Specie aliene invadono l’Italia: conseguenze molto gravi

Le specie aliene hanno invaso l'Italia e dovrebbe metterci in allarme, date e gravi conseguenze sulla biodiversità, l'economia e l'agricoltura

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Nicoletta Fersini

Giornalista, Content Editor, SEO Copywriter

Giornalista ed evocatrice di parole: appassionata di lifestyle, tv e attualità. Inguaribile curiosa, osserva il mondo. Spesso sorseggiando un calice di vino.

L’allarme granchio blu ha ormai preso il sopravvento in Italia da diverse settimane, seguito da una vera e propria “caccia al nemico”, che ha rimpolpato le tavole di alcuni ristoranti. Ma no, non è affatto un bene. Non è soltanto questo particolare animale marino a preoccupare, come spiega Coldiretti: nel nostro Paese le cosiddette specie aliene rappresentano oggi una vera minaccia, causando “danni per oltre un miliardo nei campi come nei mari, distruggendo coltivazioni e allevamenti”.

Cosa sono le specie aliene che hanno invaso l’Italia

Il Pianeta sta vivendo un momento difficile per via del cambiamento climatico e delle sue terribili conseguenze. Qualcosa che è sotto gli occhi di tutti – seppur continuino a proliferare i detrattori – ma che non si manifesta soltanto attraverso terremoti, alluvioni e fenomeni di desertificazione. Tra le conseguenze dell’innalzamento delle temperature c’è anche la proliferazione di specie in luoghi che, tecnicamente, sarebbero per loro estranei.

Con questo termine, che nulla ha a che vedere con i personaggi dei film di fantascienza, ci si riferisce alle cosiddette specie alloctone invasive (in inglese IAS, Invasive Alien Species) o specie esotiche, che vengono introdotte volontariamente – talvolta accidentalmente – in habitat al di fuori degli areali storici in cui si sono sempre riprodotte e sviluppate. La loro presenza inevitabilmente modifica strutturalmente la biodiversità di un luogo sia terrestre che acquatico e può avere influenze negative sulle specie autoctone.

Dal granchio blu al punteruolo rosso, è allarme in Italia

La questione specie aliene a lungo è stata sottovalutata, anche da parte dei governi che non hanno preso provvedimenti né precauzioni sotto l’aspetto climatico e ambientale. Coldiretti è stata chiara: “Con il cambiamento climatico sotto accusa è il sistema di controllo dell’Unione Europea con frontiere colabrodo – ha affermato il Presidente della Coldiretti, Ettore Prandini – che ha lasciato passare materiale vegetale infetto e parassiti vari. Una politica europea troppo permissiva che consente l’ingresso di prodotti agroalimentari e florovivaistici nell’Ue senza che siano applicate le cautele e le quarantene che devono invece superare i prodotti nazionali quando vengono esportati con estenuanti negoziati e dossier che durano anni”.

Prandini ha sottolineato anche quanto sia difficile la “nuova sfida per le imprese agricole” in merito al cambiamento climatico che, com’è ovvio, “richiede un impegno delle Istituzioni per accompagnare innovazione dall’agricoltura 4.0 con droni, robot e satelliti fino alla nuova genetica green no ogm alla quale la Commissione Europea, anche grazie al pressing di Coldiretti, sta finalmente aprendo le porte”.

In Italia il surriscaldamento è cresciuto esponenzialmente specialmente nell’ultimo decennio e anche questo 2023 è entrato di diritto nella top ten degli anni più caldi di sempre. E questo contesto ha parzialmente contribuito alla proliferazione – anzi, a una vera e propria invasione – da parte di alcune specie aliene che arrivano da molto lontano. Una di quelle di cui si è parlato maggiormente è il granchio blu proveniente dalle coste atlantiche dell’America, colpevole di un vero e proprio sterminio di cozze, vongole e altri pesci e molluschi tipici dei nostri mari.

Per non parlare della cimice marmorata asiatica proveniente dalla Cina e altamente pericolosa per l’agricoltura: deposita le uova almeno due volte all’anno e ogni volta nascono e crescono tra i 300 e i 400 esemplari che rovinano frutti e raccolto. Ricorderete, poi, la Xylella, batterio killer giunto in Italia mediante il trasporto di piante provenienti dall’America latina e che ad oggi ha letteralmente compiuto una strage, uccidendo oltre 21 milioni di ulivi e causando un “disastro ambientale ed economico per la perdita di 5mila posti di lavoro nella filiera dell’olio extravergine di oliva”.

E ancora il punteruolo rosso che ha decimato le palme in Sicilia, Campania, Calabria, Lazio, Liguria, Abruzzo e Molise, oppure il calabrone asiatico (Vespa velutina) e il coleottero africano (Aethina tumida), che “mangiano e rovinano il miele, il polline e, soprattutto, la covata annientando la popolazione di api o costringendola ad abbandonare l’alveare”. A minacciare i campi, infine, anche il parrocchetto monaco, un pappagallino originario del Sud America che “fa strage di frutta e mandorle nelle regioni del centro-sud, dove sta diventando una presenza fissa anche a causa dei cambiamenti climatici”.