Ginger Rogers, quella sindrome che porta il suo nome e che ci contagia

La diva hollywoodiana che ballava insieme a Fred Astaire, si è trasformata nella parabola moderna di quella che oggi viene definita sindrome di Ginger Rogers

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Una leggenda della danza, una diva hollywoodiana, una stella destinata a lasciare un’impronta per sempre: lei era Ginger Rogers, una delle più grandi star della storia del cinema. Il suo nome è stato sempre associato a quello di un’altra personalità indimenticabile, il ballerino, attore e coreografo statunitense Fred Astaire. Due perfette metà della mela, Ginger e Fred, che avevano scelto di inscenare il simposio proprio lì, sul palco che li ha visti danzare e brillare per l’eternità.

E chissà se oltre al grande successo ottenuto in vita, lo stesso che gli ha consentito di vincere sulla morte con la loro eredità, i due si sarebbero aspettati che la loro esistenza si sarebbe trasformata nella parabola moderna di quella che oggi, gli esperti, chiamano sindrome di Ginger Rogers.

Una metafora imperfetta e reale che in una sola frase racchiude anni di battaglie, di pregiudizi e di stereotipi che vedono le donne, ancora oggi, costrette a fare sempre di più per ottenere quel posto nella società che, invece, agli uomini viene assegnato di diritto.

Cos’è la sindrome di Ginger Rogers

Fluttuava nell’aria, e in quella si librava sinuosa e delicata: così ballava Ginger Rogers e lo faceva insieme a Fred Astaire. La differenza stava che pur calcando gli stessi palchi, e muovendosi a ritmo della medesima coreografia, la diva hollywoodiana doveva farlo su tacchi a spillo e muovendosi all’indietro.

Cosa c’entra, questo, con le moderne riflessioni sulle differenze di genere, ve lo spieghiamo subito. La danza della Rogers, e il suo simposio con Fred Astaire, si è trasformata nell’emblema di una situazione che noi donne conosciamo bene e che riguarda quello sforzo immane che ci viene richiesto ogni giorno per poter stare al fianco degli uomini.

Perché non importa chi siamo o quello che sappiamo fare, non hanno importanza neanche gli studi, le attitudini e tutto quello che abbiamo imparato nella nostra vita, perché per stare accanto agli uomini, e per raggiungere i loro stessi traguardi, noi donne dobbiamo fare di più. Noi dobbiamo camminare all’indietro e sui tacchi a spillo.

“Fare di più non significa fare meglio”

Sulla scena facevo tutto quello che faceva Fred Astaire, e per di più lo facevo all’indietro e sui tacchi alti (Ginger Rogers)

Fare di più non significa fare meglio, eppure per noi donne quella maggiorazione sembra una clausola irrevocabile senza una data di scadenza. Certo, la sindrome di Ginger Rogers non sembra così male rispetto a tutto ciò che siamo abituate a sentire, a subire e a sopportare. Sì perché in qualità di “sesso debole“, noi donne sappiamo bene che nulla ci è stato riconosciuto in passato e che, al contrario, tutte le differenze che la società patriarcale ha sottolineato sono servite a relegarci proprio lì, in quello spazio e in quei ruoli che gli altri avevano deciso per noi.

Ma la sindrome di Ginger Rogers è diversa. Perché in questo caso nessuno ci impedisce di stare al passo con gli uomini, di fare le stesse cose e di raggiungere i medesimi traguardi, qui c’è solo la richiesta di una dimostrazione di merito che passa per l’essere sempre più performanti, più multitasking e veloci, più competitive e prestanti. Semplicemente più brave.

E badate bene che questa non è una credenza radicata nella controparte maschile, o almeno non solo. Ci sono molte donne, infatti, che credono di essere migliori degli uomini, che hanno bisogno di sentirsi così per giustificare i traguardi raggiunti. Perché solo faticando il doppio, mostrandosi più disponibili e comprensive e nascondendo la sofferenza, o i propri limiti, allora si potrà dimostrare di essere all’altezza.

E no, non è così che deve andare. Perché è bene ricordare che noi donne non siamo destinate a stare un passo indietro agli uomini. Non siamo costrette ad accelerare per raggiungerli perché la linea di partenza è la stessa. Ed è quella che decidiamo noi.