Il termine dismetria indica un difetto delle ossa che comporta una diversa lunghezza degli arti: la dismetria può essere di tipo congenito e dunque presentarsi fin dalla nascita, o di tipo acquisito, come nel caso di eventi traumatici, incidenti o patologie, che possono portare ad anomalie scheletriche.
Si tratta di una condizione piuttosto comune, in particolare nei pazienti di età pediatrica, che in Italia colpisce circa un individuo su tre. Nella maggior parte dei casi si tratta di una differenza minima che pertanto non comporta particolari rischi o difficoltà per il paziente, tuttavia, in altre occasioni può essere necessario intervenire con tutori esterni o operazioni chirurgiche per risolvere la problematica.
Indice
Cos’è la dismetria degli arti inferiori
La dismetria degli arti inferiori, o più precisamente l’eterometria, è una condizione medica che indica una differenza di lunghezza dei segmenti ossei degli arti inferiori. E’ possibile distinguere due forme di eterometria: una forma strutturale vera e propria, e una forma funzionale.
- Dismetria funzionale: detta anche falsa dismetria, è dovuta a contratture articolari o altri difetti che possono risultare in un’apparente differenza di lunghezza delle gambe, o in un’alterazione dell’asse meccanico degli arti.
- Dismetria strutturale: essa è dovuta a difetti congeniti o anomalie ossee sia a livello degli arti inferiori, sia a livello del bacino.
Proprio a causa di questa dualità, la diagnosi e il trattamento della dismetria degli arti inferiori può comportare diverse difficoltà per l’equipe medica: il tipo di intervento più adatto a risolvere la condizione, infatti, può variare a seconda che si tratti di una reale anomalia ossea oppure un falso accorciamento dovuto ad altre componenti.
La dismetria inoltre può essere di tipo congenito ed essere dovuta quindi a difetti ereditarie malformazioni fin dalla nascita, oppure può essere di tipo acquisito, come conseguenza di eventi traumatici, infezioni o processi infiammatori sviluppati nel corso della vita di un individuo.
L’eterometria è definita anche sindrome della gamba corta, ed ha una maggiore incidenza nei pazienti di età infantile, che costituiscono circa il 30% dei casi.
Quali possono essere le cause della dismetria degli arti inferiori
Esistono numerose condizioni che possono comportare un’alterazione a livello degli arti inferiori, queste includono:
- Ossificazione anomala del bacino durante le fasi di crescita.
- Rotazione del bacino.
- Basculamento dell’osso iliaco, ossia un errato allineamento delle ossa del bacino.
- Fissazione viscerale: il sistema muscolo-scheletrico e gli organi interni sono avvolti da un tessuto connettivo denominato “fascia”. In questo modo, gli organi interni (visceri) sono collegati alla colonna vertebrale e di conseguenza al sistema scheletrico. Patologie di diversa natura degli organi interni, di conseguenza, possono incidere sulla conformazione morfologica della colonna vertebrale.
- Retrazione muscolare, ossia accorciamenti e lesioni permanenti a livello del tessuto muscolare.
- Scoliosi e altri difetti posturali.
- Sindrome del piriforme, una condizione causata dalla compressione del nervo sciatico da parte del muscolo piriforme.
- Valgismo del calcagno.
- Valgismo del ginocchio.
Una reale dismetria degli arti è relativamente meno comune: nella maggior parte dei casi la dismetria reale è di tipo acquisito, e in genere essa può essere il risultato di eventi traumatici come incidenti e fratture, una conseguenza di interventi chirurgici, oppure può essere dovuta a processi infettivi e tumorali. Nel caso di dismetria congenita, essa può essere dovuta a diverse condizioni:
- Accrescimento patologico, in questi casi si parla di iperplasia.
- Ritardo nell’accrescimento di uno degli arti, un processo definito ipoplasia o aplasia.
- Malformazioni genetiche, come le emiipertrofie, gli arti ipoplasici o le displasie scheletriche.
- Osteopatie, come ad esempio la malattia di Legg-Calvè-Perthes, ossia un’osteocondrite caratterizzata da necrosi della testa femorale, oppure osteosarcomi che colpiscono le cellule mesenchimali deputate alla produzione della sostanza osteoide.
- Malattie neurologiche o neoplastiche.
Nel caso non sia possibile rilevare alcuna anomalia associata né una causa apparente, si può parlare di forme idiopatiche di dismetria.
Come si manifesta la dismetria degli arti inferiori
Come già anticipato, la dismetria degli arti inferiori è una condizione non sempre semplice da individuare: oltre alle difficoltà diagnostiche legate al tipo di dismetria, infatti, spesso il decorso della malattia si presenta privo di sintomi, a meno che non si tratti di una conseguenza di altri processi patologici in corso.
La sintomatologia varia naturalmente da caso a caso a seconda del tipo di disturbo, tuttavia, in linea generale i sintomi principali possono includere: gonfiori, dolori articolari e muscolari, difficoltà motorie e impotenza funzionale dell’arto colpito. È bene precisare che in questi casi è necessario trattare prima la condizione scatenante per poter poi risolvere i problemi di dismetria.
La differenza di lunghezza tra gli arti di per sé non implica sintomi ed è pertanto difficile da notare, ma esistono alcuni elementi da poter tenere in considerazione per individuare un’eterometria. Oltre alla malformazione delle gambe, infatti, la dismetria si ripercuote sull’equilibrio dell’intero assetto corporeo, e pertanto può comportare difetti di postura, un’asimmetria del tronco e delle spalle, o difficoltà deambulatorie con un’andatura instabile e macchinosa.
Diagnosi della dismetria degli arti inferiori
Il primo passo per diagnosticare una dismetria degli arti inferiori è un’attenta visita ortopedica, durante la quale, in primis, verrà stabilito se si tratta di una forma funzionale o strutturale:
- Misurazione strutturale: per stabilire se il paziente è affetto da una forma strutturale di dismetria, l’ortopedico misura la distanza dalla spina iliaca anteriore superiore (SIAS) al punto centrale del malleolo mediano interno; vengono inoltre misurate la lunghezza del femore e della tibia e vengono tracciati gli assi meccanici dell’arto intero e dei singoli segmenti ossei.
- Misurazione funzionale: nei casi di dismetria funzionale la struttura scheletrica è intatta, pertanto le anomalie vanno ricercate nelle funzionalità biomeccaniche dell’arto; ad esempio, nei pazienti che presentano una rotazione del bacino o un’inclinazione delle ossa iliache, sarà possibile riscontrare un’accentuata difficoltà a stare dritti o a mantenere l’equilibrio.
Avere una diagnosi accurata e veloce della patologia è molto importante per poter pianificare un adeguato trattamento ed evitare che il paziente sviluppi altre problematiche legate al dislivello osseo, come ad esempio difetti di postura o sottosviluppo dell’arto. Per la corretta misurazione della dismetria sono necessari alcuni accertamenti specifici; questi possono prevedere:
- Misurazione tramite filo a piombo: si tratta di un esame non invasivo, che avviene tramite un apposito dispositivo medico necessario per misurare il dislivello delle creste iliache ed evidenziare la differenza tra gli arti.
- Radiografia: per determinare con precisione l’eterometria degli arti inferiori è necessario eseguire una radiografia sotto carico, ossia il paziente deve rimanere in posizione eretta con le rotule poste frontalmente, e una radiografia in laterale; la lastra deve inquadrare la zona del bacino e dell’anca, delle gambe, delle caviglie e dei piedi. Va inoltre effettuata una radiografia di confronto, utilizzando un rialzo compensativo per l’arto più corto.
Nel caso di pazienti in età pediatrica che non hanno ancora concluso la fase di accrescimento osseo è necessario effettuare almeno due radiografie a distanza di sei mesi l’una dall’altra, al fine di calcolare quale sarà la differenza di lunghezza degli arti al termine dell’accrescimento. Nelle forme congenite, il peggioramento, ossia l’aumento del dislivello tra un arto e l’altro, avviene in maniera costante e non è difficile predire il decorso della condizione; nelle forme acquisite invece l’eterometria è estremamente variabile a seconda dell’età in cui compare, delle cause scatenanti e della gravità della condizione.
Trattamento
Sono disponibili diverse opzioni di trattamento per risolvere le condizioni di dismetria. L’approccio più indicato varia in base al caso specifico e alla forma di disturbo riscontrata.
Dismetria funzionale e strutturale
Nel caso di dismetria funzionale è possibile ricorrere unicamente ad una terapia manipolativa osteopatica, unita ad esercizi posturali mirati ed un percorso di fisioterapia. Per le eterometrie più marcate, può essere prescritta l’adozione di solette propriocettive o plantari ortopedici.
In genere, per risolvere i difetti di dismetria strutturale, la soluzione più adottata è l’utilizzo di plantari e rialzi ortopedici; questa soluzione può essere utile a compensare differenze tra gli arti fino a 3 centimetri.
Per i casi più gravi però può essere necessario intervenire chirurgicamente con delle cosiddette “tecniche di crescita controllata”: l’epifisiodesi è un approccio micro- invasivo che prevede l’inserimento di un dispositivo metallico all’interno della cartilagine, il quale permette di rallentare temporaneamente o arrestare definitivamente la crescita dell’arto più lungo, cosicché l’arto più corto abbia il tempo di compensare la differenza. Le epifisiodesi costituiscono il trattamento più indicato per dismetrie tra i 2 e i 4 cm, soprattutto per pazienti che sono prossimi alla maturità scheletrica.
Quando la differenza di lunghezza degli arti supera i 5 cm e un intervento di crescita controllata comprometterebbe eccessivamente la statura in età adulta, è possibile ricorrere ad un trattamento di allungamento osseo con fissazione esterna. Si tratta di un approccio più invasivo che prende il nome dal chirurgo ortopedico russo Gavriil Ilizarov, che ne sviluppò i principi negli anni ’50 e ’60. L’apparecchio di Ilizarov è costituito da un telaio esterno in metallo, composto da anelli o montanti collegati tra loro da viti regolabili. Questo telaio viene fissato chirurgicamente all’osso tramite perni o fili metallici, permettendo al chirurgo di controllare e regolare la distanza tra le porzioni ossee da allungare. Il paziente sottoposto a questa procedura può quindi gradualmente allungare l’osso attraverso la rotazione delle viti, creando una trazione che stimola la formazione di nuovo tessuto osseo e la rigenerazione delle strutture muscolari e dei tessuti circostanti.
Più recentemente sono stati sviluppati metodi di fissazione interna che prevedono l’impianto di un chiodo allungabile nel midollo osseo: sebbene questo approccio offra il vantaggio di evitare un dispositivo esterno e permetta di raggiungere risultati molto soddisfacenti, purtroppo esso presenta una ridotta applicabilità e solo alcuni casi selezionati possono beneficiare di questo trattamento.