Prende 3 giorni di congedo per stare con la bimba: papà viene licenziato

La vicenda di un operaio umbro licenziato per aver usufruito del congedo parentale, ha fatto causa all'azienda e ha ottenuto la vittoria

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Sonia Surico

Content Editor e Storyteller

Laureata in Scienze della Comunicazione e con un Master in Seo Copywriting. Per lei, scrivere è un viaggio che unisce emozioni e conoscenza.

È una storia che tocca profondamente il cuore quella di un lavoratore che si è visto licenziato per aver usufruito di soli tre giorni di congedo parentale.

Un breve periodo, seppur prezioso per permettere a sua moglie di ritornare al lavoro dopo il periodo di maternità. Ma il destino ha giocato un brutto tiro quando, proprio nella Vigilia di Natale, l’azienda ha preso la decisione di sospenderlo e, poco dopo, di licenziarlo.

Questa storia toccante si è svolta in provincia di Perugia nel novembre 2022. L’operaio ha intrapreso un’azione legale contro l’azienda, determinato a far valere i suoi diritti in tribunale. La sentenza pronunciata ha portato con sé un verdetto davvero molto importante, obbligando non solo il reintegro nel suo posto di lavoro, ma anche il rimborso delle 13 mensilità di stipendio che erano andate perdute durante il periodo di sospensione, insieme ai contributi previdenziali che erano stati trattenuti. È un risultato che riempie il cuore di speranza e dimostra che, anche di fronte ai soprusi, la giustizia può ancora prevalere.

La battaglia contro la sanzione disciplinare

Inizialmente, sembrava una semplice richiesta, mirata a dedicarsi completamente alla cura della sua amata figlia. Eppure, ciò che è accaduto a metà dicembre ha scosso profondamente la sua esistenza e quella della sua famiglia.

A quel punto, l’azienda ha emesso una contestazione disciplinare che ha gettato ombre di incertezza sulla sua carriera. Il motivo? Un “presunto abuso” del congedo parentale. Secondo quanto emerso dalle indagini interne, sembrava che l’uomo avesse trascorso quei tre giorni non ad occuparsi con affetto della figlia, ma piuttosto a svolgere attività come la spesa al supermercato e concedersi una pausa per un caffè. Questi comportamenti sono stati considerati inconciliabili con lo spirito e lo scopo del congedo.

Una dichiarazione che ha scatenato un mix di incredulità e indignazione.  Per lui, la delusione di essere accusato ingiustamente di un illecito che non aveva mai commesso. Per la sua famiglia, l’angoscia di un futuro incerto. E così, con determinazione e coraggio, l’operaio ha deciso di affrontare l’azienda in tribunale, cercando di dimostrare la sua innocenza e far valere i suoi diritti.

Il giudice Giampaolo Cervelli della sezione Lavoro del tribunale civile ha emesso una sentenza che ha fatto eco nel panorama giuridico nazionale, mettendo in luce la vera essenza del congedo parentale, la sua importanza nella promozione della parità di genere e della condivisione delle responsabilità tra uomini e donne.

Ha stabilito, infatti, con chiarezza che il permesso non si limita solo alla cura diretta della prole, ma comprende anche compiti essenziali per il benessere della famiglia. Naturalmente, questi includono anche il riassetto della casa e la preparazione dei pasti, con l’obiettivo di agevolare la madre nella ripresa delle sue attività lavorative.

L’avvocato Nunzia Parra ha definito questa sentenza “una delle prime pronunce del panorama nazionale che mette in luce la funzione del congedo parentale in relazione alla condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare“.

Anche i papà hanno bisogno di tempo

È una tendenza che sta emergendo sempre più chiaramente negli ultimi anni. Le storie di padri che hanno chiesto il congedo parentale e si sono poi trovati in pericolo di licenziamento sono molte. Questi uomini coraggiosi, spinti dall’amore per i propri figli, hanno dovuto affrontare non solo le sfide di una nuova vita familiare, ma anche la minaccia di perdere la propria posizione.

Una recente ricerca condotta da Manageritalia in collaborazione con Ipsos ha rivelato che l’85% dei manager under 45 in Italia vorrebbe avere la possibilità di dedicare più tempo ai loro piccoli, e molti di loro sono favorevoli a rendere obbligatorio il congedo parentale. Ciò che rende questo dato ancora più significativo è che la percentuale dei manager maschi che condividono questo desiderio è persino più alta di quella delle loro colleghe, con poco meno dell’83% tra le manager intervistate.

Certo, negli ultimi anni ci sono stati progressi significativi. Tuttavia, mentre la società evolve, rimane una triste realtà: molte famiglie si trovano ancora in una situazione in cui la presenza attiva del padre nella vita dei figli è un’opzione facoltativa, riservata a pochi.