L’arrivo delle belle giornate e del caldo fa venir voglia di spiaggia, mare e tintarella. Con l’esposizione al sole il nostro organismo produce melanina, per proteggere la pelle dai raggi UV provenienti dal sole. Non tutti però si abbronzano allo stesso modo e questo dipende dalla tipologia di pelle: i soggetti con una cute più scura tendono a produrre più melanina, al contrario di chi ha una pelle chiara che deve prestare maggiore attenzione poiché è a maggior rischio “scottature”.
C’è chi, per evitare di andare in spiaggia con un colorito pallido, o ancora per mantenere la tintarella durante la stagione invernale, ricorre all’abbronzatura artificiale. Quest’ultima viene ottenuta (come suggerisce il nome stesso) non con l’esposizione al sole, ma a seguito dell’utilizzo di lampade facciali, lettini e docce solari. Si tratta di una “moda” che si porta dietro l’idea – errata – secondo cui questo tipo di abbronzatura “prepari” la pelle a quella che sarà l’esposizione ai raggi solari, prevenendo le scottature.
Tuttavia, i dispositivi per l’abbronzatura artificiale, emettendo raggi ultravioletti (UVA e UVB) in maniera differente in base alla tipologia, rappresentano un rischio per la salute. Queste radiazioni infatti, possono accelerare il processo di invecchiamento cutaneo e contribuire, inoltre, alla formazione di macchie solari sulla pelle.
Abbiamo approfondito l’argomento dell’abbronzatura artificiale con la Dottoressa Adele Sparavigna, Medico Chirurgo, Specialista in Dermatologia e Venereologia.
Indice
Che cos’è l’abbronzatura artificiale?
«Per abbronzatura artificiale si intende l’imbrunimento della cute in seguito all’esposizione alle fonti artificiali di ultravioletti di tipo A (UVA). I raggi UVA sono quella parte dello spettro solare che presenta un’energia minore ed una maggiore penetrabilità nella cute. Per contro, la capacità di imbrunire la cute caratteristica degli UVA non è melanogenica, cioè non induce la sintesi di nuova melanina. Bensì, riesce solo ad ossidare la melanina già presente nell’epidermide al momento dell’esposizione rendendola più scura», spiega la dottoressa.
L’abbronzatura artificiale fa male?
«Il meccanismo d’azione spiegato sopra comporta una serie di considerazioni:
- l’abbronzatura che si ottiene con l’esposizione all’UVA non è protettiva, quindi è anche inutile cercare di prepararsi al sole facendo qualche seduta con lampade e lettini artificiali;
- il meccanismo di ossidazione della melanina, connesso alla maggiore penetrabilità di questo tipo di radiazioni, contribuisce in maniera significativa al fotoinvecchiamento della cute;
- questo tipo di esposizione non è neanche in grado di convertire i precursori della vitamina D nella relativa forma attiva.
In altri termini, oltre a vedersi un po’ più coloriti (fenomeno, tra l’altro, transitorio) non si ottengono altri benefici, semmai ulteriori danni cumulativi alla nostra pelle», conclude l’esperta.
Un altro falso mito è infatti quello secondo cui l’abbronzatura artificiale contribuirebbe a stimolare l’organismo nella produzione di vitamina D, fondamentale per il benessere delle ossa e dei muscoli. In realtà, per assicurarsi buoni livelli di vitamina D, basta esporsi al sole (sempre con le dovute precauzioni) da 10 minuti circa fino a mezz’ora al giorno e integrare nella dieta alcuni alimenti ricchi di questa vitamina, come funghi e uova.
Quali sono i rischi?
Come indicato dall’Istituto Superiore di Sanità, tanto l’esposizione solare quanto quella artificiale possono comportare danni alla salute. I raggi UVA e UVB infatti possono:
- portare allo sviluppo di macchie solari;
- accelerare l’invecchiamento cutaneo;
- aumentare il rischio di sviluppo di tumori alla pelle, come il melanoma.
Il melanoma, ad oggi, rappresenta nel nostro Paese il terzo tumore più frequente al di sotto dei 50 anni. In questo senso, l’utilizzo di dispositivi per l’abbronzatura artificiale aumenta del 15% circa la possibilità che si manifesti il melanoma ed è la causa del 5% circa dei nuovi casi di questo tumore alla pelle ogni anno.
In aggiunta, i raggi UV emessi dai dispositivi abbronzanti possono causare danni agli occhi, tra cui infiammazione, irritazione, oltre a un rischio maggiore di cataratta.
Come prevenire i danni del sole
L’esposizione al sole è un toccasana per la pelle, a patto però che questa avvenga in modo corretto e coscienzioso. Ecco un breve vademecum da avere sempre a mente:
- evitare le ore più calde della giornata, soprattutto in estate;
- utilizzare un cappellino e occhiali da sole;
- indossare abiti freschi (ad esempio cotone, lino);
- applicare sempre la protezione quando si esce, anche se è nuvoloso;
- non fare utilizzo di creme autoabbronzanti, soprattutto se non contengono un fattore protettivo.
Chi può utilizzare i dispositivi per l’abbronzatura artificiale
Gli esperti dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) nel 2009, hanno rilevato – a seguito di diverse prove scientifiche secondo cui se si iniziano ad usare apparecchi abbronzanti prima dei 30 anni, aumenta il rischio di sviluppo del melanoma del 75% – che questi dispositivi che emettono raggi UV, sono cancerogeni per gli uomini. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), in generale ne sconsiglia l’utilizzo, ma sottolinea che devono essere evitati soprattutto dai soggetti:
- con pelle chiara;
- in attesa di un bambino/a;
- che non hanno compiuto 18 anni;
- che presentano nei particolari (cioè con bordi irregolari e più grandi di 6 mm), numerosi o molte lentiggini;
- che hanno la vitiligine;
- che hanno avuto tumori alla pelle o hanno familiari in questa situazione;
- che si scottano con facilità.
In generale dunque, l’esposizione ai dispositivi artificiali quanto quella al sole può arrecare danni, in particolare alla cute. Tuttavia, è possibile prevenirne i rischi, attuando semplici norme volte alla protezione della pelle. In caso di dubbi, il consiglio è di chiedere sempre il parere di un dermatologo.