Il Sistema britannico è sessista, e non è l’unico

Il sistema sanitario britannico (ma anche italiano) è pensato per gli uomini, i maschi sono lo standard ideale anche in tema di salute

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Redazione

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Il nostro mondo, il sistema in cui funziona, è stato plasmato prendendo come standard l’uomo. No, non il genere umano, l’uomo inteso come maschio. Dalla dimensione e dal peso degli smartphone, pensati per essere maneggiati in modo comodo dai maschi, fino al sistema sanitario. Non è un’esagerazione e confermarlo sono i dati. Recentemente il governo del Regno Unito ha riconosciuto ufficialmente il gap di genere ammettendone le disparità.

Come detto, in seguito ad un’analisi e raccolta di dati condotta nel Regno Unito, è emerso che donne e ragazze inglesi hanno un’opinione negativa in merito al sistema sanitario pubblico. Il campione intervistato ne ha evidenziato criticità e sessismo intrinseci. Ciò che è emerso è che oltre 8 donne su 10 hanno dichiarato di non essere state ascoltate dagli operatori sanitari. A rendere difficile trattamenti e comunicazione con medici e personale sanitario sono tabù, stereotipi e false credenze secondo cui i sintomi debilitanti e il dolore per le donne siano “normali”.

Inoltre, dall’indagine sembra che le condizioni che colpiscono solo le donne abbiano una priorità inferiore rispetto ad altri servizi. Infatti, due intervistate su tre con una specifica condizione di salute o con disabilità hanno affermato di non sentirsi supportate dai servizi disponibili che il sistema sanitario dovrebbe garantire per diritto. La Ministra della Salute delle donne Maria Caulfield ha ammesso che certe dichiarazioni l’hanno colpita, ma non era del tutto impreparata, sotto sotto sospettava che il sistema discriminasse le donne, offrendo loro cure peggiori rispetto agli uomini.

Il Regno Unito deve ora rimboccarsi le maniche e porre rimedio. Colmare la disparità a livello sanitario e non sarà un’impresa se si considerano i molteplici aspetti che vengono influenzati dagli stereotipi: dalla ricerca, alla sperimentazione, alla diagnosi fino alla cura.

Anche in Italia il sistema sanitario non è certo immune a discriminazioni di genere. Basti pensare ai casi di violenza ostetrica o al recente dibattito su endometriosi e vulvodinia, patologie difficili da diagnosticare e spesso sminuite pur essendo invalidanti. Spesso per avere una diagnosi o una cura riguardo a malattie così delicate, che colpiscono solo le donne, è necessario rivolgersi a specialisti privati, passare per lunghi iter e mandare giù qualche umiliazione. Malattie che rendono impossibile vivere una vita piena e “normale” vengono banalizzate e la persona malata non viene ascoltata o creduta, anzi spesso è schernita dai medici stessi.

Il sistema sanitario è poi anche grassofobico oltre che sessista. Non è difficile sentire battute sgradevoli e insinuazioni mortificanti sul peso delle pazienti, anzi si tratta di questioni all’ordine del giorno. Così spesso, chi viene considerato “sovrappeso” dagli standard comuni, pare essere colpevole delle proprie patologie e della propria salute, meritandosi prese in giro e rimproveri da parte del personale medico, che invece dovrebbe fornire supporto e cura.

É davvero troppo chiedere un sistema sanitario equo, rispettoso, non sessista, non grassofobico? Accedere alle cure pubbliche dovrebbe essere un diritto garantito per tutti in ugual modo, senza discriminazioni, pregiudizi, stereotipi o false credenza a minarne il buon funzionamento. Speriamo che il caso del Regno Unito apra la strada ad un cambiamento radicale, anche nel nostro paese.