L’empatia è un dono. E nella scuola danese è anche materia scolastica

L'empatia ci aiuta a essere persone migliori e più felici. L'esempio virtuoso della Danimarca, che l'ha trasformata in materia scolastica, lo conferma

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Pubblicato: 30 Dicembre 2023 14:34

Come si fa a descrivere quella capacità, che in pochissimi hanno, di capire davvero le persone? Quell’attitudine, che è anche un’arte, di riuscire dove altri falliscono, di comprendere ciò che le persone provano, senza giudizio, discriminazioni o critiche. Semplicemente mettendosi all’ascolto.

Un modo c’è, e porta il nome di empatia. Un vero e proprio dono che permette di creare delle connessioni profonde e autentiche con altre persone, di entrare in sintonia con loro spogliandoci dai giudizi e pregiudizi. Un regalo, per noi stessi e per gli altri, che può essere acquisito nel tempo, a patto che si scelga di andare oltre le proprie convinzioni, i limiti e gli stereotipi imposti dalla società. Perché il dialogo empatico si basa soprattutto sulla condivisione incondizionata delle emozioni, anche quando non sono le nostre.

Ma come si fa a fare proprio il dono dell’empatia? In Danimarca hanno trovato un modo: hanno trasformato l’empatia in una materia scolastica. E tutti i Paesi, compresa l’Italia, dovrebbero prendere ispirazione dal modello danese.

L’empatia si studia a scuola: succede in Danimarca

È un modello scolastico esemplare e virtuoso, quello danese, da cui tutti dovrebbero trarre ispirazione. Non solo perché risulta essere tra i migliori di tutta Europa, ma anche perché la felicità, che per il Paese è una cosa seria, passa anche per l’educazione e per l’empatia.

La Danimarca, come in molti sanno, è uno dei Paesi più felici al mondo, non a caso ha conquistato più volte il podio del World Happiness Report stilato dall’Onu. Non facciamo fatica a credere che questo primato glorioso abbia a che fare proprio con l’educazione e sì, anche con la Klassens tid, l’ora di lezione settimanale dedicata all’empatia che è entrata nelle scuole nel 1993.

Una vera e propria materia scolastica obbligatoria impartita a tutti gli studenti con una fascia d’età compresa tra i 6 e i 16 anni che ha come obiettivo quello di educare i bambini e i giovani alle emozioni e ai sentimenti, quelle proprie e quelle degli altri.

Come funziona la Klassens tid

Ma come funziona la Klassens tid in Danimarca? Come abbiamo anticipato, l’empatia viene trattata alla stregua di una materia scolastica, importante quanto come le ore dedicate alla grammatica o alla matematica.

Durante la lezione gli studenti vengono invitati a parlare con gli altri, spogliandosi completamente dei preconcetti. Si tratta di un dialogo partecipativo dove i ragazzi di ogni età si mettono all’ascolto degli altri e dei loro problemi, che siano familiari, personali o relazionali. L’invito è quello di immedesimarsi in questi e proporre soluzioni.

E sei problemi non ci sono? In questo caso gli studenti sono invitati a rilassarsi e a praticare l’Hygge, la filosofia danese della felicità, nonché concetto chiave di tutta la cultura del Paese. Tradurla con una sola parola è impossibile, ma possiamo spiegarla come la capacità di ricreare, vivere e condividere situazioni di accoglienza e familiarità per sentirsi tutti parte di qualcosa di straordinario.

La Klassens tid è davvero il segreto della felicità danese. La psicologa statunitense Jessica Alexander, autrice di “The Danish Way of Parenting: What the Happiest People in the World Know About Raising Confident, Capable Kids”, nel suo libro ha indagato sulle motivazioni che rendono i bambini e le bambine, e quindi gli uomini e le donne del futuro, più felici.

Dalla sua ricerca è emerso che sì, è anche e soprattutto merito dell’empatia. Grazie al lavoro di squadra che i ragazzi sperimentano a scuola, durante la Klassens tid e non solo, diventano più responsabili, non solo nei confronti di loro stessi, ma a anche e soprattutto del prossimo e dell’intera comunità.