Ematuria, quali controlli fare e come comportarsi se c’è sangue nelle urine

Il sangue nelle urine è il sintomo principale del tumore alla vescica: come riconoscerlo e quali sono le aspettative di vita

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Fate attenzione al sangue nelle urine. Se “vedete rosso” non perdete tempo e parlatene con il vostro medico. A ricordarlo ora c’è anche un video-spot che guida la campagna “Fermati al rosso – Tumore della vescica: un segnale può salvarti la vita”, promossa dall’associazione PaLiNUro – Pazienti Liberi dalle Neoplasie UROteliali. Non perdere tempo è fondamentale: occorre parlarne con il medico ed eventualmente con lo specialista urologo. Il rischio è quello di un tumore della vescica o più in termini generali di un tumore uroteliale. Una diagnosi precoce consente di intervenire tempestivamente quando il tumore non è ancora aggressivo e di tenere sotto controllo la malattia.

Attenzione alle caratteristiche del sintomo

Come spiega Giario Conti, segretario della SIUrO (Società Italiana di Uro-Oncologia “l’ematuria, ovvero la presenza di sangue nelle urine, è Il sintomo principale del carcinoma uroteliale. E non deve mai essere sottovalutato, soprattutto quando il sanguinamento non si accompagna ad altri sintomi. In genere, il sangue è di color rosso vivo se viene dalla vescica, mentre se viene dalle alte vie escretrici può essere un po’ più scuro. Il sangue nelle urine impone un immediato controllo da parte del medico. Anche le cistiti ricorrenti, spesso trattate con ripetute terapie antibiotiche, devono suscitare sospetto e indurre ad approfondimenti diagnostici perché potrebbero essere un segnale di carcinoma uroteliale”.

Quali sono le caratteristiche del tumore uroteliale, che più spesso viene chiamato tumore della vescica? Nasce dall’urotelio, la tonaca mucosa che tappezza la vescica  e le alte vie urinarie che convogliano l’urina dal rene nella vescica, che è l’organo più colpito da questa forma. Il carcinoma uroteliale (o carcinoma transizionale) è un tumore maligno che prende origine dall’urotelio (o epitelio di transizione), la tonaca mucosa che tappezza la vescica e le cosiddette alte vie urinarie, quindi calici, bacinetto e uretere che convogliano l’urina dal rene fino alla vescica che è l’organo più colpito da questo tipo di neoplasia.

Secondo l’esperto la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è di circa l’80% negli uomini, 78% nelle donne, dato dovuto al fatto che due terzi delle forme sono tumori uroteliali non infiltranti, cioè che non hanno invaso la tonaca muscolare e hanno quindi un decorso più favorevole e una possibilità di guarigione più alta. Il/la paziente ha un’età compresa tra 50 e 70 anni ed è spesso un fumatore, dal momento che il fumo di sigaretta è il principale fattore di rischio anche per il tumore della vescica.

Esistono due diverse forme di questa patologia, quella “superficiale” o non muscolo-invasiva e quella “infiltrante” o muscolo-invasiva. La differenza sta nel non invadere la tonaca muscolare o nell’invaderla. Due carcinomi “superficiali” su tre della vescica sono diagnosticati in uno stadio precoce, quando il cancro è limitato alla mucosa e non ha ancora invaso la parete muscolare. Un terzo è costituito da carcinomi della vescica “infiltranti” che hanno invaso gli strati muscolari e negli stadi avanzati possono dare metastasi ai linfonodi regionali e agli organi vicini.

Cure sempre più efficaci

“Un paziente con carcinoma uroteliale muscolo-invasivo o metastatico (circa il 20% dei casi totali) riceve la chemioterapia, ma per chi non è candidabile a questo trattamento vi sono diverse opzioni all’interno di protocolli clinici, tra cui l’immunoterapia, che riattiva la competenza del sistema di difesa immunitario a riconoscere le cellule maligne e ucciderle – spiega Patrizia Giannatempo, Dirigente SC Oncologia Medica, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano – al momento sono disponibili, solo all’interno di protocolli clinici, anche i cosiddetti inibitori dell’FGFR3, farmaci che si legano ad alcuni recettori presenti sulle cellule maligne e le uccidono in modo selettivo.

Infine, abbiamo una terza categoria di nuovi farmaci, che stanno rivoluzionando le possibilità terapeutiche dei pazienti con carcinoma uroteliale avanzato: gli anticorpi monoclonali coniugati con un farmaco antitumorale che si lega alla nectina, uno specifico recettore presente sulla superficie delle cellule tumorali. Al contrario, il paziente con malattia non muscolo-invasiva può essere sottoposto a un trattamento locale e a istillazioni di farmaci chemioterapici in vescica (BCG). Non ultimo vi sono i trattamenti chirurgici locali e trattamenti combinati di radioterapia”. Il messaggio comunque è chiaro: se “vedete rosso” parlatene con il medico.