
Infezione sintomatica da HIV, l’AIDS
In quest’ultima fase, in cui il sistema immunitario risulta estremamente compromesso, se non si è intervenuti con il trattamento adeguato, si registra la progressione dell’infezione da HIV ad AIDS.
L’AIDS (Sindrome da ImmunoDeficienza Acquisita) rende probabile che si verifichino gravi patologie infettive o neoplastiche dette “opportunistiche”.
Le infezioni opportunistiche sono causate da microrganismi abitualmente presenti nell’ambiente, non patogeni per soggetti con integrità delle difese immunitarie.
Possono però provocare malattie anche gravi in pazienti che presentino una situazione di immunodeficienza. In questa fase i sintomi includono:
- perdita di peso
- diarrea cronica
- sudorazioni notturne
- stati febbrili
- tosse persistente
- tremore
- problemi alla bocca e alla pelle
- infezioni ricorrenti
- patologie gravi
A volte erroneamente si pensa che HIV e AIDS siano la medesima cosa. In realtà l’AIDS non può certo definirsi una patologia indipendente.
L’AIDS è definita come un’infezione da HIV con uno o più di quanto segue:
- Una o più malattie che definiscono l’AIDS
- Una conta di linfociti CD4+ < 200/mcl
- Una percentuale di cellule CD4+ < 14 % della conta linfocitaria totale
Le sue manifestazioni cliniche sono aspecifiche e rappresentate da malattie opportunistiche e da alcune tipologie di tumori (come i linfomi), facilitate da un serio danneggiamento del sistema immunitario ad opera del virus HIV.
Le infezioni opportunistiche più comuni che identificano l’AIDS sono:
- Polmonite da Pneumocistis jirovecii
- Toxoplasmosi cerebrale
- Candidosi esofagea
- Malattia da Cytomegalovirus (compresa la retinite)
- Leishmaniosi viscerale
- Infezioni batteriche, multiple o ricorrenti
- Infezioni da Mycobacterium tubercolosis o Mycobacterium avium
- Criptococcosi extrapolmonare
- Coccidiomicosi disseminata od extrapolmonare
I tumori più comuni caratterizzanti l’AIDS sono:
- Linfoma primitivo cerebrale
- Linfoma di Burkitt
- Sarcoma di Kaposi
- Tumore della cervice uterina
- Cancro dell’ano
Se una persona, con infezione da HIV sviluppa alcune patologie opportunistiche (a causa di un serio danno al sistema immunitario), può definirsi affetta da AIDS.
Mentre in passato questa condizione di danno immunologico era irreversibile, oggi anche una persona con AIDS può beneficare delle terapie antiretrovirali e può conseguire un buon recupero del sistema immunitario.
Più precocemente verrà eseguita la diagnosi di HIV e più tempestivamente verrà iniziato il trattamento opportuno, maggiori saranno gli effetti positivi in termini di salute ed aspettative di vita.
In un passato neanche troppo lontano, l’HIV era considerata a tutti gli effetti una malattia mortale, mentre oggi è paragonabile a una seria malattia cronica che necessita di un costante e attento follow up.
Le terapie per chi è affetto da HIV
Tuttavia, come già evidenziato, grazie agli enormi progressi scientifici conseguiti dall’inizio di questa epidemia, oggi le persone affette da HIV hanno buone aspettative di vita.
Questo è possibile grazie alla terapia antiretrovirale che comporta l’associazione di farmaci capaci di bloccare la replicazione del virus rallentando la distruzione del sistema immunitario. Sperimentando un più contenuto impatto sull’organismo e ridotti effetti collaterali, i pazienti beneficiano di una buona qualità della vita grazie ad un virus sotto controllo. Le aspettative sono infatti simili a chi non presenta infezione da HIV (nel caso in cui, però, sia avvenuta una diagnosi precoce).
Oggi fortunatamente è anche possibile ridurre il rischio di trasmissione verticale (da madre a figlio) se viene somministrata la terapia antiretrovirale alla madre durante la gravidanza.
La stessa terapia sarà somministrata al neonato nelle prime 4/6 settimane di vita. È quindi necessario sottoporsi al test per l’HIV prima o subito all’inizio di una gravidanza.
Fonti bibliografiche:
- Edward R. Cachay, Infezione da virus dell’immunodeficienza umana (HIV)
- UNAIDS, Global HIV & AIDS statistics — Fact sheet