Vincenzo come Alfredino: la disperazione di chi non è riuscito a salvarli

La disperazione dell’operatrice che non è riuscita a salvare Vincenzo, morto dopo essere caduto in un pozzo. La stessa di chi tentò invano di salvare Alfredino, 43 anni fa

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Sara Gambero

Giornalista esperta di Spettacolo e Lifestyle

Una laurea in Lettere Moderne con indirizzo Storia del Cinema. Appassionata di libri, film e del mare, ha fatto in modo che il lavoro coincidesse con le sue passioni. Scrive da vent’anni di televisione, celebrities, costume e trend. Sempre con un occhio critico e l'altro divertito.

La storia si ripete: 43 anni dopo la tragedia di Vermicino, il cui anniversario, ironia della sorte, ricorreva il 10 giugno scorso, un altro dramma ha coinvolto un bambino di 10 anni, Vincenzo Lantieri, morto affogato dopo essere caduto in un pozzo profondo 15 metri a Palazzolo Acreide nel Siracusano.

Alfredino Rampi era caduto accidentalmente in un pozzo artesiano non segnalato in località Selvotta, una frazione di Frascati vicino a Roma. Vincenzo è morto perché salito sulla lamiera che copriva un pozzo, a Palazzolo Acreide, un piccolo centro in provincia di Siracusa, e ha cominciato a saltare nonostante i richiami degli educatori della onlus del campo estivo cui partecipava insieme al fratello disabile. E che l’hanno poi visto precipitare inghiottito dal vuoto, dopo che il peso e i suoi movimenti hanno fatto saltare il chiavistello che assicurava la botola.

Oggi come allora in primo piano la disperazione di chi ha provato a salvarli, non ce l’ha fatta. Allora fu Angelo Licheri che cercò più volte di salvare Alfredino, rischiando egli stesso la vita. Chi nel 1981 si ricorda e aveva seguito con trepidazione l’evolversi della vicenda in televisione, ha ancora negli occhi l’immagine straziante di Angelo, pieno di sangue e fango, estratto dal pozzo a mani vuote. Disperato per non essere riuscito a salvare il bambino, a riportarlo dai suoi genitori, a compiere quel miracolo insito nel suo nome. Angelo, provato fisicamente psicologicamente dalla vicenda, lasciò l’Italia, pur di levarsi dagli occhi e dal cuore il ricordo di Alfredino che non era riuscito a salvare e che aveva salutato con un ultimo bacio.

Alfredino Rampi e Angelo Licheri
Fonte: ANSA
Alfredino Rampi e Angelo Licheri

Oggi, 43 anni dopo, la storia si ripete: Vincenzo Lantieri cade in un pozzo e Carmela Caligiore, operatrice della Onlus, si cala con una corda rischiando la vita pur di salvarlo. Ma inutilmente: lei viene estratta viva e affidata alle cure del 118, mentre del bambino viene recuperato solo il corpo esanime.

Ieri come oggi, la disperazione di Angelo diventa quella di Carmela, che urla: “Non ce l’ho fatta, non ce l’ho fatta”,  la testa tra le mani, la disperazione negli occhi. Quella di chi non si rassegna: ha tentato, ma non è riuscita a salvare il piccolo Vincenzo. Perché se Angelo e Carmela fossero riusciti, due bambini oggi sarebbero ancora vivi, al sicuro con le loro famiglie. Invece la fatalità, la disattenzione (ieri più di oggi) di chi non segnala adeguatamente i pericoli li ha uccisi.

La morte di Alfredino aveva scosso l’opinione pubblica, portato alla nascita della Protezione Civile. Ma non è bastata a scongiurare il ripetersi di altre tragedie simili. La storia si ripete, dicevamo, come la disperazione di chi non è riuscito a evitare lo stesso finale.