Gli esperti l’hanno chiamata terra di mezzo. Quando gli adolescenti con problemi psichiatrici si trovano ad oltrepassare la soglia dei servizi di Neuropsichiatria infantile perché diventano grandi, rischiano di perdersi in una sorta di “area grigia”.
E purtroppo, tra i rischi c’è anche la possibilità di non seguire come si dovrebbe le cure. Capiterebbe ad un giovane su due, per una transizione dai servizi di neuropsichiatria infantile a quelli per adulti, che a volte è ancora brusca, disorganizzata ed alienante. E purtroppo, perdere il supporto delle terapie diventa ancor più problematico visto che ci si trova nella fase più delicata della vita. A segnalare questa situazione sono gli esperti della Società Italiana di Psichiatria (SIP) in occasione del congresso nazionale, che si apre oggi a Bari.
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Cogliere attentamente i segnali
L’adolescenza è un momento di passaggio fondamentale e spesso diventa, già nelle sue fasi iniziali, un periodo in cui si manifestano eventuali “malesseri” psicologici ancor prima della loro esplosione.
L’individuazione e il trattamento precoce dei soggetti più fragili e più vulnerabili rappresenta il miglior approccio per favorire la miglior gestione dei quadri più complessi. Gli studi dicono che in in questo periodo della vita spesso insorgono disturbi di natura psichica importante quali la depressione e le psicosi.
Tuttavia, è ormai molto evidente come segnali di allarme relativamente alle patologie psichiatriche possano insorgere anche più precocemente e come sia quindi fondamentale individuarli.
L’individuazione e il trattamento precoce dei soggetti più fragili e più vulnerabili rappresenta la miglior terapia per cambiare l’evoluzione naturale della malattia o prevenire disturbi più severi in età adulta e la loro cronicizzazione.
Fondamentale è cogliere i segnali di malessere per prendere le contromisure opportune. Ad esempio si manifestano difficoltà ad andare a scuola, possono comparire mal di testa la mattina, si notano attenzioni eccessive nei confronti del cibo e dell’alimentazione. Soprattutto tra le giovanissime, può esserci anche la tendenza a voler mangiare da sole e ad eccedere in prestazioni fisiche.
Queste condizioni, nei bambini e nei giovanissimi, debbono portare a parlarne con il pediatra e poi, se necessario indirizzarsi a cure specifiche queste debbono ovviamente essere iniziate e poi proseguite, evitando i rischi di “perdere” per strada giovani che hanno bisogno di supporto solo perché diventano grandi.
Transizioni difficili
Da uno studio pubblicato sul BMJ Mental Health è emerso che in Italia solo il 12% delle transizioni avvengono con successo, il valore più basso in Europa. Nel 22% dei casi non si conoscono gli sviluppi e solo per il 26% viene mantenuta la continuità della cura. Davvero poco, troppo poco, anche alla luce dei problemi montanti di salute mentale dei teen-ager.
“La transizione dai servizi di cura dalla neuropsichiatria infantile alla psichiatria dell’adulto è ancora complessa e critica – segnala Liliana Dell’Osso, presidente SIP, professore ordinario di psichiatria all’Università di Pisa. Le conseguenze possono essere disastrose con il giovane paziente che si trova nel momento più fragile della propria vita e invece di una continuità di cure subisce una frattura”.
“Questo mancato passaggio – aggiunge Emi Bondi, presidente uscente SIP e direttore del DSM dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo – rischia di compromettere il percorso di cura e, non di rado, di peggiorare la situazione clinica, aumentando il rischio di abuso di sostanze psicoattive, abbandono scolastico e marginalizzazione”.
Perché ci sono problemi
“La discontinuità assistenziale è causata principalmente da tre fattori – spiega Dell’Osso: la carenza di servizi specifici per la fase di transizione; una netta cesura organizzativa tra la Neuropsichiatria infantile e la Psichiatria dell’adulto; e l’applicazione di rigidi cut-off anagrafici che interrompono la continuità delle cure. Queste criticità hanno un impatto emotivo e sociale devastante, causando disorientamento nelle famiglie e un senso di abbandono e incertezza nei giovani riguardo ai tempi e alle possibilità di presa in carico”.
Nonostante questo, la legislazione attuale impone che al compimento dei 18 anni d’età i giovani pazienti perdono il diritto a usufruire delle prestazioni nell’ambito della Neuropsichiatria infantile, tra cui anche la frequentazione dei centri diurni per adolescenti, rendendo dunque la transizione tra i vari servizi di cura delicata e complessa.
Peccato però che il 75% dei disturbi mentali esordisca prima dei 25 anni, eppure il passaggio dai servizi per minori a quelli per adulti resta uno dei momenti più critici dell’intero percorso di cura. Lo ricorda Guido Di Sciascio, segretario nazionale SIP e direttore DSM dell’ASL di Bari, indicando che “non si diventa adulti all’improvviso, a 18 anni: servono percorsi di transizione strutturati, continui e personalizzati, che garantiscano presa in carico, accompagnamento e sostegno alle famiglie”.
Ma i problemi di carattere strutturale non dipendono solo dalla legislazione. “La scarsa capacità dei servizi di dare riscontro effettivo ai giovani – continua Di Sciascio – è da imputarsi anche alla carenza di personale e alla mancanza di una formazione specifica sufficientemente adeguata, che a sua volta si tramuta in una mancanza di competenze tecnico-specifiche”.